Preferirei di no, l’altra verità
Preferirei di no andato in scena nel bel Teatro Gerolamo di Milano dal 1 al 3 marzo, parla di una piccola grande ostinazione. Proprio come quella di Bartleby, lo scrivano di Melville.
Ma se questa ultima era gentile, remissiva, sorta spontaneamente, quella nata dalla penna di Antonia Brancati, figlia di Vitaliano e Anna Proclemer, è una ostinazione preparata, maturata, conquistata in tantissimi lunghi anni.
L’interno, che resta invariato, è quello di una semplice casa di campagna isolata, dove periodicamente saltano le linee telefoniche ed anche l’elettricità. Vi abita una donna un po’ trasandata, Ivana Monti, entrata nella grande età.
Vive in regime di autarchia, allevando galline e coltivando verdura. Fare aiuta infatti a pensare o meglio a non pensare. Parla da sola ormai, vista la solitudine nella quale vive e per questo vorrebbe un cane, per parlare almeno con lui.
Ha ritmi cadenzati, si attiene ad ordine e disciplina fingendo di crederci, perché a volte la finzione aiuta. La porta di casa però è sempre aperta.
Ma la figlia, Maria Cristina Gionta, che piomba in casa sua dopo dodici anni di assenza non lo sa. E si ostina a suonare il campanello con rabbiosa insistenza.
Arriva in tailleur aderente, tacco dodici e chioma leonina domata da un abile parrucchiere. Ha fretta, è un po’ scontrosa, si trova a disagio in quell’ambiente così lontano dai frizzi e i lazzi cui è abituata e che le sono necessari come ormai lo è la finzione.
Ma, da abile stratega qual è, cerca di non far trasparire il disprezzo per sua madre. Perché è venuta con un obiettivo, e come le ha insegnato suo padre, deve raggiungerlo.
Ed il motivo è importantissimo. Il padre, ancora marito della mamma perché non si sono mai separati, è un uomo politico influente e molto in vista. Presto ci saranno le elezioni e lui, uomo di punta del partito, per essere più rassicurante, ha bisogno di un bel quadro familiare completo.
La figlia è venuta a chiedere alla madre di firmare una liberatoria per una falsa intervista, dove lei deve esaltare le magnifiche sorti e progressive del marito.
Inoltre le chiede di tornare alla villa di famiglia. Naturalmente vivrebbe in una dependance nel parco, ma nessuno lo saprebbe e l’opinione pubblica sarebbe soddisfatta nel vedere un uomo così brillante con una moglie intellettuale e posata. E potrebbe godere di agi e lussi.
Preferirei di no: la distanza “morale e sociale” delle due donne è abissale. Anche i loro gesti hanno velocità ed enfasi diversi.
La regia di Silvio Giordani orchestra, oltre ai dialoghi serrati, ironici e spietati tra le due donne, anche i loro sguardi.
La giovane elegante prova disprezzo per quella donna che ha passato dodici anni in manicomio perché, in un raptus di gelosia nei confronti del marito rubacuori, gli aveva sparato mancandolo ed ora espia ancora la colpa da eremita, usando la cultura come unica arma.
L’anziana, guarda la figlia con sgomento ed anche tristezza perché rappresenta e incarna tutto quel mondo rapace, di apparenze e ipocrisia, dal quale lei è voluta fuggire.
Un mondo animato da fascismo patriarcale, fatto di amicizie che hanno un valore di mercato e dove tutto è monetizzabile o strumentale. Al suo interno, il suo ruolo femminile era funzionale all’immagine del marito. Doveva essere la buona moglie col filo di perle da mostrare in pubblico ma da svilire, umiliare, denigrare in privato, sempre inadeguata.
Preferirei di no: l’altra verità.
Piano piano, come un’alta marea, riaffiorano in lei pezzi di vita passata tra le musiche eseguite dal vivo dal sax di Vittorio Cuculo. La figlia apprende così dalla madre l’altra verità. Che arriva densa, come pezzi di macerie ancora taglienti, attraverso una voce grave, cavernicola, che attraversa gli abissi interiori.
Una voce che si fà materia pesante, perché porta tutti i suoi sogni infranti, i soprusi subiti, gli sforzi per adeguarsi, lo smarrimento. In breve, tutta la sua giovinezza. Ma anche la libertà ora finalmente conquistata. Insieme alla leggerezza dell’ironia. E la figlia capisce.
Centro Teatrale Artigiano presenta
Ivana Monti e Maria Cristina Gionta
In
Preferirei di no
di Antonia Brancati
regia Silvio Giordani
musiche eseguite dal vivo dal sax di Vittorio Cuculo
scene Mario Amodio
disegno luci Marco Macrini
costumi Lucia Mariani