I Giganti della montagna, un atto di resistenza poetica e teatrale

Gabriele Lavia porta I Giganti della montagna al Piccolo Teatro di Milano, dal 27 febbraio al 10 marzo 2019. Lo fa in maniera magicamente gigantesca, felliniana, con uno spettacolo di impatto, una scenografia magnifica, più di venti attori, trucchi evocativi e costumi ricercati. Una grande produzione di Fondazione Teatro della Toscana, in coproduzione con Teatro Stabile di Torino e Teatro Biondo di Palermo.
I Giganti della montagna è l’ultima opera di Pirandello (1936) rimasta incompiuta per la morte sopraggiunta dello scrittore.
Nella Villa Scalogna abitano gli Scalognati, i fantasmagorici “padroni di niente e di tutto”, che vivono di fantasia, sogni e poesia. Sono poeti e seguono la loro immaginazione; si esprimono spesso mimando con le loro facce dipinte di bianco e gli occhioni neri trasognati. Forse sono spiriti di quello che furono ed evocano i fantasmi.
Hanno un capo mago che lascia che l’immaginazione crei tutto: è Cotrone, Lavia stesso, diventato turco (indossa il tipico fez) per il fallimento della poesia cristiana. Sa che il teatro assoluto può vivere solo lontano dalla società, lontano dai Giganti della Montagna, uomini potenti, ma rozzi, incivili, che seminano terrore. Ma al contempo sa che il teatro ha bisogno di una comunità.
Sembrano tutti ad un ballo in maschera con un che di felliniano, una sorta di carrozzone da circo “che va avanti da se, con i suoi fanti regine e suoi re” perchè la vita resta una larva di malinconia. C’è un marinaio, un pierrot, una donna clown con un ombrello spesso aperto.
Li vediamo alla villa, su una splendida scena: l’interno sventrato di un teatro di cui si riconosce l’eleganza e bellezza antica, con i suoi palchi regali decorati. Sono un po’ in subbuglio perchè hanno avvistato in lontananza un gruppo di persone su un carro che si sta dirigendo verso di loro. Arrivano poco dopo, capeggiati dalla Contessa, degli attori perduti e disperati, appesantiti dal loro vissuto; non hanno più un teatro dove recitare e si ostinano a cercarne uno.
E cosi si ritrovano tutti insieme a vivere nella villa sogni cui i poeti danno coerenza, mentre i loro corpi dormono. Cotrone vorrebbe che la Contessa recitasse in Villa, dove si trovano sogni, musica, preghiera, amore, praticamente tutto l’infinito che è negli uomini, ma lei non vuole. E decidono cosi di portare lo spettacolo “La favola del figlio cambiato”, a I Giganti della montagna; e in qul momento si sentono arrivare con un fragore che genera terrore in tutti.
Qui il dramma si interrompe per la morte di Pirandello. E qui si ferma Lavia, nonostante il figlio di Pirandello, Stefano, abbia suggerito il finale tratteggiato in punto di morte dal padre. In questo la Contessa, simbolo di poesia, viene uccisa dai servitori di I Giganti della montagna presso i quali porta il suo spettacolo.
La regia di Lavia ci porta in un mondo poetico che afferma la potenza del sogno che anima l’uomo (siamo fatti della stessa sostanza dei sogni) insieme al suo bisogno irresistibile di proiettare il suo immaginario attraverso l’arte. Le maschere non servono più, né l’apparenza, nè tanto meno il corpo… servono i volti ci ricorda Pirandello (incontrerai nella tua vita, tante maschere e pochi volti) e l’impalpabile, l’invisibile, lo spirito, l’anima.
Cosa rappresentano I Giganti della montagna?
Lo spettacolo è infatti il trionfo della fantasia, della poesia, dell’arte, ma al contempo esprime la tragicità delle loro esistenze in un mondo dominato da I Giganti della montagna, esseri spaventosi e sempre invisibili, duri di mente e un po’ bestiali, che praticano in modo arrogante l’esercizio della forza. Sono le nostre derive mortifere di ieri e di oggi, che nascono dal bisogno di dominio, possesso, materialismo, in un mondo sempre più “smart”, utile, funzionale e monetizzabile, dove anche i desideri sono ridotti a merce. Dagli imperialismi militari e economici ai fanatismi, alle ingiustizie sociali, giuridiche ed economiche, all’arroganza del potere, agli algoritmi potentissimi ed invisibili; insomma tutto ciò che toglie umanità all’uomo.
Un atto di resistenza teatrale e poetica.
Gabriele Lavia mette in scena più di un grande spettacolo felliniano, mitico, con ambientazioni musicali e decorative speciali; regala un atto di resistenza poetica e teatrale. Perchè con il sogno, la fantasia, l’immaginazione, Lavia ci ricorda che si può resistere a I Giganti della montagna, cioè alla brutalità che incrociamo giornalmente. É sufficiente crederci, come bambini!
Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi – M2 Lanza), dal 27 febbraio al 10 marzo 2019
I Giganti della Montagna
di Luigi Pirandello
regia Gabriele Lavia
scene Alessandro Camera, costumi Andrea Viotti, musiche Antonio Di Pofi
luci Michelangelo Vitullo, maschere Elena Bianchini, coreografie Adriana Borriello
con Gabriele Lavia
La Compagnia della Contessa: Federica Di Martino, Clemente Pernarella, Giovanna Guida,
Mauro Mandolini, Lorenzo Terenzi, Gianni De Lellis, Federico Le Pera, Luca Massaro
Gli Scalognati: Nellina Laganà, Ludovica Apollonj Ghetti,
Michele Demaria, Daniele Biagini, Marika Pugliatti, Beatrice Ceccherini
I Fantocci (personaggi della “Favola del figlio cambiato”):
Luca Pedron, Laura Pinato, Francesco Grossi, Davide Diamanti,
Debora Iannotta, Sara Pallini, Roberta Catanese, Eleonora Tiberia
produzione Fondazione Teatro della Toscana
in coproduzione con Teatro Stabile di Torino, Teatro Biondo di Palermo
Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30 (eccetto venerdì 3 marzo, ore 15 pomeridiana per scuole); domenica, ore 16. Lunedì riposo.
Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro
Informazioni e prenotazioni 0242411889 – www.piccoloteatro.org
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