L’Inter di Inzaghi ai raggi X: tanti cambiamenti, stessi risultati
Nuovo allenatore, nuovi protagonisti in campo, stessi risultati. L’Inter cambia pelle, ma non smette il vestito da vincente. Quello cucito su misura da Antonio Conte, dopo anni di pezze e toppe. Quello che Simone Inzaghi ha saputo rifinire e – per quanto possibile – impreziosire. Ma quali sono realmente i meriti dell’attuale allenatore nerazzurro? E in cosa è cambiata l’Inter rispetto a quella del suo predecessore.
Meno talento, stessa fame
Lo abbiamo anticipato, negli effettivi l’Inter è cambiata molto: via Lukaku e Hakimi per far cassa, perso Eriksen per i problemi di salute che tutti conosciamo; dentro Dzeko, Correa, Dumfries e Calhanoglu. Sotto l’ombrellone nessuno si è permesso di paragonare i primi tre, campioni d’Italia da grandi protagonisti, ai nuovi acquisti. Tre campioni al top contro un grande giocatore ormai arrivato, due promesse e un centrocampista per nulla rimpianto dai cugini rossoneri. Al tavolo del cenone, tutti hanno mangiato il panettone e rimangiato quanto detto in estate. Perché se le differenze nel gioco sono evidenti (e fisiologiche), non lo sono dal punto di vista delle motivazioni. Dzeko ha 35 anni, ma una voglia matta di chiudere la carriera vincendo in Italia, cosa mai riuscita a Roma. Correa vuole arrivare a qualcosa di importante. Dumfries freme per alzare il primo trofeo. Calhanoglu pure. E dove non arriva il talento puro o la carta d’identità, arriva testa e cuore. Entrambi alimentati dalla fame di vittoria.
La crescita di alcuni, il rilancio di altri
L’anno scorso Bastoni era uno dei migliori giovani del campionato; in questa stagione si sta affermando come uno dei migliori difensori, in assoluto. E il suo apporto non si limita alla fase difensiva. Lancia, imposta, disegna geometrie, vede gli spazi. Un regista aggiunto. Merito di Conte che ha visto in lui il nuovo Bonucci, e di Inzaghi che sta continuando a valorizzarlo. Ma soprattutto suo, del suo piede e della sua testa.
E se si parla di registi non si può non citare Brozovic. Arrivato in Italia come mezzala (o qualcosa di simile), impostato da Spalletti in mezzo al campo, scopertosi negli ultimi anni come uno dei migliori registi al mondo. Il gioco dell’Inter passa dai suoi piedi, quest’anno ancor più che nel passato.
Restiamo in Croazia e applaudiamo al ritrovamento, fisico e mentale, di Perisic. L’esterno era un portento, ma si era perso con Conte, che lo considerava poco adatto al gioco di sacrificio che richiedeva alle ali. Con Inzaghi sembra rinato, in termini di prestazioni e di gol (già 4, quanto l’intero bottino della passata stagione). Lui ci ha messo del suo, imparando a dare una mano anche in fase di ripiegamento. Ma se questa disponibilità è arrivata solo con Inzaghi, un motivo ci sarà.
I meriti di Inzaghi
E continuiamo a dare a Simone quel che è di Simone. Al di là di quanto detto sopra, i miglioramenti nel gioco sono evidenti. Velocità, sovrapposizioni, inserimenti. Ogni partita è giocata a un ritmo altissimo, a tratti vertiginoso. Ogni avversario è aggredito e, spesso, demolito. Con Conte si badava al sodo, ai tre punti. Con Inzaghi i tre punti passano dal bel gioco.
Per raggiungere i risultati dell’anno passato c’è ancora strada, ma finora è stata panoramica.