Montagne Russe: il gioco delle parti di Eric Assous

Seduti nella platea del Teatro Manzoni di Roma, abbiamo assistito alla rappresentazione teatrale dell’opera comica intitolata Montagne Russe, scritta dal regista, sceneggiatore, dialoghista e drammaturgo franco-tunisino, Eric Assous. Vincitore di due premi Moliere (uno dei premi più prestigiosi per il teatro francese, istituto nel 1987), E. Assous è stato uno degli autori preferiti dalle stelle del cinema transalpino: le sue commedie sono state portate in scena da celebri artisti quali Alain Delon, Jean Paul Belmondo e Richard Berry. La commedia Montagne Russe, con l’interpretazione di Alain Delon e di Astrid Veillon, debutta nel 2004 sui palcoscenici francesi, con la sua mordace riflessione intorno ai legami familiari e ai rapporti umani. Interno casa, due protagonisti, continue sorprese e cambi d’identità sono gli elementi che caratterizzano la messa in scena teatrale dominata da un ritmo incalzante. Attraverso una regia delicata e attenta, Enrico Maria Lamanna ripropone l’imprevedibile testo teatrale supportato dalla recitazione pulita e lineare degli attori Edy Angelillo e Pietro Longhi. È come un vorticoso scendere e salire tra i meccanismi frenetici delle relazioni umane odierne, testimoniano dai repentini scambi di battute dei nostri personaggi. È una sfida e un gioco delle parti quella a cui ci sottopone l’autore francese: veniamo risucchiati e catturati da un continuo altalenarsi di frasi. Come spettatori di una partita di tennis, ci ritroviamo sospesi tra gli spalti del Centre Court, osservando attenti, i rovesci veloci degli avversari. La commedia di Assous ha la capacità di trasformarsi in un piccolo corto cinematografico che trasporta lentamente il suo pubblico da una platea sofisticata al suo comodo divano di casa. Montagne russe ancor prima di essere una commedia, è una considerazione sulla messa in scena e sul ruolo dello spettatore. Siamo un po’ tutti voyeurs curiosi alla ricerca di qualcosa di più interessante da guardare. E. Assous riproduce provocatoriamente delle battute quotidiane plasmandone in un intreccio di strategie crudeli e raffinate che imbrogliano giocosamente lo spettatore trascinato nei mulinelli misteriosi di un romanzo giallo. Lo sceneggiatore ricorda alla sua platea la caratteristica intrinseca dell’essere dei guardoni affacciatisi dalla finestra su un cortile. “Scommettiamo che nove persone su dieci, se vedono dall’altra parte del cortile […] semplicemente un uomo che mette in ordine la stanza non riescono a trattenersi dal guardare? Potrebbero distogliere gli occhi dicendo: ‘Non mi riguarda’, potrebbero chiudere le loro persiane, e invece non lo fanno, stanno lì a guardare” (Alfred Hitchcock). In un faccia a faccia particolarmente ravvicinato ci si chiede, in qualità di dirimpettai impiccioni, quali carte, al termine della concitata partita, verranno finalmente scoperte.