Lo stadio e Mourinho – A che punto siamo?

Nessuno si aspettava il colpo Mourinho al termine di questa Primavera, sopratutto dopo un anno e mezzo di pandemia in cui le squadre, anche quelle che puntano al primo posto, si sono ridimensionate, puntando su giovani o su giocatori di seconda fascia.
Considerare Dzeko, tanto per fare un esempio, un giocatore di quest’ultima categoria è quanto di più sbagliato, ma è anche vero che non parliamo più di un giovane e che rinunciare a Lukaku, come Hakimi e Conte, è stata una scelta puramente economica.
Se i campioni d’Italia sono stati costretti a rivedere in corsa i loro piani, la Roma, che da qualche tempo è uscita dal gala della Champion’s League, cosa avrebbe dovuto fare? Di certo non prendere Mourinho o investire così tanto su Tammy Abraham: una dimostrazione di forza, un sussulto, un ruggito per dimostrare che Roma non muore mai, anche quando è duramente ferita.
Oggi però i risultati non sembrano andare nella direzione sperata e molti tifosi iniziano a domandarsi se far sedere su una panchina bollente una testa calda come il portoghese sia stata o meno la scelta giusta.
Dopo Mourinho sulla Vespa adesso sui social si insinua quello spaccato tra sostenitori e detrattori tipico dei momenti di passaggio: la squadra non ha un vero e proprio gioco, quel giocatore non è abbastanza, l’allenatore non doveva mandar via Pedro e così via.
Ciò che è certo è che la Roma è ancora in lizza per la zona Champion’s League e lì doveva essere. Di sicuro l’ecatombe con i norvegesi non aiuta a creare sostegno, anche se la risposta nella partita di ritorno è stata quella di 40.000 biglietti venduti: sold-out, forza Roma! Ecco la risposta del bipolare popolo giallorosso.
Gennaio fa rima con calciomercato
No, in realtà non fa rima con calciomercato, ma la testa di ogni romanista è lì, per quella finestra che potrebbe (e dovrebbe) portare quel o quei rinforzi in più per completare una rosa che deve ancora dimostrare il suo potenziale.
Fonseca, che ha allenato la Roma più in difficoltà degli ultimi venti anni, ha lasciato in eredità a Mourinho volti come Ibanez, Villar, Darboe, Mayoral e rivitalizzato Spinazzola che non vedeva il campo ad alti livelli da ormai troppi anni (scaricato dalla Juventus per Luca Pellegrini), ma il portoghese, quello nuovo, non sembra accontentarsi del loro livello.
Senza voler giudicare le sue scelte è evidente che Gennaio sia per la Roma un momento importante per piazzare qualche colpo, prendendo magari giocatori da squadre che sono uscite dalle coppe più importanti e che possono/devono ridimensionarsi. Un centrocampista? un nuovo esterno in attacco per far riposare l’armeno e il faraone?
Ma la partita più importante i Friedkin la stanno giocando silenziosamente sul lato stadio, la vera punta di diamante dell’intero progetto
Lo stadio – Il nuovo sindaco – Pallotta
Pallotta non ha mai lavorato, come si suol dire, sottotraccia, anzi ha spettacolarizzato ogni suo intervento, in primis quello dello stadio e del progetto Tor di valle che, lo ricordiamo, comprendeva tantissime altre infrastrutture. Ogni giorno era quello decisivo e gli ottanta milioni versati, andati poi in fumo, sembravano dare certezza e solidità alle speranze giallorosse.
Arrivano i Friedkin e nessun giornale riesce a captare i loro movimenti: acquistano la società quasi dal nulla, prendono un allenatore e lo annunciano di colpo (almeno per noi), cambiano sponsor tecnico e commerciale (lasciando quasi invariati gli introiti).
Eppure un segnale forte, di quelli grandi come una casa, lo danno con l’assunzione di Maurizio Costanzo, vicino alla Raggi e di Stefano Scalera, vicecapo di gabinetto del Mef e vicino al neo sindaco Roberto Gualtieri.
I nuovi americani investono nelle relazioni umane, curano da vicino gli aspetti del loro club ed intavolano trattative in maniera più diretta rispetto ai predecessori. Più di 400 milioni spesi per la AS Roma, 199 soltanto nelle tasche di Pallotta e circa 250 milioni in quelle del club: oltre alla faccia, anche il portafogli.

Gualtieri sa bene che la Roma, come anche la Lazio, non può aspettare oltre e che sotto la sua guida può dare a questa città le infrastrutture che merita. Gualtieri è giallorosso, anche se questo ha poco a che fare con la politica e la carica importante che riveste, ma i tifosi vedono di buon occhio questa fortunata coincidenza: che sia la volta buona?
«Non mi sono lanciato nell’urbanistica elettorale, dicendo lo stadio facciamolo qui o lì. Ma questa volta non bisogna sbagliare. Ci sono tutte le condizioni per trovare un’area adeguata allo stadio della Roma. Ma poi c’è anche quello della Lazio e io mi siederò subito al tavolo anche con la Lazio». (R.Gualtieri a SkyTg24 – 14 Ottobre)
Abbandonata Tor di Valle che, perdonate l’ironia, avrà finalmente salvo il suo ippodromo, la nuova area potrebbe essere quella di Ostiense-Marconi, facilmente raggiungibile con qualsiasi mezzo
Un anno di transizione
Forse i romanisti sono stanchi di queste transizioni e rivoluzioni, ma una nuova proprietà si è insediata e la scelta di un allenatore così carismatico (e così ben pagato) non possono essere segnali da ignorare. Il 2022 sarà decisivo non solo sul campo, ma soprattutto sulle scrivanie, sui documenti, dove nero su bianco si firmeranno accordi che rivoluzioneranno, stavolta per davvero, le sorti della As Roma.