Misurare l’importanza del partenariato ambientale fra Unione Europea e Cina

Una svolta nei negoziati ambientali fra UE e Cina è ancora possibile entro la fine dell’anno. Nel bene o nel male, siamo ora entrambi partner sia strategici eco-politici che rivali sistematici, come sottolinea il recente European Business in China – Position Paper (2020/2021).
Misurare le partnership non è un esercizio per i deboli di cuore. Questi sono tempi pericolosi, poiché l’equilibrio del potere globale sta cambiano e nuove minacce stanno emergendo, non da meno va considerato l’impatto di una profonda crisi globale.
La necessità di una cooperazione multiculturale
L’opinione scientifica sintetizzata dall’International Panel on Climate Change Report (IPCCR) è che il cambiamento climatico ha il potenziale di far perdere l’equilibrio del nostro finora relativamente stabile clima in cui la civiltà umana si è evoluta ed è prosperata grazie alla confortante sicurezza riposta nella presenza di acqua, cibo e sistemi energetici.
Nonostante lo scetticismo e o la pubblica negazione del cambiamento climatico da parte dell’amministrazione Trump, le agenzie governative statunitensi continuano a documentare e “certificare” gli effetti dell’incremento delle temperature e del cambiamento climatico. I dati climatici raccolti dalla US National Oceanic e dall’Atmospheric Administration la dicono lunga sull’emergenza climatica.
Nel febbraio 2020, un nuovo, ampio studio pubblicato dal National Security, Military, and Intelligence Panel (NSMIP) del Center for Climate and Security, ha rivelato minacce alla sicurezza a livello pressoché catastrofico derivanti dal cambiamento climatico.
Un rapporto del Dipartimento della Difesa del 2015 sulle implicazioni dei cambiamenti climatici sulla sicurezza aveva già riconosciuto che “il cambiamento climatico globale avrà implicazioni di vasta portata per gli interessi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti nel prossimo futuro”.
Le emissioni di CO2 e altre importanti emissioni di gas serra – come anidride carbonica, metano e protossido di azoto – hanno superato le soglie di sicurezza; Le temperature medie globali sono ai massimi risalenti all’inizio del ventesimo secolo; eventi climatici estremi e variabilità climatica si sono intensificati in tutti i continenti. In questo momenti, gli incendi stanno devastando lo stato della California.
Nel mezzo di eventi apocalittici, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Madrid nel dicembre 2019 ha fallito nel creare un consenso sulla necessità di un’economia globale decarbonizzata.
Ci troviamo di fronte a un dilemma: le sfide globali richiedono soluzioni globali; grandi rivalità di potere si sono riaccese. L’ampliamento della frattura tra Stati Uniti e Cina ci allontana dal tipo di governance multilaterale richiesta. Se questa dinamica si consolida, la legge della giungla potrebbe tornare come codice di condotta prevalente nella gestione delle relazioni internazionali.
La ritirata del multilateralismo
La crisi sanitaria del Coronavirus mostra quanto siamo diventati interdipendenti. Di fronte alle minacce globali, abbiamo bisogno di soluzioni globali. La competizione sino-americana riguarda il potere dell’uno sull’altro. Eppure, se vogliamo affrontare la sfida che abbiamo davanti, ci serve quel potere che si forma solo quando si uniscono le forze.
Tuttavia, nei regni del conflitto commerciale, questa dinamica non trova spazio.
Le facoltà tecnologiche hanno sempre avuto un ruolo nella politica di potere. Più di recente, la diffusione dell’ubiquità di Internet e degli algoritmi ha cambiato la natura del confronto tecnologico tra gli stati. Le battaglie di oggi vengono combattute per definire chi domina nella tecno-sfera. E la Cina è un concorrente tecnologico formidabile.
La spaccatura nell’agenda UE-Cina
Spremuta fra due poteri duellanti, l’Europa ha bisogno di definire il suo interesse e consentire il consolidamento dei giganti tecno-politici paneuropei.
La scelta non giace fra le zone d’influenza economiche/tecnologiche americane e cinesi. L’Europa ha già le proprie differenze con la Cina.
Gli europei sono diventati consapevoli di come la Cina può sfruttare e sfrutti già la regolata apertura simmetrica del mercato unico. Pertanto, l’Europa ha adottato una serie di misure volte a difendere il mercato unico e il suo sistema politico da: a) selezione e applicazione delle norme commerciali; b) istituire meccanismi di reciprocità negli appalti; c) fissare limiti agli investimenti in settori strategici (robotica, dati, infrastrutture); e d) stabilire misure difensive contro le acquisizioni ostili.
Giovedì (10 settembre), la Camera di Commercio dell’UE in Cina ha pubblicato il suo position paper annuale, che descrive in dettaglio le misure che affrontano gli squilibri tra i due partner (European Business in China – Position Paper 2020/2021).
Fra i punti dolenti citati compaiono l’accesso limitato al mercato e un contesto normativo complesso che penalizza le imprese europee in Cina. È chiaro che le imprese statali cinesi (SOE) hanno una posizione privilegiata nel mercato unico europeo grazie alle loro dimensioni e per il favore politico di cui godono in patria.
Inoltre, le società cinesi utilizzano le proprie dimensioni e il sostegno finanziario statale per ottenere vantaggi nei mercati terzi. Sorgono preoccupazioni per la Belt and Road Initiative (BRI) finanziata dallo stato cinese che si sta svolgendo in Eurasia e Africa. La BRI espande il raggio d’azione di Pechino per le sue aziende in infrastrutture, minerali e tecnologia, compensando il rallentamento della crescita interna e alimentando gli investimenti nell’innovazione per le aziende dinamiche. Un esempio calzante è come la crescita nel mercato africano sia stata una spinta importante per il colosso dell’ICT Huawei.
UE-Cina “Cooperazione Competitiva”
Tradizionalmente gli europei si affidano a istituzioni multilaterali come l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) per far valere i propri interessi.
L’anno 2020 doveva essere un anno cruciale per le relazioni UE-Cina con, ad esempio, la firma del Comprehensive Agreement on Investment (CAI) all’ordine del giorno, ma ora si ritiene meno probabile che venga concluso entro la fine dell’anno. Allo stesso tempo, è prevista una svolta UE-Cina nei negoziati sul clima in vista della COP26 di Glasgow e della COP15 sulla biodiversità, originariamente prevista a Kunming.
Nonostante la crisi sanitaria che ha sconvolto i piani preesistenti, il dialogo non si è interrotto e i vertici di alto livello proseguono online.
Il Coronavirus, infatti, ha amplificato gli appelli alla cooperazione per garantire che il mondo – e le due parti in questione – possano impegnarsi per una green recovery.
Per celebrare i 45 anni di relazione bilaterale tra l’UE e la Cina, l’ambasciatore dell’UE e quelli dei 27 Stati membri dell’UE hanno pubblicato un editoriale congiunto sul China Daily in cui chiedevano impegni ambiziosi sui cambiamenti climatici entro la fine dell’anno. Altri possibili settori di cooperazione includono la promozione congiunta di soluzioni green e sostenibili, investimenti in tecnologie energetiche pulite e l’abilitazione di infrastrutture per la transizione energetica.
Di fronte alla gigantesca sfida della crisi climatica, l’Europa e la Cina non hanno altra scelta che assumere un ruolo guida nell’ecopolitica globale fino a quando gli Stati Uniti non riaffermeranno il loro ruolo internazionale.
Nella mia prossima colonna, mi baserò su questo ordine del giorno, in una discussione con il vicepresidente del gruppo di lavoro sull’ambiente della Camera Europea, Johnny Browaeys. Insieme discuteremo di modelli concreti di cooperazione industriale UE-Cina nel settore ambientale.
Contenuto in partnership con Brussels Morning Newspaper
Traduzione di Alberto Giordano