La teodicea del calcio secondo Dybala

Nell’ordine armonico della creazione la spiegazione del male è sempre cruccio ricorrente. Fu la mente matematica di Leibniz a concepire il neologismo di teodicea, etimologicamente giustizia di Dio, per definire il campo di studio.
Invertendo il processo logico, dalle grandi alle piccole cose, nella serata di Roma-Torino due lampi di Dybala hanno rivelato una nuova teodicea calcistica. Nell’equilibrio del tabellino, due lampi argentini hanno scosso il cuore dell’Olimpico.
Danzante sul pallone, la “Joja” ha fermato per un momento l’oggettività di schemi e formazioni, rivelando una nuova teodicea calcistica basata sul talento cristallino. Ogni possibilità di ingabbiare la natura eccedente dell’argentino è stata resa vana dal numero 21.
Dopo il rigore giallorosso e il repentino pareggio di Zapata nella prima frazione di gioco, muovendosi con la naturalezza del fuoriclasse Dybala esce dalle logiche algoritmiche della tattica per entrare in quelle insondabili della fede calcistica.
Al 13’ della ripresa, la “Joja” lascia partire un sinistro improvviso dall’insondabile parabola: fiato sospeso dell’Olimpico e infine l’esplosione della rete inaspettata nell’angolino basso. La messa laica di Dybala si conclude in apoteosi: l’ingresso di Lukaku apre nuovi spazi e il belga serve l’assist per la nuova giocata argentina, diagonale violento e Milinkovic-Savic battuto.
La logica degli schemi è saltata: la rivelazione laica è servita.