La Sonnambula va in scena al Teatro Costanzi

La Sonnambula è un’opera fatata, tanto romantica quanto passionale. Bellini ha creato delle melodie perfette al pianoforte degne di uno Chopin. La storia è quasi una favola, è la storia di questa ragazza che di notte cammina nel sonno dando vita alle sue vere emozioni. È un’opera notturna, lunare nella musica nonostante ci siano anche delle esplosioni di gioia. Bellini crea con la melodia tutte queste diverse atmosfere che la regia assieme all’orchestra mettono in scena affinché lo spettacolo possa essere fluido, tanto semplice nella sua lettura quanto misterioso. Il sonnambulismo era un fenomeno non conosciuto ai tempi del compositore, fenomeno considerato abbastanza stregato. È un’opera, la Sonnambula, anche molto drammatica oltre la felicità dei momenti finali.
Amina ed Elvino si amano di un amore innocente che verrà macchiato attraverso un dubbio.
Jean-Philippe Clarac e Olivier Deloeuil hanno adottato un approccio innovativo, concentrandosi sull’introspezione del personaggio di Amina piuttosto che sull’epifania del suo risveglio riuscendo a rinfrescare l’opera. La novità di questa nuova reinterpretazione è la scelta timbrica di ogni singolo partecipante volutamente unica.
La vicenda di Amina (ambientata in una Svizzera decisamente onirica) è accompagnata nella splendida cornice del Costanzi da una scenografia chiaramente accesa e pop-art con di fondo delle riprese video presso palazzo Barberini e in una bellissima camera d’albergo. Questi elementi modernizzanti hanno creato nelle varie critiche vari chiacchiericci in quanto l’opera non ha mai subito particolari rivisitazioni. Ruth Iniesta, nel ruolo di Amina dimostra fin da subito competenze e agilità vocali, tra potenza e soavità, il fraseggio (in un italiano perfetto) è eseguito con un’intelligenza musicale che contribuisce a una resa emotiva estremamente intensa e convincente.
Al suo fianco, Marco Ciaponi nel ruolo di Elvino ha dimostrato una sicurezza e forza interpretativa durante tutta la messa in atto non perdendo mai spontaneità e presenza scenica. La maestria di Francesco Lanzillotta mette in luce la meraviglia della composizione belliniana. È soprattutto a lui che sono stati riservati gli innumerevoli applausi. Nelle Sonnambula a livello di canto si raggiungono espansioni vocali rintracciabili in rari casi.
Impossibile comunque non fare caso alle recensioni di questi giorni assai severe ricevute da numerosi quotidiani di orientamento quasi opposto. Ma che, in conclusione all’unisono, sostengono che ciò che non ha appagato i propri occhi lo hanno riavuto indietro dalla musica. Per quanto mi riguarda la regia è sempre un ponte di narrazione tra la storia e il pubblico. Uno strumento che viene donato allo spettatore, ma che, come tutte le arti, resta personale e dell’artista stesso; difficilmente giudicabile con tanta severità.
Questa regia non ha minimamente stravolto l’opera. La sua modernità non ci allontana comunque dalle riflessioni più importanti. Soprattutto, vuole farci conoscere un primo piano interiore della protagonista. In un’epoca imprecisa, che dovrebbe andare a cavallo tra la fine del secolo dei lumi a un passionalissimo Ottocento europeo, si riparla di sogno e veglia; di sentimento e ragione; dell’eterna lotta tra convenzione sociale e verità interiore.
Era il 6 marzo 1831 quando l’opera andò in scena al Teatro Carcano di Milano. E oggi, nell’Aprile del 2024, nel meraviglioso teatro Costanzi lo riguardiamo ancora. Ed io questa regia estremante moderna, pop e con nuove influenze artistiche come la videoarte, la trovo un augurio. L’augurio che oggi la verità interiore possa vincere sulla convenzione sociale e il cuore riposare in qualunque posto si voglia.