Dramma migratorio tra incudine e martello

Pietà o pragmatismo? Accoglienza o respingimento? Sembra già un errore attestarsi su posizioni troppo rigide, da una parte o dall’altra. Qui stiamo di fronte a una realtà che ha ormai raggiunto proporzioni inarginabili, che da troppi anni ormai, si tratta di decenni, va consumandosi nel nostro bacino mediterraneo con l’aggravarsi degli eventi da est e da sud del mondo : una strisciante terza guerra mondiale di cui parlava già Einstein nel suo testamento spirituale e che non vuol farsi sembrare come tale perché c’è a chi fa comodo.
La pietà per i derelitti della terra che soccombono al prepotere è un sentimento che ci attanaglia e sconvolge tutti. Ma “est modus in rebus”, c’ è una misura in tutte le cose, anche operando nella pietà. Ed è qui che sembra saggio l’antico proverbio “il medico pietoso fa la piaga sanguinosa”. Ora è Papa Francesco, l’uomo di Dio, a far sentire la sua voce. Premessa tutta la nostra simpatia per questo nuovo Papa che ha saputo portare dentro il Vaticano una ventata storica di rinnovamento, non possiamo fare a meno dal nostro punto di vista laico di fare qualche osservazione sulle sue ultime prese di posizione verso le stragi del mare.
Papa Bergoglio ha detto che “ respingere gli immigrati è un atto criminale”. Il suo gran cuore di uomo e protettore di anime non può fargli esprimere altrimenti. Ma, caro Papa, permettici con il tuo noto spirito democratico di controbattere: Non è forse già di per se stesso un atto criminale far partire quegli uomini sui barconi alla mercè degli scafisti? Non si tratta forse di morti annunciate? Poi, quando in mezzo al mare volano i cadaveri dei bambini, quando quelli stipati come sardine nella stiva fanno la morte del sorcio, non ci sentiamo un po’ tutti responsabili e coinvolti nelle operazioni di accoglienza? Sarebbe certo un crimine respingere i sopravvissuti, è ciò che forse il Papa voleva dire. Ma, ripetiamo, est modus in rebus.
Il male è a monte. Finora la politica europea, svegliatasi in ritardo ed ora assai preoccupata allorquando vengono coinvolti i Paesi del centro Europa, ha guardato al problema immigratorio come mero esborso di aiuti economici. L’Europa, nata con ben altri ideali, è finita per reggersi insieme solo su strategie economiche. E sul tavolo Eu di fine aprile, imbandito ad hoc, si è parlato solo della spartizione delle quote di accoglienza, ben lontani dall’entrare nel vivo del problema per trovare soluzioni il più umanamente possibile idonee ad evitare tanti eccidi.
Avevano detto che si sarebbe impedita la partenza dall’Africa dei barconi clandestini sequestrandoli, ma continuano ad arrivare. Avevano detto che si potevano creare dei presidi di controllo per impedire partenze indiscriminate, magari localizzati sulle coste più occidentali, lontane dalle problematiche coste libiche. Ma intanto è inutile entrare in Italia se i cancelli delle dogane verso ovest ed est vengono sbattuti in faccia a coloro che vogliono ricongiungersi a parenti già oltrefrontiera. A seguito degli incidenti diplomatici tra Italia e Francia, quest’ultima ribatte la propria legittimità a ritirarsi dal trattato di Schengen anche in via provvisoria, come avvenuto in più Paesi secondo esigenze di sicurezza. Juncker, da parte sua, proprio quest’anno ha celebrato con grancassa i 30 anni della firma del trattato, escludendo che l’apertura delle frontiere possa essere stata l’origine del fenomeno migratorio.
Ora partono dalle casse Eu milioni di euro sull’unghia destinati a Francia e Inghilterra, le quali hanno fatto la voce grossa per i disagi provocati da migliaia di immigrati alle loro frontiere, vedi a Calais l’assalto ai tir e all’eurotunnel, vedi a Ventimiglia. L’Italia che per prima e da tempo ha aperto le braccia al flusso migratorio, viene considerata come cugina di ultimo grado. I soldi che le arrivano dall’Europa non si sa dove e come vadano a finire nel calderone dei centri di accoglienza, gestiti per lo più da gente senza scrupoli. Il governo italiano ora promette uno snellimento delle procedure per un più veloce smistamento dei profughi. Ma finora queste strutture, come un colabrodo, hanno lasciato fuggire ‘scientemente’ tanti disperati, stanchi di attendere mesi e mesi chiusi in un recinto.
Forse non ci rendiamo conto che questi sono uomini e non polli, che chiudere uomini dietro una rete prigioniera non può che scatenare istinti di ribellione, di rivolta e disprezzo del piatto che gli viene offerto anche se su quel piatto ci sono i soldi tolti agli italiani senza lavoro. Loro non possono capirlo perché per gli uccelli in gabbia conta soltanto volare via.
Se questa è pietas, lo è ancor più per i nostri italiani che vivono nella gabbia delle promesse. La guerra fra poveri diventa un particolare.
Angela Grazia Arcuri
13 agosto 2015