Re Lear al Teatro Elfo, una storia di famiglia
Dal 22 ottobre al 17 novembre 2024 al Teatro Elfo Puccini di Milano va in scena Re Lear di Shakespeare. Lo spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, vede Elio De Capitani indossare la corona.
La storia, anzi, la tragedia del bardo è nota. Un re, divenuto vecchio senza essere saggio, improvvisamente dà segni di pazzia.
Proprio ora che dovrebbe passare il timone alle sue figlie, è preso da un bisogno di essere adulato, compiaciuto e amato. Lui, che è incapace di amare esige amore. Decide quindi che assegnerà alle tre figlie una parte di regno proporzionale al loro amore.
Le prime due, interessate ad averlo il prima possibile, usano iperboli di false parole d’amore per assecondare la volontà paterna.
Re Lear. É la tragedia delle tragedie: il dramma della vecchiaia, del potere e della sua rinuncia, della follia filtro di conoscenza. Anche dello scontro intergenerazionale quando l’amore è assente.
Lo scontro si trasforma allora in un diritto all’esistenza: “Tutto questo rispetto per i vecchi ci avvelena la vita, perché ci consente di mettere le mani sul nostro patrimonio soltanto quando siamo troppo vecchi per goderne. Incomincio a pensare che questa tirannia dei vecchi sia davvero insopportabile – e tutto non per qualche loro effettivo potere, ma perché noi lo tolleriamo”.
Solo la terza figlia prova vero amore nei confronti del vecchio genitore, ma preferisce tacere. In quanto incapace di compiacere il vecchio padre, viene diseredata e cacciata dal regno.
Se da una parte c’è un vecchio re orgoglioso e dispotico che pretende amore ma è incapace di darlo, dall’altra c’è a corte, un figlio bastardo di un cavaliere fedele al re.
Che spera di cancellare il marchio che sente sulla pelle con raggiri, tradimenti e omicidi, e arrivare così all’apice del potere.
Tutto finirà in tragedia. Lo si avverte dalla prima scena. Il sipario si apre su un palco grigio al centro del quale troneggia Re Lear, Elio De Capitani. Siede su un trono, accatastato su una montagna rovinosa di sedie, scatole, cassette.
Un cumulo mastodontico e pericolante di robe vecchie, che nella scena successiva viene portata via su una carriola. Immagine di un potere farraginoso, privo di una solida base. Così come i personaggi della Corte. L’autorità, collante della vita sino a quel momento, è già caduta.
Chi sono io, urla Re Lear, qualcuno lo sa? Solo il matto, il fool shakespiriano, si muove a suo agio sul palco. Solo lui non ha crisi di identità, non deve dissimulare. Sa di essere un matto, mentre il suo re, esautorato dalle figlie, non è più nessuno.
Ferdinando Bruni e Francesco Frongia esasperano lo stile già brutale di questa tempesta dei cuori e delle anime, dove i pazzi guidano i ciechi. Usano un registro urlato, sfacciato, talvolta anche sboccato. Pennellate quasi grottesche tratteggiano la relazione tra le due sorelle inizialmente complici poi antagoniste. Anche la musica sovrasta.
Non c’è spazio per lo svelamento. Tutti mostrano da subito le ombre, il lato animalesco.
Cordelia, la sola anima davvero pura e nuda, parla senza pietas, senza trepidazione per l’amato vecchio padre.
Sul palco la piccola corte di Lear si muove in costumi di ogni epoca. Dal mantello medievale, agli stivali da SS, agli anfibi. Il matto, indossa candide scarpe da ginnastica. Come se l’ingordigia e la voglia di sopraffazione si vestano degli abiti delle epoche che sempre attraversano e attraverseranno.
Re Lear
di William Shakespeare
traduzione Ferdinando Bruni
uno spettacolo di Ferdinando Bruni, Francesco Frongia
con Elio De Capitani e Mauro Bernardi, Elena Ghiaurov, Mauro Lamantia, Giuseppe Lanino, Viola Marietti, Giancarlo Previati, Alessandro Quattro, Elena Russo Arman, Nicola Stravalaci, Umberto Terruso, Simone Tudda
luci Michele Ceglia, suono Gianfranco Turco, movimenti coreografici Stefania Ballone
produzione Teatro dell’Elfo, Teatro Stabile dell’Umbria