Come può un Dovizioso arginare il Marquez
L’11 agosto 2019, sul circuito del Red Bull Ring, abbiamo assistito a qualcosa di storico. Un pilota italiano, tale Andrea Dovizioso da Forlimpopoli, su Ducati, ha riscritto le leggi della fisica applicate all’ultima curva del circuito austriaco. Con un sorpasso millimetrico, cicatriziale, il Dovi ha sverniciato (nel vero senso della parola) le alette di un certo Marc Marquez, la personificazione dello sport MotoGP, strappandogli la vittoria dalle mani. Una manovra folle, da vena chiusa, ma perfetta. In un punto del tracciato dove, fino a domenica, era impossibile sorpassare.
Verrebbe da dire “okay, di sorpassi incredibili ce ne sono tanti”, e verrebbe da annuire. Ma si sottovaluterebbe la caratura, l’onnipotenza di chi quel sorpasso lo ha subito. Marc Marquez è il Michael Jordan, il Tiger Woods, il Tom Brady della MotoGP. È il pilota che sta riscrivendo la storia di questo sport ornandolo con mille rafforzativi. Il frantumatore di record.
Ecco allora che il sorpasso del pilota italiano viene avvolto dal vestito dorato dell’immortalità. Diventa memorabile, da riproporre anche tra dieci, venti anni. Ogniqualvolta si parlerà di duelli speciali negli sport motoristici.
Probabilmente, non basterà a minare le certezze del fenomeno spagnolo; né, quasi certamente, a ridipingere a tinte tricolore il titolo della classe regina. E proprio per questo, per aver umanizzato Marquez con un sorpasso che neanche Marquez è mai riuscito a fare, Dovizioso entra a pieno titolo nel novero delle leggende di questo sport.
Certo, è difficile sostenere che sia un vincente puro: un solo Mondiale, peraltro in 125, e due “inutili” titoli di vice campione del mondo di MotoGP sono un bottino troppo povero in rapporto al suo talento. Ma, a questo punto, è evidente che si possa essere non vincenti e fenomeni, insieme. Perché per battere Marquez (Marquez!), di nuovo, proprio lì, in quella curva dove il Marziano a parti invertite aveva fallito, devi essere per forza un fenomeno anormale.
Un po’ come se un timido insegnante di matematica, di tanto in tanto, battesse Einstein in giochi di logica.