Le “ragioni della pancia” e quelle dei… tre cervelli

Sembra il momento di ricordare ciò che disse la Levi Montalcini e cioè che si eviterebbero tante deflagrazioni sociali se solo potessimo estirpare gli umori che risiedono al centro del corpo in cui pulsano gli istinti più primordiali. I suoi studi sul NGF (Nerve Growth Factor), se portati debitamente avanti, avrebbero davvero potuto estirpare quanto c’è di negativo dentro di noi o, quantomeno, calmare quegli istinti che ci fanno commettere le azioni più aberranti?
Dal canto loro le filosofie orientali, che non vanno apprezzate per moda ma per amore di saggezza millenaria, ci dicono che il ventre è sede di uno dei più importanti centri energetici dell’uomo e che il corretto equilibrio dei suoi fluidi va a ripercuotersi sul funzionamento cerebrale, essendo il corpo un unicum organico. Anche l’ intellettuale, se un giorno si alza con il mal di pancia, non si sa quanto di razionale riesca a combinare. Quel “mens sana in corpore sano” ci rammenta infatti la nostra unità psicofisica.
Due cervelli in simbiosi…anzi tre
Già nel 1998 Micheal D. Gershon, studioso di anatomia e biologia cellulare all’Università di Columbia, pubblicò un importante studio che rivelava l’esistenza nell’uomo di due cervelli: un cervello encefalico e un cervello enterico. Secondo lo scienziato, esiste una interdipendenza, un asse cervello- colon, dove in quest’ultimo è stata scoperta la presenza di un secondo, piccolo cervello dotato di particolari tipi di neuroni influenzati dalle ansie, emozioni, paure, che scatenano le patologie psicosomatiche.
L’esistenza di quel “piccolo cervello” nell’addome ci porterebbe a chiederci se le “ragioni della pancia” abbiano una loro legittimità al pari di quelle partorite nel cervello superiore. Tanto più che altri scienziati californiani già dal 2007 hanno scovato nel cuore un terzo cervello. Già, anche il cuore possiede una sua intelligenza, una “camera segreta”, ossia un cervello sede di un campo elettromagnetico che lo fa comunicare con gli altri organi.
Nel districarci tra tutti questi cervelli che ci ruminano dentro, mettiamo in conto l’evoluzione dell’individuo nel tempo, che ci dicono avvenga nel cervello superiore in fasi graduali, simili a quelle evolutive darwiniane.
Populismo, popolo e “mal di pancia”
Alla luce di queste informazioni, ci si chiede se non sia ora di rivedere certi concetti, certi atteggiamenti nati in vecchi contesti storici e riguardanti l’uomo come animale sociale.
Così ci sembrerebbe, mutatis mutandis, se non sia il caso di spogliare il termine “populismo” di quel significato deteriore che lo vuole legato alle seduzioni esercitate da chi mira al potere sui bisogni del popolo, quei “mal di pancia” sui quali far leva per riscuotere consensi specialmente in periodo pre-elettorale.
La gente si è ormai svegliata dai torpori ed ha le idee piuttosto chiare. Non più disposta agli allettamenti, la gente carpisce ogni alito di vento, ondeggiando e offrendo consensi a seconda delle situazioni. Viva viva e abbasso abbasso. La gente è il popolo che continua per saecula saeculorum ad agitare i suoi bisogni e, in un momento di profonda e globale crisi storica come questo, vuole riappropriarsi di quella sua sovranità che non sta più in piedi.
Sorge però il pericolo della strumentalizzazione, che va a debordare nelle violenze distruttive ben orchestrate, laddove si trova immischiata una frangia della gioventù più in erba, figli di papà e mammà, troppo giovani per aver formato nella coscienza qualche parvenza di ideali, se non un confuso lavaggio del cervello. Pur a margine della guerriglia, si sentono importanti un giorno all’anno per dichiarare che sì, cioè, dar fuoco alle banche significa dar fuoco al potere forte e sfasciare tutto è ribellione necessaria per farsi sentire. E con tante scuse.
Anche questo è populismo, una pressione sui giovani che si sentono detentori di un potere democratico, in realtà distorto, quello che vuole scardinare un sistema, che pur fa acqua da tutte le parti, conducendo a fisiologiche derive autoritarie. Un serpente che si morde la coda. Viva la mamma di Baltimora che, a furia di ceffoni, trascina via il figlio da un manipolo di dimostranti incappucciati. Quella mamma, al momento, non ha in mente nessun ‘sistema’, ma soltanto la vita di suo figlio in pericolo.
E allora, tornando al termine “populismo”, forse è meglio riaffidarlo alla sua storia sociale, che a volergli affibbiare un significato nuovo forse non ha più senso, come voler cancellare a distanza di settanta anni il nome di Mussolini dalla stele del Foro Italico. Lasciamo alla storia quel che alla storia appartiene, sia le glorie che i misfatti. Parliamo invece semplicemente di “popolare”, cioè attinente all’ “identità del popolo”, da rispettare nella sua dignità come centro di consesso territoriale e politico di una nazione. Il popolo esiste e non va dimenticato nelle sue legittime conquiste, né annientato come bersaglio privo di cervello dal telecomando di un drone.
Angela Grazia Arcuri
4 maggio 2015