FABRIZIO BARCA: non si candida alle primarie del Pd ma si profila come ideologo extra moenia

Giovane sessantenne, “lupetto” nel Pd solo dall’aprile di quest’anno, Fabrizio Barca ha qualcosa da dire. Ma, sornione come sembra, a chi gli chiede come mai non si sia candidato alle primarie del partito, risponde simpaticamente, obliterando certi passaggi del suo vissuto nello stile di una verità “troppo vera”.
Si definisce un “battitore libero”, uno che non si ritiene un politico, uno che ama vivere sereno, uno che non crede nei “salvatori della patria”. E che, d’altronde, non vedeva opportuna né tantomeno vincente una sua candidatura essendo una “new entry” nel partito di S.Andrea delle Fratte . Si mette a nudo, con una sincerità accattivante che dice tutto ma anche il suo contrario (tra le numerose parentesi, tante e destabilizzanti, delle sue dichiarazioni). “Te fa credere e poi te lassa”, come nella vecchia canzone “Scapricciatiello”, cantata da Carosone. Non si dichiara un politico, Barca, ma la stoffa ce l’ha.
Beh, destò molta curiosità il suo “catoblepa”, quell’animalaccio mitologico che ha spopolato sul web nell’aprile scorso e di cui parlammo in questa sede. Se ne è fatto un vessillo, ma c’è ben altro in quel suo progetto “ Per un partito nuovo, per un buon governo” elaborato dopo 16 mesi nel governo Monti. Barca è stato infatti Ministro per la Coesione Territoriale nel defunto governo tecnico della prim’ora dopo le dimissioni di Berlusconi alla fine del 2011.
C’è assai da leggere in quel suo lungo documento e il “ catoblepa dalla testa sempre in basso” è soltanto un parallelo assai calzante con lo Stato appesantito dai veleni delle interferenze con i poteri economici. Barca offre sul piatto la struttura che ci vuole al momento per un modello di partito che deve ricomporre i suoi connotati di identità popolare.
Le critiche che gli furono rivolte per aver fatto parte dell’ establishment , lui che possiede un dna di sinistra acquisito per familiarità (figlio di Luciano Barca) e coltivato durante la sua gioventù, lasciano il tempo che trovano quando un governo ha bisogno di cervelli, competenze e idee. Si tratta di “visione”, ciò di cui ora si ha bisogno . “Senza rinnovare i partiti, è velleitario perseguireun buon governo”, è la convinzione di Barca, il quale possiede quella conoscenza delle caratteristiche territoriali che permettono a un partito di collegarsi con i suoi iscritti, in un movimento che parta dall’esterno al centro e non viceversa.
Il documento di Barca, di cui lasciamo l’approfondimento agli analisti dell’ economia politica, va allargato quindi a tutti quei partiti in dissolvimento, in preda a strappi e scissioni. La volontà di rinnovamento va vista come tradimento del “quo ante” o necessaria consapevolezza del nuovo? E fintanto che le parti non riacquisteranno una visione aperta e lungimirante, un’identità proiettata nel disegno delle esigenze di una società moderna, dove il partito non è centrista ma aperto al cittadino come soggetto attivo e operante, il caos continuerà a farla da padrone.
L’economista, figura di riferimento per Matteo Renzi, si tiene lontano dall’agone ma sta assumendo ormai la fisionomia di “ consigliori” nel tanto invocato new deal del Pd. Stiamo a vedere quale treno partirà dall’ex stazione ferroviaria della “Leopolda”. Vogliamo persone e non personaggi, vogliamo idee e non proclami. Forse partirà proprio Matteo Renzi, osservato speciale dall’Europa ed anche da Obama. Ma, se partirà, lo farà con quella bicicletta appartenuta a Gino Bartali, il quale diceva spesso: “L’è tutto da rifare”.
Angela Grazia Arcuri
Roma, 29 ottobre 2013