Wolfenstein: The Old Blood, espansione che pecca di presunzione
Ci eravamo lasciati con un giudizio molto positivo su Wolfenstein: The New Order; ci ritroviamo con commenti dai toni meno entusiastici per Wolfenstein: The Old Blood. MachineGames questa volta non ha vinto la scommessa. The Old Blood, espansione e prequel di The New Order, sparatutto in prima persona dal timbro classico, pur risultando complessivamente un prodotto di buona qualità, ha deluso nel confronto con il precedente titolo gemello. E ciò non per motivi tecnici, ma per la piattezza di una storia che risulta ridotta ai minimi termini e deturpata da inspiegabili elementi sovrannaturali, diversamente da quella suggestiva, originale e, nella sua distorsione della realtà storica, anche realistica che The New Order aveva saputo offrire.
La storia
B.J. Blazkovicz, agente e soldato americano, è ancora il protagonista della narrazione. Egli si colloca all’interno di una storia distorta e capovolta, in cui la Germania sta schiacciando gli alleati in maniera inesorabile, grazie a una tecnologia superiore e a occulti poteri. Blazkovicz è così chiamato a tornare nel castello di Wolfenstein per cercare di dare un’ultima speranza al genere umano.
Gli elementi sovrannaturali apparsi nel gioco, come, ad esempio, la trasformazione in zombie dei soldati tedeschi e il mostro finale, appaiono degli avventati tentativi di strafare, che raggiungono il solo risultato di rendere banale e inconcepibile una trama che faceva della sua contorta verosimiglianza un punto di forza e originalità. Wolfenstein è stato trasformato in uno sparatutto in cui si va avanti per semplice diletto, senza più quella spinta di curiosità che una storia ben architettata e sviluppata riesce a dare. Si assiste con stupore e disgusto a trasformazioni di soldati in zombie (oltretutto facilissimi da eliminare), che alterano una narrazione che avrebbe dovuto essere il giusto prequel di quella che in The New Order rappresentava un autentico capolavoro di originalità.
Gioco impegnativo, ma non troppo
Il gameplay è semplice ma efficace. I soldati sono ostici da affrontare ed eliminare, almeno fino alla loro inspiegabile trasformazione in zombie. I morti viventi, infatti, sono privi di qualsiasi capacità di difendersi e di attaccare (se non attraverso una corsa verso il protagonista o qualche sparuto colpo d’arma da fuoco) e risultano facilmente eliminabili. È sufficiente mirare la testa (non particolarmente difficile vista la loro lentezza di movimenti) e fare fuoco. L’intelligenza artificiale, dunque, appare complessivamente altalenante: si passa dalla buona reattività dei soldati base dell’esercito nazista, capaci addirittura di mettere in atto tattiche di accerchiamento e lancio di granate per stanare B.J., a una deludente gestione dei movimenti per le ronde corazzate e i soldati meccanici, facilmente aggirabili e sostanzialmente privi di “memoria” (basta nascondersi qualche secondo per far sì che essi si dimentichino dell’intruso e riprendano la loro attività ordinaria).
Discreta longevità
Come per il precedente titolo, anche Wolfenstein: The Old Blood è discretamente longevo: per portare a termine la campagna principale sono necessarie almeno 6-8 ore giocando in modalità normale. Conteggio destinato naturalmente ad aumentare nel caso in cui il giocatore voglia cimentarsi con difficoltà superiori, trovare tutti i collezionabili disseminati per gli otto livelli a disposizione e completare anche i livelli speciali del Wolfenstein originale inclusi nel gioco. A completare i contenuti ci pensano sfide a punteggio con tanto di leaderboard online e una modalità hardcore dove si ha una singola vita a disposizione per portare a termine il gioco. Tutte opzioni, queste, che si sbloccheranno solamente una volta terminata la campagna.