Videogiochi e giornalisti: c’è conflitto di interessi?
Certo, puoi sperare in un po’ di simpatia, ma a nessuno piacciono i giornalisti.
Questa era la descrizione della “Press Armor” in The Day Before, il videogioco pubblicato da Fntastic a fine 2023 e rimosso velocemente dal mercato, dopo essersi rivelato la truffa prevista fin dalle anteprime.
Eppure a nessuno, in Italia, sembrerebbero piacere i giornalisti videoludici nell’ultimo periodo. Le discussioni sulla stampa sono tornate in auge dopo le recensioni di Dragon Age: The Veilguard, titolo deludente di una celebre saga sviluppata da BioWare che ha ricevuto diversi voti ritenuti troppo alti. In particolare, le discussioni riguardanti la stampa videoludica italiana si sono nuovamente accese per via di Davide Persiani, content creator noto come Falconero.
Nell’ultimo anno, Falconero è finito sotto i riflettori per aver deciso prima di rinunciare a qualsiasi tipo di sponsorizzazione per i suoi canali, e in seguito di rinunciare a chiavi di gioco e qualsiasi altro materiale fornito dalle aziende alla stampa e ai content creator, al fine di risultare, a detta sua, più credibile agli occhi del pubblico.
Questo gesto ha effettivamente portato stima a Falconero da parte del pubblico, ma ha alimentato anche la critica nei confronti di chi invece non ha intenzione di fare lo stesso. Per tanto la redazione di Multiplayer.it ha invitato Falconero a un confronto su “Cortocircuito”, format multimediale della testata.
L’episodio in questione ha riacceso il dibattito sull’onestà della stampa videoludica, assieme a un nuovo video in cui Falconero, in circa mezz’ora, chiarisce le sue posizioni, poiché ritiene che alcune sue dichiarazioni rilasciate a “Cortocircuito” siano state fuorviate.
Il giornalista e la parabola di Icaro
Questo fa parte del lavoro del giornalista in ogni campo, ovvero stare vicino al potere senza rischiare di bruciarsi.
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Io penso che certe motivazioni non solo siano fallaci, ma che vadano poi a danneggiare chi fa un lavoro che è difficile, quello di stare vicino al sole senza bruciarsi. In cambio che hai? La possibilità di chiacchierare con Pažitnov di Tetris, l’opportunità di scambiare due chiacchiere con una persona che è molto importante. Io a questo non riuscirei a rinunciare.
Francesco Serino
L’affermazione fatta da Francesco Serino, durante l’episodio in questione di “Cortocircuito”, ha fatto storcere il naso a gran parte del pubblico, poiché si tende a non fidarsi di chi vuole “stare vicino al sole senza bruciarsi”.
Al contrario, Falconero, nel video pubblicato sul suo canale, sottolinea come i rapporti tra l’industria videoludica e la stampa siano diventati sempre più importanti, al punto da porre dubbi nell’affermare che chi prende l’impegno di criticare un prodotto non possa essere condizionato.
Al di là dei discorsi sul ruolo di Francesco Serino nella stampa videoludica, la parabola di Icaro non è insensata se alla presunta onestà intellettuale, si abbina la competenza di un giornalista o di un content creator che vuole fare critica.
Provare emozioni, positive o negative, tramite un’esperienza riservata a stampa e content creator è assolutamente normale, ma da un professionista bisognerebbe aspettarsi che sia in grado di tenerle a bada nel momento in cui si dovrà essere oggettivi. Se questo non è possibile, qual è la differenza tra un professionista e un semplice appassionato di videogiochi che decide di iniziare a scrivere o creare contenuti multimediali?
Si tratta di mestieri con un approccio iniziale mosso generalmente dalla passione, ma in seguito è necessario acquisire competenze per avere credibilità, a meno che non si voglia puntare su altri campi, come ad esempio l’intrattenimento.
Sponsor, chiavi, e Metacritic
Metacritic è un sito ben noto a chi frequenta il mondo videoludico. In breve, si tratta di un agglomerato di recensioni pubblicate su altri siti web, che permette anche all’utenza di lasciare la propria recensione con voto.
Nonostante le falle presenti in Metacritic, come il criterio di selezione delle recensioni e le criticità dovute alle possibilità offerte all’utenza (ad esempio, il problema del review bombing), il mondo videoludico gli da ancora troppa considerazione, poiché troppa ne viene data ancora al voto numerico.
Per via di questo, l’utenza ha più volte ritenuto sospetto il fatto che i voti per una certa categoria di videogiochi, in genere i Tripla A, siano sempre piuttosto elevati.
Si possono facilmente leggere voti che sembrerebbero troppo alti per quello che riporta il testo della recensione, se non addirittura recensioni e voti cambiati nel tempo. Di recente lo stesso Francesco Fossetti, co-fondatore di RoundTwo, ha riesumato le proprie colpe per un brutto episodio che lo ha visto protagonista tre anni fa, quando in occasione dell’imminente arrivo di NieR Replicant ha modificato la recensione negativa dell’originale NieR da lui scritta undici anni prima, al fine di seguire il trend positivo del brand di NieR creatosi a partire da NieR Automata.
La maggior parte di questi problemi nasce dal brutto vizio del pubblico di ignorare la recensione e andare a guardare direttamente il voto, al massimo leggendo i pro e i contro del videogioco recensito che spesso vengono riassunti alla fine. Con tale atteggiamento, è facile ingannare i lettori con voti finali non conformi al testo della recensione.
Ma il potenziale conflitto di interessi del redattore o del content creator in questione, è nei confronti dell’industria videoludica o del pubblico? Facile pensare alla prima opzione, vista la presenza di sponsorizzazioni a carattere videoludico per siti e canali multimediali, e per la gestione delle chiavi di gioco fornite a stampa e content creator in maniera non sempre chiara.
Ad esempio, si è vociferato di recente di una riduzione del numero di chiavi di Dragon Age: The Veilguard inviate alla stampa da Electronic Arts, ma è soprattutto risaputo delle cosiddette black list nei quali possono finire giornalisti e content creator non più graditi alle aziende, per esempio a causa di una recensione insoddisfacente.
Tuttavia, bisognerebbe chiedersi chi delle parti in causa ha davvero il coltello dalla parte del manico. Con un pubblico che percepisce (o vuole percepire) il problema del conflitto di interessi per la stampa videoludica, denunciare o sostenere di essere finiti in uno dei “libri neri” delle aziende videoludiche potrebbe essere vantaggioso.
L’esempio recente più eclatante è quanto scatenato dal NDA della closed alpha di Marvel Rivals, diffuso per via di alcune richieste ambigue per cui gli autori di NetEase Games si sono affrettati a scusarsi e correggere.
Accordi per sponsorizzazioni e chiavi di gioco vengono stipulati sicuramente sulla base degli interessi dell’industria videoludica, ma chi li riceve dovrebbe offrire in cambio un determinato pubblico, in termini numerici o di tipologia, e determinati tipi di contenuto.
Può dunque un giornalista, o content creator, voltare le spalle al proprio pubblico per strizzare l’occhio all’azienda videoludica che fornisce materiale, correndo il rischio di perdere seguito e di conseguenza i rapporti con le aziende nati grazie a ciò che aveva da offrire?
L’etica del giornalista prevede che in caso di potenziale conflitto di interessi, è fondamentale dichiararlo. Sta al pubblico ritenere se considerare o meno il contenuto affidabile, ma il pubblico è davvero in grado di farlo?
Il pubblico ha un problema?
Un giornalista o content creator che dichiara in anticipo un potenziale conflitto di interessi, potrebbe anche essere palesemente di parte. In tal caso, è anche probabile che il suo pubblico ne sia consapevole e lo accetti comunque, se non addirittura accettarlo proprio per questo motivo.
“Il pubblico non ha un problema: il pubblico percepisce un problema”. Con questa frase Falconero introduce la prima parte del suo video sul conflitto di interesse, eppure più giornalisti e content creator, compreso il sottoscritto, non sarebbero d’accordo.
Il pubblico ha la tendenza di voler avere sempre ragione, alimentata negli anni dalle possibilità offerte dai social network.
Se è vero che il giornalismo tende a puntare sui numeri, per questioni di fatturato o di visibilità, piuttosto che sull’informare in maniera imparziale, è anche vero che spesso il modo più efficace per fare numeri è dare al pubblico l’informazione che vorrebbe ricevere, non necessariamente quella oggettiva.
Il caso sopracitato di Francesco Fossetti può essere un esempio, come può esserlo il diverso trattamento ricevuto da Days Gone dal 2021 in poi, da quando il pubblico sembrerebbe aver preso a cuore le critiche dell’autore John Garvin mosse verso Sony, e cambiato percezione su un titolo che, fin dalle anteprime, era forse considerato il più debole delle produzioni PlayStation.
Un giornalista o content creator avvisa sempre il pubblico quando riceve una chiave di gioco, un videogioco in anteprima, o quando ha la possibilità di partecipare a un determinato evento. Tali offerte vengono accettate per un piacere personale, per risparmiare e guadagnare qualcosa, oppure per assecondare un pubblico che da anni è preda dell’hype e della F.O.M.O.?
Il pubblico prima o poi potrà verificare le informazioni che qualcun altro ha avuto in anteprima, per tanto è necessario creare innanzitutto una propria credibilità per guadagnare pubblico, il quale permetterà in seguito di avere contatti con le aziende, al fine di accedere a opportunità in grado di accrescere la propria credibilità, mantenere alto l’interesse, quindi di mantenere e accrescere il proprio pubblico.
Se il pubblico ritiene che un giornalista o content creator che ha rapporti con le aziende è certamente in conflitto di interessi, in quanto ritiene impossibile evitare di scadere in questo quando ci si ritrova in tali situazioni, quanto senso avrebbe continuare a cercare figure di riferimento in questi campi? Sarebbero poi così diverse da un qualsiasi appassionato che decide di mettere mano a una tastiera, un microfono e/o una telecamera?