‘War – We are refused’ al Teatro Lo Spazio
In quest’era dove la velocità e l’evoluzione tecnologica soggiogano le coscienze, la mente umana è asservita al cospetto del progresso. Poco importa se tale progresso sia destinato a divorare l’umanità stessa, annichilendola. L’uomo da sempre vive di eterne contraddizioni e l’amore pare essere l’ultima flebile luce sul fondo di un tunnel cupo come la notte. Con questa percezione Chiara Alivernini disegna un racconto in cui i personaggi della mitologia greca vengono destrutturati e reinventati. Gettati in un’epoca moderna, dove non c’è posto per il mito e ognuno di loro vive il proprio percorso umano grazie alla narrazione di Ulisse. Quest’ultimo, calato nei panni di un fisico, stanco nel corpo e nella mente, racconta la storia della propria esistenza, rievocando immagini e ricordi, e i personaggi che gli ruotano intorno diventano gli spettri di una vita lacerata di rimorsi. Mary Ferrara guida dieci giovani attori su una scena multidirezionale, dove lo sguardo dello spettatore non è mai statico e ogni angolo della sala si trasforma improvvisamente in un quadro animato. Ulisse(Andrea Famà), appare come un vecchio piegato dal tempo; in principio saggio e profetico, cala una maschera e si trasforma in un baldanzoso Anfitrione. Il suo spirito muta, e i fantasmi del passato lo riconducono a una dimensione umana e meno alienata. Tutti i personaggi che gli orbitano intorno, un tempo grandi figure delle epopee di Omero e Virgilio, si trasformano in esseri umani imprigionati nei loro turbamenti.
La figura di Cassandra (Silvia Magazzù) appare quella più intrisa di umanità. La sua sofferenza si accende e divampa in importanti monologhi. Il suo personaggio sembra non essere intaccato da tutto il resto. Gli esperimenti condotti dagli altri al fine di ottenere un’arma di distruzione di massa, non toccano minimamente questa donna, imprigionata in un limbo di dolore e rimorso. Laocoonte (Valerio Villa), come altri, è una cavia da laboratorio, eppure l’unico ad aver compreso il reale pericolo che si cela nello stomaco del mitologico cavallo di Troia. Il sacerdote di Poseidone, che secondo la mitologia venne stritolato dai mostri marini di Atena, qui non trova alcun sostegno, a dimostrazione che l’epoca in cui l’uomo è superiore agli dei, non si abbisogna di veggenti e oracoli.
Guidare così tanti attori all’interno di un’opera tanto complessa non è semplice. Eppure ognuno di loro dona il proprio imprescindibile contributo. Monologhi e dialoghi si susseguono con ritmo lento, a favore della riflessione. Una scritta Hollygod sul fondale del palcoscenico suggerisce il totale declino di ogni forma di sacralità. Le divinità che un tempo manipolavano gli uomini con i loro capricci, qui non esistono più e l’uomo è libero di creare e distruggersi a piacimento in nome di se stesso. Un percorso di annullamento dei valori simile al concetto filosofico di Nietzschte, ma che in War riesce comunque a trovare uno sbocco. L’amore infatti è l’unico sentimento che ancora perdura e che porterà sia Ulisse a rivalutare la sua intera vita, sia Achille(Daniel De Rossi), a mettere in discussione se stesso in dialoghi appassionati con Briseide(Martina Milani).
Infine l’ombra di Elena. La donna che secondo il mito greco portò alla guerra troiani e i greci, in questa visione modernistica è un terrore incombente, eppure affascina chi tenta di plasmarla, poco importa se essa verrà sfruttata come ordigno nucleare. Questo elemento è ben riportato dai giovani attori che fanno comprendere come l’ambizione umana possa calpestare i rimorsi e la pietà. Ulisse, le cui trasformazioni lo fanno apparire come una sorta di Benjamin Button, racconta e osserva la scena con superiorità prima e con sentimento poi. La giusta metafora di chi ha asservito il proprio intelletto alla creazione di qualcosa di sublime e letale. Quasi come se Albert Einstein si raccontasse ad un pubblico pagante.
Lo spettacolo offre una struttura articolata, in cui il metafisico e una forte simbologia portano lo spettatore attento ad interrogarsi sui valori dell’uomo. Dieci attori, tutti protagonisti, si confrontano con questo testo complesso, attivando con buona padronanza della macchina attoriale un meccanismo della durata complessiva di circa ottanta minuti.
War è in scena al teatro Lo Spazio di Roma (Via Locri 44) da martedì 13 febbraio, fino a domenica 18 febbraio.
War – We are refused –
Produzione: Accademia Teatro Senza Tempo
Di Chiara Alivernini
adattamento e regia di Mary Ferrara
con Andrea Famà, Daniel De Rossi, Silvia Magazzù, Matteo Maria Dragoni, Virginia Menendez, Martina Milani, Stefano Di Giulio, Daniela Anzellini, Valerio Villa, Giulia Capuzzimato.
Aiuto regia: Chiara Alivernini.
Assistente alla regia: Francesca Romana Ciucci
Scenografia: Marco Maradei
Costumi e trucco: Virginia Menendez
Luci: Giulia Di Savino
Supporto produzione: Antonio Nobili
Info e prenotazione biglietti: Teatro lo Spazio di Roma, via Locri 44. Tel: 0677204149- Teatro Senza Tempo tel: 3664538808
(esclusa tessera del teatro, 3€) 12€ (intero) – 9€ (ridotto).