‘Nessun luogo è lontano’, storia di un misantropo dal cuore tenero
Le opere che trattano persone apparentemente dure o indurite dalla vita, ma che in realtà usano la scortesia e l’acidità come una corazza per ripararsi dal mondo che lo ha tradito, sono molteplici, ma alla fine l’arte è anche ripetizione specialmente in luoghi come cinema e teatro, quindi l’importante è che il tema sia esposto bene, senza cadere nel banale o nel melenso. In “Nessun luogo è lontano”, opera teatrale scritta, diretta e interpretata da Giampiero Rappa, questo tema è ben riportato non solo dal protagonista ma anche dai due comprimari.
Il protagonista è Mario, ex scrittore di successo che dopo aver fatto scalpore con un discorso controverso durante una premiazione, si ritira a vita privata e si rifugia in una baita in mezzo alle montagne, passando tre anni da solo, in compagna solo di galline e di una capretta, e come unico contatto con l’esterno una radiolina dove ascolta specialmente il programma radio di sua sorella, con cui aveva litigato anni prima.
A interrompere il suo idillio bucolico arriva Anna, giovane giornalista venuta a intervistarlo. La prima intervista dai tempi del ritiro e la prima persona che riesce a capire un po’ le sue debolezze. Ma Anna è solo la prima ammaccatura in quella corazza di uomo burbero e cinico che si mostra in Mario. A sfondare la corazza è Ronny, il nipote diciottenne che torna nella sua vita in modo violento e improvviso e che si rispecchia molto nello zio: anche lui scrittore, con gravi problemi nell’integrarsi nella società e che vede nel parente un punto di riferimento importante nella sua vita.
Quindi le personalità più deboli si ritrovano a essere Mario e Ronny: se quest’ultimo ha problemi adolescenziali conditi con l’uso di droga e gli incubi ricorrenti, l’altro ha questa mania del restare da solo per non mostrare agli altri quanto la sua famiglia e il mondo dell’editoria l’hanno deluso e quanto il mondo gli stia stretto. Anna sembra l’unica, nella sua forza da reporter di guerra, a far aprire gli occhi a entrambi e a portare nelle loro vite la possibilità di una seconda occasione per rimediare agli errori e a ritrovare la fiducia nel prossimo.
Una pecca che si può notare nell’opera, forse, è che non parlano molto di come Mario sia diventato così. Si fa intendere, si comprende il fattore scatenante ma sembra quasi che manchi qualcosa nel suo background, come se non volessero dirci tutto a suo riguardo e lasciare il mistero del personaggio allo spettatore.
A parte questo, la pièce teatrale è un lavoro che parla di perdono e redenzione, fatto molto bene e senza cadere nella commedia ma più nell’agrodolce, un modo nuovo per parlare di misantropi dal cuore tenero.
“Nessun luogo è lontano”, dal 23 novembre all’ 11 dicembre al Teatro della Cometa di Roma.