Milan: Adli non è Zidane, ma con la Lazio convince di nuovo
Definirlo il nuovo Zidane è eccessivo. Forse addirittura irrispettoso per il campione che è stato il fuoriclasse francese. Eppure il connazionale Yacine Adli, una luce quando tocca la palla sembra accenderla. È stato così nella trasferta di Cagliari; si è riproposta la sensazione contro la Lazio: Pioli gli rinnova la fiducia e riceve in cambio un’altra buona gara. Meno appariscente della precedente, ma di uguale sostanza.
Quello che serviva a un giocatore inserito nella lista dei partenti a gennaio, e non per sua volontà. Quella era orientata a restare al Milan e smentire numeri e giudizi del primo anno in rossonero: sei partite, di cui una da titolare; nessuno squillo. Troppo poco per una conferma, soprattutto in una squadra di storia e ambizione. Non abbastanza neanche per una valutazione che non contempli smentite. Adli è testardo (in questo sì, assomiglia a Zidane) e si è impuntato per rimanere, per giocarsi, di nuovo, le proprie carte. È anche un ragazzo che sa stare in gruppo, facendosi apprezzare umanamente. E al suo desiderio di restare si è aggiunto il coro del gruppo. Pioli ha voluto ascoltarlo.
Per il momento, Adli sembra star vincendo la sfida con sé stesso.
A dispetto dei 23 anni, il numero 7 del Milan porta con sé già un discreto bagaglio di esperienza: 105 presenze in Francia, di cui una con il Paris Saint German che gli è valsa il titolo di campione di Francia a soli 17 anni. Tre stagioni da titolare, ad alti livelli, nel Bordeaux, prima di approdare al Milan. Prima della scorsa stagione, della buona prestazione di Cagliari e della conferma contro la Lazio: 70 minuti di corsa e sostanza, davanti la difesa, in una posizione più arretrata rispetto a quella da trequartista in cui si è fatto conoscere (altra similitudine con Zidane, che però è arretrato in mediana a fine carriera). Qualche lampo di classe, un paio di buoni lanci nel primo tempo, frequenti aperture basse sugli esterni. Sempre a testa alta, dimostrando di star a proprio agio con il pallone tra i piedi; che quando non c’è, è preteso ad ampi gesti.
Segno di personalità, di un giocatore che ci crede. E che sta facendo ricredere tutti.