Lo zoo di vetro al Teatro Carcano

Lo zoo di vetro di Tennessee William che Mariangela D’abbraccio ha portato al Teatro Carcano di Milano dal 5 al 9 marzo 2025 parla di memoria e dei suoi fantasmi, di fragilità, di vite claustrofobiche senza via di uscita. Firma la regia Pier Luigi Pizzi.
Su una scena che resta invariata per l’intero spettacolo, l’oscurità momentanea è attraversata da un raggio di luce. Trafigge come una spada Tom, Gabriele Anagni, narratore e personaggio. Per quanto luminoso, spande sul suo volto una luce sinistra, spettrale.
E sembra proprio che Tom si risvegli da un incubo ancora assediato da fantasmi del passato. Che cominciano ad emergere.
Il calendario va all’indietro e insieme al tempo cambia anche la geografia. Siamo ora a Saint-Luis, negli StatiUniti, in uno squallido appartamento. Si respira la crisi economica degli anni trenta. E si profila l’ombra della guerra. La società tutta è fragile, proprio come statuine di vetro.
Tom descrive gli altri personaggi della pièce. E quel piccolo appartamento dove campeggia il divano letto di Tom sulla sinistra, una tavola da pranzo al centro e una piccola libreria che raccoglie una collezione di piccoli animali di vetro, si riempie di voci.
Arriva la madre, Amanda, Mariangela D’Abbraccio, la giovane sorella claudicante Laura, Elisabetta Mirra. Ed infine, un po’ defilato, l’ospite, Pavel Zelinskiy. Vi è in realtà un altro personaggio di cui pesa però l’assenza. É il padre di Tom e Laura, sparito senza più lasciare traccia, abbandonando la famiglia in povertà.
C’è in Lo zoo di vetro, molto della biografia di Tennessee che sembra giocare con i suoi stessi ricordi e con la solitudine che ha accompagnato la sua intera vita.
Un’infanzia in ristrettezze economiche, una madre ossessiva e soffocante, un padre che li ha abbandonati e una sorella che finirà lobotomizzata. Insieme ai suoi sensi di colpa per non aver impedito che ciò avvenisse.
Laura, molto introversa oltre che zoppa, ha abbandonato il liceo ed anche il corso di dattilografia che, nei progetti della madre, avrebbe dovuta renderla indipendente economicamente. Passa il suo tempo a spolverare Lo zoo di vetro, la sua collezione di piccoli animaletti di vetro.
La madre, ossessionata dalla paura del futuro e prigionera del suo passato, vuole proteggere i figli ma finisce con il soffocarli. Intuendo la voglia di Tom di scrollarsi di dosso tutta la responsabilità economica della famiglia, pensa allora che l’unica soluzione sia che Laura si sposi.
E prega Tom di trovarle un pretendente. Cosa che Tom fa, ma che si rivela rovinosa. Durante l’incontro il potenziale pretendente infatti, prima crea aspettative nella fragile ragazza, poi le rivela che si sposerà presto.
Rompe anche inavvertitamente il pezzo più prezioso di Lo zoo di vetro, un unicorno. Spezzando così metaforicamente e per sempre, l’animo della delicata e sensibile sorella. Laura, seppure fragile come le sue statuine, “con una certa luce, aveva tutti i colori dell’arcobaleno” che però ora vanno in frantumi.
Mariangela D’Abbraccio è perfetta nel suo ruolo bipolare. Madre energica, capace di negare la realtà con la forza di “Giorni Felici” di Beckett da una parte, perde il controllo e si ripiega su se stessa dall’altra.
Ci lascia perplessi invece la recitazione di Tom e quella di Laura che, a nostro avviso, non lascia intravedere “i colori dell’arcobaleno” della giovane. Anche la scena ci appare troppo luminosa e gradevole, lontana dall’ambiente claustrofobico e dal “sapore di miseria” che Tennessee tratteggia. Al punto che la scala antincendio spesso nominata dall’autore invece assente sulla scena, sembra essere l’unica via d’uscita.
Mariangela D’Abbraccio in
Lo zoo di vetro
di Tennessee Williams
traduzione Gerardo Guerrieri
regia, scene e costumi
Pier Luigi Pizzi
con
Gabriele Anagni – Elisabetta Mirra – Pavel Zelinskiy
Musiche originali composte da Stefano Mainetti
Ligth Designer Pietro Sperduti