DNF Duel – Uno sfrenato picchiaduro in stile anime

Se il panorama dei picchiaduro poteva già vantare new entry di tutto spessore come il recente Guilty Gear Strive, dal sodalizio tra gli stessi Arc System Works e Eighting – autori di un Marvel vs Capcom 3 mai veramente dimenticato dagli appassionati del genere – non ci si poteva che aspettare un altro titolo degno di nota.
DNF Duel – il cui acronimo rimanda a Dungeon Fighter Online, MMORPG coreano dal quale attinge le classi per farne veri e propri personaggi – è un picchiaduro piuttosto canonico, a cui va indubbiamente il merito di rendersi un’opzione valida per i neofiti conservando al contempo tutto il fascino spettacolare che da anni ormai contraddistingue il team con sede a Yokohama.
Un roster variegato
Allestire il roster dei combattenti partendo dalle classi di un MMO potrebbe sembrare un’idea quantomeno poco convenzionale, bisogna dirlo. Eppure anche solo il lavoro svolto sotto il profilo del character design testimonia una tale dedizione che sarebbe impossibile non riconoscere nei personaggi di DNF già il primissimo merito dell’intera produzione. Lo studio giapponese è riuscito infatti a conferire grande personalità a ciascuno dei 16 guerrieri disponibili, che risultano diversificati tanto nell’aspetto quanto nel moveset.
Approfittando della congenita varietà di un titolo come Dungeon Fighter Online, la cui natura ruolistica offre un ampio corollario di build da prendere a modello, il team di sviluppo ha realizzato un roster di personaggi unici, tanto che, per citarne una peculiarità, soltanto due sono gli esperti di arti marziali che combattono a mani nude. La stragrande maggioranza di loro è anzi equipaggiata, per non dire armata fino ai denti: spade, martelli, kunai, granate, pistole, fino ad arrivare alla classe Launcher, che si distingue per sbaragliare i suoi avversari materializzando armi ipertecnologiche di ogni tipo.
Questo fa sì che lo stile di combattimento di ciascun personaggio differisca in maniera sostanziale da tutti gli altri, garantendo un ventaglio di opzioni notevole, capace di intercettare i gusti di praticamente chiunque. Chi predilige le armi bianche con una buona portata può, ad esempio, scegliere la classe Vanguard, dotata di una lancia in grado di coprire distanze considerevoli e trascinare l’avversario in un turbinio di fendenti micidiali. Il Crusader, invece, con le sue doti sacre, è la classe più azzeccata per chi preferisce fare ricorso alle arti magiche. E qualora non si volesse fare altro che caricare a testa bassa il nemico, si può optare per l’iconico Berserker che funge da mascotte del titolo. Questo senza fare menzione di chi, oltre a brandire armi, può controllare veri e propri famigli per attaccare dalla distanza.

Ad ogni modo, e questa è una caratteristica che il titolo esibisce con discreta eleganza, l’elevato grado di varietà dei personaggi affiora anche nella direzione artistica. Plasmati da una pregevolissima grafica in stile anime, i combattenti di DNF appaiono quasi come dei cavalieri erranti strappati da epoche e reami lontani, ricordando – sia pure concedendosi uno slancio interpretativo – i Servant di Fate/Stay Night. D’altro canto, il fine cel-shading trionfa nel restituire proprio quel tipo di immaginario; ne rievoca l’esotismo guerresco, dando così vita a personaggi diversi eppure in un certo senso coerenti, semplicemente irresistibili.
La story mode, poco più di una modalità arcade in cui ogni combattimento risulta inframezzato da dialoghi in stile visual novel, serve poi ad approfondire il background narrativo di ciascun personaggio. Un’aggiunta sicuramente gradita, che però non amplia di molto l’originario sostrato di lore, e che anzi finisce col diventare un pretesto per mettere le mani sul Lost Warrior, unica classe inizialmente preclusa che si potrà appunto sbloccare completando almeno una volta la campagna single player.
Esagerato ma accessibile
Per quanto concerne il sistema di combattimento, DNF si discosta non poco dai tecnicismi di Guilty Gear. Non si tratta, infatti, di un picchiaduro dove occorre studiare meticolosamente ogni moveset per essere in grado di inanellare qualche combo, anzi – da questo punto di vista – la mappatura dei comandi ricorda un più intuitivo Granblue Fantasy: Versus. Agli attacchi base, eseguibili con i tasti frontali del pad, è sufficiente aggiungere la pressione di un direzionale per ottenere una skill, che risulta decisamente più efficace nell’infliggere danni.
C’è poi l’immancabile presa – che se effettuata simultaneamente al proprio avversario ne annullerà la mossa – e tutta una serie di tecniche speciali, semplici da eseguire tanto quanto le skill, ma con una differenza sostanziale: il loro utilizzo ha un costo in Magical Point. Posto al di sotto della barra della vita, il counter degli MP rappresenta di fatto il mana delle tecniche speciali, il quale si ricaricherà solo limitando l’uso di quest’ultime, mettendo cioè a segno colpi normali. Esiste infine anche una mossa Awakening, attivabile solamente con meno del 30% dei punti vitali, ma capace di ribaltare le sorti del confronto vista la sua potenza (a patto di riuscire a immobilizzare per la giusta quantità di tempo l’avversario).

Detto ciò, solo le tecniche speciali e l’Awakening arrecano il cosiddetto Red Damage, ossia il danno effettivo. Di tutte le altre mosse, invece, una parte del damage output viene convertita in una barra grigia che si sovrappone momentaneamente a quella della vita, e che si ripristina gradualmente fintanto che non si viene colpiti evitando di mantenere la guardia (la cui durata comunque non è illimitata). Espediente, questo, che ha consentito al team giapponese di introdurre una meccanica denominata Conversion, che ha la duplice funzione di tramutare il White Damage accumulato in MP e neutralizzare la stragrande maggioranza di attacchi e mosse speciali in arrivo.
Al netto di un sistema di combattimento che premia quindi l’uso ponderato delle risorse, bisogna però dire che l’assenza di un Wall Break à là Strive rende alle volte insopportabile la pressione all’angolo. E considerando che non serve poi molto per prendere confidenza con le meccaniche di gioco (complici le utilissime modalità Tutorial e Pratica), il rischio di assistere a match folli che possono essere ribaltati in un battito di ciglia è piuttosto concreto. Anzi si potrebbe dire che forse la dimensione ludica di DNF sia proprio quella del caos, o meglio di una persistente tendenza all’eccesso che, una volta interiorizzata, rende però l’esperienza ancora più galvanizzante nonostante i suoi punti di squilibrio.
Chi non volesse cimentarsi subito nella partite classificate online può comunque optare per la modalità Arcade, che consiste in un torneo da 8 round contro la CPU, oppure per la Survival, dove i punti vita del proprio personaggio non vengono ripristinati tra uno scontro e l’altro, ma è possibile applicare di volta in volta buff e potenziamenti. Certo è che l’impatto scenico dei combattimenti lascia già intendere molto circa lo spessore della proposta: frenetici, coreograficamente splendidi e sul perenne filo del rasoio, questi rivelano un gameplay solido e divertente, merito anche di animazioni rifinitissime e un comparto tecnico che non accenna a fare passi falsi.