Amleto o non Amleto?

Essere o non essere, questo è il dilemma.
Cosa è l’uomo se non polvere di stelle, residuo del Sole, un vagabondo di passaggio su un misero pianeta? Una creatura, anzi, La creatura per eccellenza, superiore a tutte le altre, ma contemporaneamente anche la più frustrata dell’intero mondo. L’uomo con tutte le sue debolezze, i suoi dubbi, le sue incertezze affronta ogni giorno quel mostro angelico che è la vita: una vita ricca di speranze o, più semplicemente, densa di illusioni? Una vita che pian piano cerchiamo di costruirci attraverso le nostre scelte o una vita dove è già stato scritto tutto? L’uomo è artefice del suo destino o il destino è artefice dell’uomo?
Tutto ciò in uno spettacolo teatrale, l’Amleto di William Shakespeare, rappresentato al Quirino in Roma dal 18 ottobre 2016 al 30 ottobre 2016 dalla Compagnia Molière. Una rappresentazione scritta e diretta da Daniele Pecci e Maddalena Crippa (con Rosario Coppolino, Giuseppe Antignati, Sergio Basile, Mario Pietramala, Marco Imparato, Vito Favata, Maurizio Di Carmine, Mariachiara Di Mitri, Pierpaolo de Mejo, Domenico Macrì e Andrea Avanzi, con costumi di Maurizio Millenotti ed Elena Del Guerra, disegno luci di Mirko Oteri e regia di Daniele Pecci).
L’Amleto di Shakespeare è il testo teatrale più importante dell’era moderna. Vi è in esso un’analisi profonda dell’umano sentire, in rapporto alle problematicità del vivere quotidiano. Meglio di chiunque altro, e soprattutto per primo, Shakespeare è riuscito a raccontare le infinite contraddizioni dell’essere umano, di fronte all’impegno che questo deve assumersi per poter anche semplicemente stare al mondo; affrontare il futuro, il destino, l’amore, le ingiustizie, le controversie, il dolore, la perdita ecc. In esso sono ben dosate le rappresentazioni del mondo grande, lo stato, i grandi destini e temi dell’umanità, e il microcosmo familiare dei sentimenti più intimi e segreti. Lunghi monologhi profondi e filosofici di Amleto si alternano a dialoghi frenetici e divertenti fra gli altri personaggi, accesi da una comicità pungente e, spesso, assurda che rasentano il ridicolo, in cui risaltano sentimenti ed emozioni umane che riflettono la vera natura della “più splendida, ma anche più tormentata” delle creature di tutto il creato.
L’Amleto evidenzia il dolore provocato dalla solitudine in cui ogni uomo si ritrova in determinati periodi della vita. Una solitudine come unica compagna, un’amica fedele ma esigente, che consuma fin nel midollo l’animo umano, facendo vivere rimpianti e scelte sbagliate; illude facendo sembrare l’uomo invincibile, senza il bisogno dell’aiuto di nessuno, ma pian piano lo accoglie nel suo vortice discendente di depressione e disperazione; nel suo seno, però, si riflette sul senso della vita, sui veri valori dell’esistenza umana e tutto segue la logica obiettiva della realtà in quanto tale, con tutti i suoi pregi, ma, soprattutto, con i suoi difetti; l’uomo non è nient’altro che un animale sociale, solo da solo e ancor più solo fra gli uomini.
Tutto ciò si avviluppa in un impeto che trasforma il dolore e la disperazione della solitudine in una rabbia cieca, un rancore che neanche la tristezza può arrestare, che lentamente si evolve prima in ira e poi in vendetta. Tradimenti, inganni e sotterfugi che rendono l’Amleto una tragedia in cui la violenza bruta e lo spirito di ritorsione si aggrovigliano in maglie di intense quanto profonde riflessioni sull’uomo e sul significato più intrinseco della sua esistenza.
L’Amleto rappresentato da Daniele Pecci e Maddalena Crippa è uno spettacolo che travalica lo spazio ed il tempo, una riflessione ancora attuale sugli stati d’animo e sui tormenti umani.
Essere o non essere, questo è il dilemma.