Un Paese alla prova del nove

Allo stato dell’arte, il cittadino preoccupato continua a chiedersi quale tipo di guida politica occorra al Paese. E’ una parola! E di parole ne corrono a fiumi. Una cosa appare chiara, il bisogno di uomini di onestà intellettuale e morale, di persone serie che sappiano usare le strategie giuste e tempestive nei frangenti più critici di una nazione, non importa di quale appartenenza.
Bando alle enunciazioni teoriche, l’orizzonte italiano ci offre al momento uno skyline piuttosto movimentato e nello stesso tempo piatto, dove tante figure, vecchie e nuove, si avvicendano nel panorama politico a voler ricomporre certe e numerose frantumazioni, ma dove nel contempo due sole figure balzano in primo piano a rappresentare il simbolo della forza giovane, dell’Italia che vuole farcela a uscire dall’impasse. E prendiamo un po’ di petto i nostri baldi quarantenni in antagonismo.
Metamorfosi
Assistiamo a una sorprendente mutazione di pelle, quella del Premier che si ribella alle imposizioni germaniche, rivendicando la sua dose di autonomia. Bene, anche a una madre possessiva bisogna saper dire di no. Ma si insinua anche un dubbio: che vi sia un accordo confidenziale, un patto segreto con la stessa Merkel per questa linea di proselitismo popolare, in un parallelo cambio di marcia?
Anche quella di sapersi adeguare alle varie situazioni è un’altra delle doti che il politico deve avere. E Renzi ce l’ha nel suo dna, attore consumato di prove teatrali che spesso sfiorano la commedia dell’assurdo di Ionesco. Rinoceronti o camaleonti fa lo stesso.
Secondo i palchi, si destreggia in discorsi che ondeggiano tra la tenuta meditativa ( a Comunione e Liberazione) e la retorica confidenziale ( alla festa dell’Unità, dove diventa improvvisamente di sinistra chiamando i convenuti “ cari compagni”!). Non lesina sussulti di “annuncite” fra riforme in essere e funerali Imu, facendo trasparire una non ben velata preoccupazione sui risvolti che certa opposizione potrebbero procurargli. Anche a Cernobbio, al raduno annuale del Forum Ambrosetti cui ha partecipato per la prima volta, si è sverginato tuonando sui “salotti buoni” ( dov’erano i suoi divani preferiti) e sulle lamentazioni dei gufi. Ne avrà Crozza da rifargli il verso.
Salvini in marcia
Salvini, da parte sua, forte di un accresciuto consenso, sta tirando fuori i pettorali, imponendosi però un target comunicativo più dialogante. L’impellente e grave questione immigratoria lo vede in primo piano, perché è qui che i verdi giocano in prevalenza le loro carte, approfittando del fatto che il Premier non si fa troppo coinvolgere in merito, risultando il grande assente sul campo, impegnato com’è sulle riforme che gli guadagnano punti sulla patente europea. Salvini non dimentichi però che basta un alito di vento per mandare all’aria un consenso popolare che è più ballerino di un derviscio.
Ed è qui che fa capolino il seme temperante della cultura. Anche tra le fila leghiste ci sarebbe bisogno di qualche bacchettata, laddove le spettacolari esibizioni al parlamento europeo ( e precedenti esternazioni) dell’inenarrabile sindaco di Borgosesia Gianluca Buonanno rappresentano quanto di più oscurantista e nocivo vi sia per l’immagine della Lega. Un Fedriga e quant’altri fanno buon gioco. Se Salvini intende procedere come seria opposizione al governo di Renzi, prenda le distanze dagli estremismi più beceri. O la Lega non si sente abbastanza forte se si priva di qualche unghia incarnita?
Non si può governare fomentando la paura del diverso, attizzando la xenofobia che a noi italiani non appartiene per dna antropologico. Quando però si verificano orrendi fatti di cronaca come l’uccisione dei coniugi di Palagonia, non è che uno degli effetti più eclatanti di un coacervo di situazioni che coinvolgono non solo l’incontrollato Cara di Mineo che fa acqua da tutte le parti, ma tanti di quei paesi e città italiane costretti a convivenze con stranieri di cui non si conosce l’esatta identità e tra i quali può esserci il criminale o lo sballato psichico o addirittura il terrorista. Che venga seriamente compromessa la qualità della vita di cittadini già provati dalle difficoltà, con conseguenti reazioni di rigetto a situazioni di degrado, è una realtà che si tocca con mano e non invenzione demagogica. E se è assente lo Stato, come lo è stato finora, qualcuno come Salvini corre a fare la controfigura.
Il debito globale
Un tempo si diceva che “ un raffreddore in Cina è la polmonite in Europa”. Ora la polmonite si è allargata al resto del mondo.
Il debito pubblico è diventato un macigno che grava su tutti i Paesi. L’Italia, che ha il suo bel posticino nella classifica, deve fare qualche salto mortale per rincorrere quel desiderio di autonomia di cui parla Renzi. Sicuramente l’Italia è una terra di meravigliose risorse sulle quali scommettere per timidi passi in avanti sul fronte della crescita, puntando soprattutto sulla rinascita delle morenti – o già defunte – medie e piccole imprese, che sono sempre state uno dei volani più importanti dell’economia.
Stiamo a vedere come si mettono i pro e i contro della ventilata riduzione di tasse. Il prossimo Patto di Stabilità interno sarà la cartina di tornasole di Renzi. Ora è tempo di concentrarsi sulle vere urgenze, sul modo più coraggioso di appianare le profonde disuguaglianze sociali. Ci si prenda qualche vacanza dai riflettori internazionali per parlare con i cittadini, non solo con fuggevoli strette di mano durante i bagni di folla.
Solo facendo autocritica si acquista il libero consenso degli italiani che sanno fare le loro distinzioni. O si ama l’Italia o si ama se stessi e l’urna elettorale. E dal momento che non si profilano all’orizzonte altri salvatori della patria, teniamoci i nostri eroi senza paura Renzi e Salvini ed, ahimè, anche il sindaco-chirurgo di Roma in provvisoria terapia assistenziale.
di Angela Grazia Arcuri
Roma, 11 settembre 2015