‘Morte di Danton’: storia di un rivoluzionario fragile

Tra le messe in scena che caratterizzano il finale di stagione del Teatro Argentina, dal 16 al 28 di questo mese è stato presentato Morte di Danton di Georg Büchner.
Alla regia una colonna portante del teatro e del cinema contemporaneo, quel Mario Martone che proprio dal teatro è partito, curando la regia di Faust o la quadratura del cerchio (1976), per poi regalarci al cinema Il giovane favoloso (2015).
Il suo è un approccio viscontiano, caratterizzato da un continuo ricambio scenografico (di cui è lui stesso il curatore), accompagnato a sua volta da una constante variazione degli attori in scena. Tra questi, oltre ad un Giuseppe Battiston che, vestendo i panni di Danton, smaschera un lato fragile del rivoluzionario francese, anche Paolo Graziosi e Gianluigi Fogacci.

La magniloquenza della scena è per loro un fatto ormai abituale, visto che proprio sul palco dell’Argentina si erano cimentati nel Der Park di Peter Stein, altro spettacolo maratona che però con Morte di Danton condivide ben di più.
Sia nel testo di Botho Strauss, come in quello dell’autore di Woyzeck, emerge infatti una solitudine degli uomini che è il risultato della vivisezione degli stessi protagonisti davanti alla folla, un continuo e forsennato confronto col pubblico inteso come collettività nazionale.
In morte di Danton però, il rapporto con la platea raggiunge un livello ancor più profondo: esso diventa un richiamo all’assembleità. Concetto che, a partire dal teatro greco e passando per il Circolo Mamontov, si ripropone continuamente all’interno della storia del teatro giungendo sino ad oggi.
Per tale motivo Martone concepisce il duello dialettico tra Danton e Robespierre (Paolo Pierobon) come un qualcosa che prenda in causa il suo pubblico per trasportarlo in una agorà post rivoluzionaria. Spazio scenico ed extra-scenico non hanno più confine, l’ambiente sonoro è un continuo interferire di voci over e voci reali.
Il messaggio è chiaro: l’attore sul palcoscenico cambia, si tramanda di corpo in corpo, di tradizione in tradizione. L’uomo invece, sia esso suddito o cittadino, che viva una democrazia o in un regime totalitario, è sempre lo stesso ed ha un dovere morale nei confronti della società che rappresenta.
Morte di Danton
di Georg Büchner
traduzione di Anita Raja
regia e scene Mario Martone
con Giuseppe Battiston, Paolo Pierobon, Fausto Cabra, Giovanni Calcagno, Michelangelo Dalisi, Roberto De Francesco, Francesco Di Leva, Pietro Faiella, Gianluigi Fogacci, Ernesto Mathieaux, Luciana Zarrera, Iaia Forte, Paolo Graziosi.
produzione Teatro Stabile di Torino e Teatro Nazionale