Superlega, un’occasione persa
La Superlega è stata accantonata (per il momento). Ma appassionati e addetti ai lavori continuano ad interrogarsi sulla bontà di un progetto nato male e finito peggio. Da ultima l’Adidas, che a Calcio e Finanza ha dichiarato: “Finanziariamente la Superlega sarebbe stata molto attraente. A lungo termine, comunque, crediamo che l’amore per lo sport fin dall’infanzia nasca dalla sua accessibilità, ed è qualcosa di tangibile”. Parole sensate, ma che si posano a velare un sistema che di tangibile ha solo la sua obsolescenza.
In cosa sarebbe dovuta consistere la Superlega?
La Superlega era stata pensata come una competizione calcistica privata. La Fifa, la Uefa e le leghe nazionali non avrebbero avuto alcun potere su di essa. Avrebbe avuto cadenza annuale e avrebbero preso parte i più importanti club d’Europa, 20 fissi e 5 da decidere stagione per stagione, con un sistema di qualificazioni. Fuori dunque Leicester, Atalanta e Sheriff, e tutte le favole del calcio. L’accesso alla Superlega sarebbe stato ad appannaggio dei club fondatori, con soli cinque posti liberi, tra tutti i campionati nazionali.
Quali conseguenza avrebbe avuto?
Le conseguenze sarebbero state devastanti. Compressione dei campionati nazionali, con relativa perdita di blasone, visto che si giocherebbe solo per scudetto e retrocessione. Probabilmente, la Champions e l’Europa League sarebbero scomparse, sostituite da coppe di minore importanza (come già avvenuto in altri sport). Abolizione o forte limitazione delle coppe nazionali.
In altre parole, il calcio, per come lo conosciamo oggi, non sarebbe più esistito.
Negative o positive?
E la fine del calcio finora conosciuto non necessariamente sarebbe stato un male. L’attuale sistema appare povero e obsoleto. Povero perché gli introiti per le società di calcio non sono neanche lontanamente paragonabili a quelle delle major americani, che si basano su meccanismi simili alla Superlega; obsoleto perché è rimasto uno dei pochi sport basato su regole procedurali, politiche e poteri appartenenti al secolo passato.
Da questo punto di vista la Superlega avrebbe potuto rappresentare la soluzione. Soprattutto in un periodo come quello attuale, dove la situazione economica è peggiorata drasticamente a causa della pandemia e i conti dei club sono più che mai in rosso.
La principale accusa è che avrebbe arricchito chi è già ricco, annientando il resto. Condivisibile, considerando la perdita di interesse per i tornei di chi sarebbe rimasto fuori dalla nuova competizione, ma l’alternativa non può essere il sistema attuale. Urge una riforma strutturale. E in tempi brevissimi. Altrimenti si rischia di assistere a una nuova era di fallimenti (si veda la situazione economica disastrosa di un colosso come il Barcellona, e non solo).
Altra conseguenza della creazione di tale lega alternativa sarebbe stata la spinta data all’interesse globale per lo sport europeo. Con due gironi da dieci top club, ogni giornata avrebbe avuto in programma sfide stellari. Un sogno per gli appassionati, anche per chi tifa per società non facenti parte di questa élite. Idem per i maggiori broadcaster europei e mondiali, che avrebbero trasmesso partite dallo spettacolo quasi assicurato. Certo non ci sarebbe stato il Chievo dei miracoli, ma quello non rappresenta l’ordinario, che è invece grigio e dal sapore antico.