Hell’s Kitchen Italia: perchè è un reality diverso dagli altri?

Il nuovo fenomeno televisivo porta il nome di Hell’s Kitchen Italia, un reality show dove una serie di aspiranti chef, scelti tra semi-professionisti del mondo della ristorazione, si affrontano a suon di pietanze sotto la guida di uno chef di fama mondiale, Carlo Cracco. Il regolamento del reality è molto semplice. Al loro arrivo i partecipanti vengono divisi in due squadre, la rossa e la blu (generalmente la sfida è di genere, maschi contro femmine). Ogni puntata si divide in due parti: nella prima parte c’è una sfida a squadra, sempre legata al mondo culinario o alimentare in generale. Alla squadra vincente spetta una sontuosa ricompensa (pranzi, centri benessere ecc…) mentre a chi perde un’amara punizione (pulizie, scarico merci per il ristorante). Ma è la seconda parte quella più importante. Le due squadre, ognuna in una cucina, sono chiamate a cucinare per i clienti del ristorante (provvisorio) di ‘Hell’s Kitchen’. Chef Cracco, a capo di entrambe le cucine, pretende dagli aspiranti chef puntualità nella consegna delle ‘comande’ (le portate) e qualità nella preparazione e presentazione dei piatti. I due o quattro peggiori nel servizio serale vengono nominati (di solito per votazione nelle squadre) e la parola finale, su chi potrà rimanere e chi sarà eliminato, spetta a Chef Cracco. I menù proposti alla clientela sono di grande qualità, così da rendere la prova dei ‘cuochi provetti’ di alto livello. Il vincitore del programma, infatti, ottiene il posto di executive chef (Chef Capo) in un prestigioso ristorante (scelto di edizione in edizione). La tensione e lo stress sono così forti da rendere il titolo del programma ( ‘cucina infernale’) molto più di un eufemismo. Fin qui sembrerebbe uno dei tanti reality. Eppure, a mio avviso, c’è un elemento in più che rende questo programma diverso dagli altri: la figura dello chef.
Lo chef è una persona che vive a cavallo tra due epoche: per un verso fedele custode delle ricette e delle tradizioni della sua terra e per l’altro verso in costante aggiornamento sui nuovi modi di gestione e preparazione delle pietanze. Peregrino tra sapori e luoghi, egli è quello che il filosofo Pasquale Serra definirebbe un ‘abitatore dello spazio e del tempo’. Ad Hell’s Kitchen gli aspiranti chef hanno mostrato di essere gente semplice, preparata e molto legata al luogo dal quale provengono. Ma hanno altresì mostrato la loro professionalità nell’apprendere nuove ricette e modi di stare in cucina. Senza esagere, la figura dello ‘chef’ è un buon modello di come la globalizzazione, intesa come apertura delle frontiere materiali e del conoscere, e la localizzazione, ovvero la rivendicazione di appartenenze culturali, possono coesistere e convivere in maniera armoniosa in una persona. Questo, che lo chef sia considerato ‘uno di noi’ e allo stesso tempo ‘cittadino del mondo’, rende Hell’s Kitchen un reality fuori dal comune e spiega – a mio avviso – il grande successo mediatico che sta incontrando.
Paolo Santori
7 giugno 2014