Apple si rifiuta di collaborare con FBI

Trovato l’iPhone di uno dei responsabili della strage di San Bernardino
È il 2 Dicembre 2015 quando Syed Rizwan Farook e Tashfeen Malik, marito e moglie, entrano nell’Inland Regional Center di San Bernardino ed aprono il fuoco. Un innocuo centro di disabili viene preso di mira da questi due individui, mascherati ed armati, uccidendo 14 persone e ferendone 23. Non è la prima volta che sentiamo queste genere di storie negli Stati Uniti, ma è il rinvenimento dell’iPhone 5C di Farook a creare una situazione tutta nuova. Quello che potrebbe essere uno strumento ricco di informazioni, che consentirebbe di saperne di più sulle motivazioni che hanno spinto i coniugi a sparare, resterà molto probabilmente un tabù. L’FBI infatti ha chiesto subito ad Apple di “sbloccare” il dispositivo, aggirando il sistema di sicurezza, per prelevarne i dati, ma la risposta di Cupertino è un no, piuttosto deciso. Il tema della privacy è in fermento in questi ultimi anni, in cui gli utenti si sentono sempre meno al sicuro, minacciati anche dalle autorità. Si ha l’impressione di essere in The Big Brother di George Orwell, e questo è uno di quei casi limite che ci fa riflettere.
Apple non vuole sbloccare l’iPhone all’FBI
Tim Cook, CEO di Apple, è infatti pronto a spiegarci i motivi di questo rifiuto: “Abbiamo un grande rispetto per i professionisti che lavorano per l’FBI e crediamo che le loro intenzioni siano assolutamente dettate dal buon senso. Fino a questo punto abbiamo fatto il possibile nel rispetto della legge per aiutarli. Ma adesso il governo ci ha chiesto di fare una cosa che attualmente è impossibile e che è troppo pericolosa da creare. Ci hanno chiesto di inserire una backdoor su iPhone“. Se Apple creasse un sistema per aggirare la sicurezza, una sorta di backdoor appunto, a beneficiarne non sarebbero solo le autorità, ma gli stessi malfattori. Tim Cook sa bene che il mondo è pieno di persone che sanno muoversi piuttosto bene in questo campo, e sa bene che, finendo nelle mani sbagliate, questo sistema potrebbe risultare letale per tutti i dispositivi Apple, da iPad ad iPhone.
Cosa comporta una backdoor su un dispositivo Apple
Le sue parole sono ben calibrate, ma fanno intendere la posizione di Cupertino piuttosto chiaramente: “Nelle mani sbagliate, però, questo software – che oggi non esiste – avrebbe la capacità di sbloccare qualsiasi iPhone se si dispone dell’accesso fisico ad esso […] Nel mondo reale sarebbe l’equivalente di una chiave universale capace di aprire centinaia di milioni di serrature, dai ristoranti alle banche, ai negozi e alle case”. Da remoto si potrebbe accedere alla fotocamera, al microfono, insomma controllare il dispositivo a distanza e metterebbe nella stessa posizione sia la giustizia che i malintenzionati. Apple non ha alcuna intenzione di creare questa backdoor e ciò ci fa riflettere sulla sicurezza dei nostri dati, in positivo, perché, alla luce del sole, il CEO di Apple si oppone all’FBI. La decisione non è stata presa alla leggera e Tim Cook ribadisce che è stata presa “con il più profondo rispetto per la democrazia e con amore nei confronti della nazione”.