Il Giardino dei Ciliegi, il dramma del cambiamento

Dal 12 al 17 novembre 2024, al Teatro Strehler di Milano, Leonardo Lidi ha presentato Il Giardino dei Ciliegi, di Anton Čechov. Il regista piacentino classe 1988, ha ultimato così il suo progetto Čechov, dopo aver presentato Il Gabbiano e Zio Vanja nelle ultime due stagioni.
Lidi rilegge in chiave contemporanea il testo.
Amplifica poi la dimensione antieroica già scelta dallo scrittore russo. E il quotidiano che sconfina nella “malattia russa dell’inazione”, rasenta qui toni quasi burlesque.
I bravissimi attori indossano abiti moderni, molti dei quali sembrano inadeguati perché vestono identità ormai non più al passo con i tempi.
Il vecchio, fedele e ormai inutile servo, l’unico a non aver scelto di abbandonare la famiglia quando nel 1861 era stata abolita in Russia la servitù della gleba, è in un elegante quanto fuori luogo smoking. É sordo e si muove su una sedia a rotelle. A lui spetta l’ultima frase in una casa ormai vuota: “si sono dimenticati di me. La vita è passata ed io è come se non avessi vissuto!”
La vena umoristica, che ha un valore sociologico prezioso, emerge con forza.
Anche se lo spettacolo mantiene intatta la sua matrice e la bellezza del testo dove il dramma, che si compie sempre fuori scena, è perennemente in bilico.
Come il piano del soffitto, che trema come il tetto di una stazione, ondeggia come un fiume, si abbassa minacciosamente o si inclina repentinamente per trasformarsi in pista da ballo. Perché, in questa commedia, si balla mentre cade il mondo.
Il mondo è Il Giardino dei Ciliegi, una bellissima proprietà di una aristocratica famiglia russa. Ma è anche l’immagine dell’infanzia, della felicità, del bel mondo ora al crepuscolo che si avvia verso la rivoluzione.
La ricca ereditiera Liuba è scappata 5 anni prima a Parigi dopo la morte del figlio piccolo e del marito, un semplice avvocato non nobile. Il primo è affogato nel fiume che attraversa Il Giardino dei Ciliegi, il secondo è morto di debiti e champagne.
Dopo vicissitudini con un amante senza scrupoli che l’ha ridotta sul lastrico, ritorna in Russia dove apprende che la sua proprietà sarà messa all’asta per debiti.
La proposta del giovane Lopachin, figlio e nipote di servi della gleba della proprietà, di dividere in lotti il bel giardino, non è accolta favorevolmente.
Eppure, afferma il servo affrancato e simbolo di una nuova classe emergente, andrebbero a ruba. Tanti sono infatti i villeggianti che grazie alla nuova ferrovia si sposterebbero dalla vicina Mosca. Le settimane passano nell’inazione.
Arriva l’asta e con lei la scure che si abbatte su Il Giardino dei Ciliegi.
Il Giardino dei Ciliegi
Progetto Čechov, terza tappa
di Anton Čechov, traduzione Fausto Malcovati, regia Leonardo Lidi
con Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Alfonso De Vreese, Ilaria Falini, Christian La Rosa, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Orietta Notari, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna/Sara Gedeone
scene e luci Nicolas Bovey, costumi Aurora Damanti, suono Franco Visioli
assistente alla regia Alba Porto
produzione Teatro Stabile dell’Umbria
in coproduzione con Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Spoleto Festival dei Due Mondi