Resident Evil 3 e Jill – davvero una polemica per il suo vestito?

Siamo nel 2020 eppure mi ritrovo qui a dover scrivere ancora questo genere di articoli. Arrivo subito al punto e poi cercherò di spiegarne l’assurdità: molti utenti si sono lamentati, perché uno dei vestiti bonus di Jill in Resident Evil 3 non corrisponde all’originale del 1999.
Capcom infatti aveva promesso, a chiunque avesse effettuato il preordine, alcuni elementi bonus, tra cui un vestito che doveva essere fedele al capitolo di molti anni fa: tubino blu e minigonna. Ora, per una questione di assoluta fedeltà al look vintage, una critica ci potrebbe anche stare (anche se non capisco come si possa trovare il tempo e la voglia di farlo).
Ma non comprendere come, con una telecamera sulla trequarti come quella attuale, l’utilizzo di una minigonna non fosse proprio il massimo da utilizzare, significa pensare in malafede.
Ma soprattutto com’è possibile che, nel 2020, ci siano ancora discussioni sull’abbigliamento di un personaggio femminile nei videogiochi?
Mi rendo conto di toccare in questo modo un argomento spinoso e che la possibilità di cadere nel banale e nello scontato sia davvero facile, soprattutto perché non c’è una via maestra da seguire, considerate le numerose contraddizioni ad una eventuale polemica.
Premessa: non tutti i videogiochi sono così, anzi rispetto a film e libri probabilmente è quello che subisce meno l’oggettivazione della donna
Resident Evil 3 e la minigonna di Jill
Alcuni videogiochi mi hanno sempre fatto sorridere. Non sono una persona polemica e capisco che dietro il lavoro di uno sviluppatore c’è davvero tanto lavoro da fare e che sono persone umane come noi: non bisogna accanirsi.
Ma alcune cose, inevitabilmente, mi hanno sempre divertito, come, appunto, l’esigenza di dover rendere Jill una bellissima donna con un vestito certamente scomodo per poter affrontare l’apocalisse ed il “signorino” Nemesis.
Una donna meno bella, con l’uniforme adatta, forse, non sarebbe stata iconica alla stessa maniera, e quindi negli anni immediatamente successivi ad una certa Lara Croft ci ritroviamo Jill Valentine. Non ho nulla in contrario con questa decisione, ma la pulce nell’orecchio ce l’ho sempre avuta.
Con questo non voglio accusare Capcom di sessimo, anzi, forse la saga di Resident Evil è una delle poche che, già negli anni 90, non faceva troppa distinzione tra uomini e donne: Claire Redfield nel secondo capitolo, o la stessa Jill nel primo, non avevano alcuna differenza con la controparte maschile.
Ma in Resident Evil 3 accade qualcosa di diverso: abbiamo un solo protagonista, una sola icona, un unico personaggio da adorare (e ci sono riusciti a farcelo adorare): Jill Valentine. Non posso fare un processo alle intenzioni, ma, di fatto, un abbigliamento così scomodo, in termini proprio di praticità, si intende, per combattere contro orde di zombie, sembra abbastanza fuori luogo; una scelta di mercato, probabilmente.
Stereotipi
Il mondo dei videogiochi è pieno di stereotipi. Probabilmente, per alcuni versi, ne soffre di meno rispetto a libri e film. Non si tratta di vestire per forza i panni di Lara Croft (che in ogni caso nel tempo si è evoluta diventando un personaggio estremamente interessante), ma anche quelli di Senua in Hellblade, di Claire Redfield in Resident Evil, Ciri in The Witcher, senza tirare in ballo i vari RPG che ci danno la possibilità di essere davvero chiunque.
Però vi basterà fare una ricerca di immagini sul vostro motore di ricerca con la seguente parola chiave “donne videogiochi”. Il risultato è quasi assicurato: eroine con forme fisiche mozzafiato, in pose altrettanto provocanti (qualcuno ha detto Dead or Alive?).

E questo non significa che le nostre protagoniste non possano essere belle e seducenti, al contrario, ma non possono essere soltanto questo per diventare degli oggetti di mercato. Non si deve in alcun modo negare l’eventuale sensualità di una protagonista: il danno sarebbe doppio.
Come non è possibile che il personaggio maschile debba essere per forza bello, maledetto, abbastanza muscoloso se non una montagna bipede. A volte la profondità dei protagonisti viene mancare ed il risultato è quello di giocare un prodotto stereotipato per accontentare e per far immedesimare la stragrande maggioranza del pubblico.
Sono rari i protagonisti maschili (come quelli femminili, appunto) che siano carismatici a 360°: a volte sembra di avere “tra le mani” una sagoma e non un attore, con tutte le sue sfaccettature.
Non dovremmo preoccuparci di altro?
È il caso, dunque, quello di preoccuparsi per una minigonna non presente nel DLC Bonus di Resident Evil 3? Non è il caso di chiedere altro al mondo dei videogiochi? Le skin, anche se non le ho mai digerite, possono divertire molti utenti e non c’è nulla di male, neanche in quelle provocanti. Il problema è quando sono quest’ultime ad interessare più del dovuto una fetta di pubblico, a mio avviso, troppo grande.
Non cerchiamo un personaggio femminile “che sappia fare anche”: sembra quasi che una donna che sappia imbracciare un fucile o dire una parolaccia di troppo sia sulla strada giusta. Sbagliato. Non bisogna cercare di rovesciare lo stereotipo, ma di darle spessore e vita, pur avendo, magari, proprio una minigonna.