GIULIANO POLETTI: perché Renzi l’ ha voluto sulla poltrona più “calda” del Governo

Giuliano Poletti, romagnolo doc. Una faccia nuova, tutta da scoprire dietro l’espressione bonaria e genuina, dietro quello sguardo tranquillo e diretto che non dissimula le sue intenzioni, uno che non tergiversa, non parla politichese e non si lascia andare al “birignao”.
Lui di lavoro sì che se ne intende. E Renzi l’ha capito. Ha capito che un Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali deve sapere cosa sia il “lavoro” vero e le sue problematiche reali. E’ lo stile “all’americana” idealizzato da Renzi, quello che ha visto la fortuna nel recente passato di certe grandi Aziende private impiantate in Italia dall’America o dal nord Europa che hanno acquisito forza lavoro in base a reali esperienze settoriali, offrendo a quei soggetti dotati di particolari requisiti apertura di carriera dai livelli minimi dell’organico a posizioni manageriali.
La storia di Poletti è quella dell’italiano che vorremmo, di quell’Italia creata dalle frange contadine, un’Italia fondata sul lavoro che sembra allo stato attuale un’ironia della beneamata Costituzione. Ma vediamo perché Poletti rappresenta tutto ciò.
Il bambino che “sussurrava alle mucche”
Nato vicino ad Imola nel 1951 da una famiglia contadina assai numerosa, il padre lo educò fin dall’età di sei anni a collaborare con l’azienda agricola di loro proprietà. Al riguardo, Poletti ama narrare un episodio assai indicativo. Ogni mattina, prima di recarsi a scuola, doveva alzarsi all’alba e provvedere a pompare l’acqua per le mucche, ben 20 robuste vacche romagnole assetate. L’operazione era piuttosto lunga e faticosa e doveva ripetersi anche a fine giornata. Una sera appunto, il ragazzo si sentiva particolarmente stanco e disse chiaramente al padre che non aveva voglia di pompare l’acqua. Al che il padre rispose: “ Beh, per stasera puoi anche pompare l’acqua… senza voglia!” Una bella lezione di vita.
I ritmi veloci di Renzi quindi non lo spaventano e a Renzi è piaciuto assai questo episodio in tutto il sostanzioso curriculum di Poletti. Questa può essere stata una piccola, ma non meno significativa ragione in più per volerlo nella rosa dei suoi Ministri.
Il ragazzo che pompava l’acqua per le mucche si è poi diplomato Perito Agrario, si è sposato ed è padre di due figli. La sua lunga appartenenza al mondo del lavoro, nell’ambito di quelle cooperative rosse assai forti in territorio romagnolo, gli permette di scendere in campo all’età di 19 anni e la sua è una strada tutta in discesa. Dall’iniziale incarico di tecnico presso una Coop agricola dell’imolese ad assessore comunale all’Agricoltura e poi segretario della Federazione del PCI di quella provincia, diviene Presidente della LEGACOOP di Imola. Il passo è breve per allargare tale incarico prima a livello Regionale, quindi Nazionale, con importanti riflessi in ambito Europeo che ne fanno un personaggio nel settore.
Ora, – dichiara – il suo stipendio come Ministro sarà di circa 4.500 euro al mese netti, meno di quanto guadagnava con la sua attività sindacale.
Prototipo delle teorie di Briatore
Poletti, interrogato se sia d’accordo con le teorie di Briatore, se ne riconosce come il “prototipo”. Briatore infatti ha sempre affermato che, per fare fortuna, non è necessaria una laurea ma piuttosto cominciare a lavorare fin da giovanissimi, qualsiasi lavoro anche il più umile, soprattutto all’estero, conoscere la vita, il mondo.
Sembra opportuno aggiungere al “verbo” di Briatore che, per la scalata alla fortuna in stretto senso economico e perché no, materialistico, una laurea può essere anche ininfluente con tutto quel che segue, ma che non si arriva alle vette di un “billionaire” senza quel “quid” legato a una grande capacità imprenditoriale e ad una spiccata “ spregiudicatezza “. Altro modello calzante, ci viene in mente, il magnate greco Aristotele Onassis, che cominciò come “lucidascarpe” sui marciapiedi degli States e che, da buon levantino, seppe crearsi uno dei più grandi imperi armatoriali del mondo.
Il lavoro secondo Poletti
Il programma lavoro di Giuliano Poletti, che rimandiamo al dettagliato report delle pagine economiche, punta in sintesi ad un welfare più efficiente, con un allentamento del patto di stabilità ed una partnership tra pubblico e privato, laddove gli incentivi pubblici siano mirati unicamente verso quelle imprese che investono in direzione della crescita. Ed intanto sollecita il pagamento immediato dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese che si trovano con l’acqua alla gola, costrette a licenziare i dipendenti o, peggio, con risvolti spesso tragici.
Nell’immediato, si sta occupando del piano “garanzia giovani”, per i quali auspica di poter offrire nell’arco di 24 mesi opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. con una serie di proroghe dei contratti a termine ( che non intende ridurre nella durata dai 36 a 24 mesi, come proposto dai sindacati) e rivisitazione delle norme per l’apprendistato. Il tema lavoro è assai scottante e ci sembra che andrebbe comunque strutturato in una visione di lungo termine, considerando che errori di impostazione possono compromettere il prossimo futuro dei ragazzi che attendono impazienti di togliersi la polvere dalle scarpe.
Un’occupazione a tutte le età
Altra questione che Poletti mette sul tavolo è quella del cumulo lavoro-pensione. E’ una sua bandiera quando afferma che ognuno deve sentirsi utile nel tessuto produttivo e nessuno deve restare a casa. Ciò ha subito attirato le proteste di Marianna Madia, la neo eletta al Ministero della Semplificazione e della PA, che si è detta contraria a quest’assunto nell’ottica della gravissima disoccupazione giovanile. E il Ministro Poletti, in tutta ragionevolezza, ha accolto la critica offrendosi di rivedere in alcuni punti il cumulo pensione-lavoro e le relative modalità di uscita.
Ciò non significa, però, che l’ anziano debba essere lasciato a girarsi i pollici sulle panchine dei giardinetti pubblici… in attesa del giorno del giudizio! Esistono varie modalità, e già da tempo vengono messe in atto nei Comuni, per offrire agli anziani occupazioni alternative a carattere di volontariato. Li vediamo a dirigere il traffico all’uscita dalle scuole e negli ospedali. E li vediamo…. spingere il carrozzino dei nipoti, come risorsa indifferibile per i figli che lavorano e non possono permettersi il lusso della baby-sitter o degli asili privati. Padri e madri ammortizzatori sociali, ma comunque costretti a ridurre la loro autonomia di vita e magari a fossilizzare i loro legittimi stimoli.
L’agguato dell’alzheimer aggraverebbe di tanto i costi della Sanità pubblica, mettiamolo in giusto conto.
Le ministre dei salotti buoni
La 33enne Marianna Madia forse non si fa questi problemi quale ministra delle Semplificazioni. Ma le consiglieremmo di non “semplificare” troppo, al di là della burocrazia che le compete.
Ricordiamo l’acceso scontro di mesi fa con Massimo Cacciari a proposito del “reddito di cittadinanza”, laddove la Madia ha magnificato il modello tedesco del provvedimento a favore dei disoccupati, tralasciando di approfondirne le ricadute decisamente negative proprio in Germania. Non è difficile indovinare chi dall’infuocato scontro ne sia uscito vincitore. “Una puttanata!”, ha gridato Cacciari. Anziché un assegno – parafrasiamo – che va a costituire un altro pesante onere per lo Stato e ne condanni i giovani alla sudditanza e al facile impigrimento, diamogli un colpo d’ali, apriamo la strada al lavoro, togliamo dall’impasse gli esodati, con l’abolizione della legge Fornero e l’apertura alla crescita vera offrendo un consistente respiro fiscale alle imprese.
Già, facciamo muovere i giovani dalla sedia! Ce lo indica la linea del Ministro Poletti, che vogliamo sperare non si faccia irretire dai compromessi.
La giovane Marianna Madia recita a soggetto. Un plauso alla sua preparazione accademica e alla sua avvenenza. Di matrice lettiana e veltroniana, figlia di un noto giornalista amico di Veltroni, sposata con un produttore e attore cinematografico sempre appartenente al “cerchio magico”, è nota una sua passata “love story” con Giulio Napolitano, figlio del nostro Presidente della Repubblica. Un entourage di tutto rispetto. Indubbiamente, grazie alle sue provate capacità, il suo percorso non deve aver incontrato salite troppo faticose ed ora non deve pesarle troppo il “cumulo” tra l’onere ministeriale e quello di mamma in attesa del secondo figlio.
Forse, inserendola nella rosa dei suoi ministri, Renzi non si è esattamente ispirato a quell’ “american style “ di cui sopra. E sorge il dubbio che più di una prescelta nelle quote rosa sia figlia di quel “Vuolsi così colà…”, quando sugli scranni del Parlamento si notano signore griffate di tutto punto, gambe accavallate in posa salottiera, o magari sorprese a rinfrescarsi il rossetto per i flashes (vedi Madia ).
In prima linea per il “largo ai giovani”, ma anche una dovuta riflessione se sia il caso di relegare gli anziani nell’apartheid sociale. La maturità conseguita allo “Chateaubriand” non offre alle rampolle di buona famiglia la vaccinazione contro i proclami pappagalleschi e le cadute di stile.
Stiamo qui per rifare l’Italia o per rifarci le labbra?
di Angela Grazia Arcuri
9 aprile 2014