Il fu Mattia Pascal al Teatro Ghione: l’incontro tra ironia ed esistenza

Il Teatro Ghione ospita ancora Il fu Mattia Pascal, questa volta per la regia di Simonetta Solder e Giorgio Marchesi. Proprio Marchesi è protagonista della rappresentazione, cui dà vita con un taglio originale, leggero, personale.
Complice di questo affresco particolare dell’opera pirandelliana è certamente la scelta dell’accompagnamento musicale, con la presenza sul palco di Raffaele Toninelli, che con l’esecuzione dal vivo delle musiche scritte appositamente per questo Mattia Pascal si pone come diretto interlocutore del protagonista, offrendo uno scenario minimale e al contempo imprevisto. La presenza pressoché costante del sottofondo musicale è in effetti la nota (per restare in tema) nuova di un’opera a molti conosciuta e che, senza dubbio, si inserisce tra i classici della letteratura contemporanea. Suonata proprio lì sul palco, in perfetta sincronia con i monologhi del protagonista, la musica concede a questo spettacolo freschezza e curiosità, e — col suo potere — preannuncia le azioni, suggerisce emozioni e chiarisce umori e stati d’animo, lascia figurarsi i luoghi, i personaggi descritti.
Ampio spazio quindi all’immaginazione, in questo spettacolo in cui è ben riuscito l’intento — dichiarato dai registi — di «raccontare le vicende sottolineando l’ironia presente nel testo, sperimentando un linguaggio che potesse essere accessibile a tutti, anche e soprattutto alle nuove generazioni, affinché la “pesantezza” che spesso viene erroneamente associata ad alcuni capolavori letterari possa essere smentita da un racconto energico e divertito di un “caso davvero strano” […] traslato e trascinato lungo il ‘900 per assecondarne la contemporaneità dei temi trattati».
Per non essere soltanto un’ombra di sé stessi
Nell’avvicendamento del racconto si dà luogo a risate e anche drammi, a dettagli narrativi superficiali intervallati da domande decisive sull’individuo e sull’esistenza, sul rapporto col mondo, su quella strana condizione tutta umana — che nessun oggetto possiede — di provare un «sentimento interno della vita», quella «sciagura di sentirci vivere». Quella sciagura che diventa però, o può diventare, opportunità di comprensione e autocoscienza, per rendersi conto che anche avendo ottenuto la condizione che più ci si auspicava — avere una seconda possibilità, vivere persino un’altra vita, diventare un altro uomo, e… «liberarsi dalla propria suocera»! (con una delle innumerevoli trovate ironiche della rappresentazione) —, anche tutte queste alternative non riescono ad eliminare il bisogno di una qualche appartenenza, il «desiderio di un po’ di compagnia», come ha a dire Mattia Pascal nel bel mezzo della sua seconda vita; il desiderio di essere circondato non solo da persone amate, ma anche da oggetti cui affezionarsi, perché «in un oggetto amiamo quello che ci mettiamo noi: avrei allora potuto affezionarmi agli oggetti di una camera di albergo?».
Il desiderio, in sostanza, di non essere soltanto un’ombra, di vedere le cose (e sé stessi) per come si è, e non soltanto sotto la luce di un piccolo e misero lanternino, che è poi il lanternino della propria immagine, del proprio piccolo e misero progetto su di sé e sulla propria vita, o del piccolo e misero progetto che qualcun altro ci attribuisce, con la conseguenza — spesso — di passare tutta la vita a seguire quel progetto o quell’idea, senza trovare soddisfazione.
In un binomio letterario-musicale, e con un utilizzo maestoso della voce di Giorgio Marchesi, il protagonista si fa portavoce di spensieratezza e sentimento, aprendo quelle grandi domande poc’anzi accennate che, al di là dello strano caso della finta morte di Mattia Pascal, sono le domande e i bisogni che prima o poi sfiorano tutti.
Teatro Ghione
10-13 febbraio 2022
con Giorgio Marchesi
Musiche scritte ed eseguite dal vivo da Raffaele Toninelli
Regia di Giorgio Marchesi e Simonetta Solder