CONTRATTI TV A SEI ZERI: intellig(h)enti ipocrisie

Lo strisciante monopolio di quella che ormai viene considerata l’ intellighentia artistica televisiva crede di metterci l’anello al naso piangendo il morto e fregando il vivo. I gabbati si sciolgono ancora in brodo di giuggiole da una platea ammaestrata per l ‘applauso. Intendiamoci, arte e valore personale ci ammaliano, ma i furbi ci hanno stancato. Non convince la situazione “metereologica” di certi talk-show , che prendono a prestito Tal ministro della larga e ancora vivente intesa, per farsi artatamente provocare nella parte dell’ingenuo e infervorato accusatore. E se proprio vogliamo sapere “che tempo che fa” oggi e domani, ci affidiamo agli ufficiali dell’aeronautica con le loro isobare, sempre abbastanza incomprensibili ma frutto almeno dei capricci della natura.
Ebbene, i contratti televisivi sfacciatamente milionari danno molto, molto fastidio in questo momento. Ci danno fastidio quelli che si mascherano dietro l’ immagine di paladini delle istanze sociali; quelli che una volta erano “quelli che… il calcio” e che, ora, con un paio di occhialetti e pizzetto, si sono costruiti addosso un’ipocrita fotografia da intellettuali d’assalto . Ci danno fastidio gli scrittori di noti bestseller “di denuncia” che, fuori, si fanno accompagnare dalla scorta pagata dallo Stato e poi si presentano in jeans e giacchetta striminzita su scenografie di tubi e impalcature da “ centro sociale” per condividere le loro pagate emozioni col popolo che soffre. Siamo stanchi delle signore bambineggianti e simpaticamente impudiche, che hanno fatto il loro tempo nella sopportabilità del telespettatore, ma che continueranno ad imperversare forse anche quest’anno a Sanremo insieme a “quelli che…” con contratti milionari e che, non contente di quanto gli gira in tasca, se ne vanno pure in giro col carrello della spesa nei supermercati della pubblicità con la vocina acuta rompitimpani.
“E’ la Rai che ci paga per fare audience ”, si giustificano. Così che la Rai paga fior di quattrini quelli che procurano l’ascolto di milioni di spettatori rincretiniti, i quali a loro volta pagano il canone per ascoltare quelli che li rincretiniscono. Anche se mamma Rai sta rivedendo in questi giorni i suoi libri contabili per qualche ritocchino, poca roba e qualche rinuncia, certi portafogli restano sempre troppo pieni e, stranamente, i più pagati sembrano essere i figli di quella riviera d’occidente dove si coltiva insieme ai fiori il dna sviscerato per la pecunia.
Come i mass media ci forgiano il cervello ce lo insegna il filosofo e teorico americano Noam Chomsky, ma che per farcelo clonare si debba pure pagare un canone televisivo di tutto rispetto, non ci stiamo. Non ci stiamo, ma dobbiamo pagare per non essere perseguitati per insolvenza. Allora paghiamo soffrendo, ma non ci togliamo il riscatto, lo sfizio sadico di esercitare quel minimo di libertà rimasta stoppando il telecomando a quell’infinità di talk-show , tutti uguali e ripetitivi da un polo all’altro, spettacolo di sorrisi a 360° gradi, di ipocrite indignazioni e segrete strette di mano dietro le quinte.
Quella democrazia che credevamo fosse sinonimo di libertà e di partecipazione del cittadino alla res-publica si è rivelata una conquista non per noi ma ulteriore strumento del potere per manipolare la cosiddetta sovranità popolare. Un ingannevole contentino. Ci resta l’offesa e lo sdegno per le cifre da capogiro, un vero schiaffo alle tasche impoverite degli italiani, coloro ai quali non resta che coltivare il “consenso del dissenso”, caro a Pericle.
Mai come adesso risulta di cocente attualità quel suo “discorso agli Ateniesi” del 461 a.C. : “Qui ad Atene noi facciamo così” . Ma da quando la democrazia è stata inventata , le sue maglie sono diventate sempre più elastiche e confondibili. Noi in Italia facciamo così….
Angela Grazia Arcuri
Roma, 18 ottobre 2013