La leggerezza come via di fuga. Perché abbiamo bisogno di non pensare?

E’ un epoca strana in cui vivere. Non più strana di altre, ma sicuramente più frenetica, proiettata verso un’incessante ricerca di benessere, spesso rincorso come fosse un utopia. Un orizzonte irraggiungibile. Lo riusciamo a vedere, percepire, ma mai a toccare, se non per brevi piccoli istanti. Per raggiungere questo stato psico emotivo, abbiamo necessità di staccare la mente. Mettere in pausa la frenesia del lavoro, le responsabilità sociali, e spesso anche i nostri stessi dolori, con i quali conviviamo, giorno dopo giorno. Abbiamo bisogno di vivere una costante leggerezza.
Questa insoddisfazione collettiva e culturale, affonda le radici nel sistema capitalistico moderno. Con la prima rivoluzione industriale divenne il principale sistema economico europeo. A galoppare verso la sua concezione odierna lo si deve alla seconda rivoluzione industriale e all’affermarsi degli Stati Uniti come prima potenza mondiale. Con l’affermazione del libero mercato il profitto diviene l’unico obiettivo delle imprese, e quindi dei singoli individui che le compongono. Non c’è più spazio per la collettività, per l’ascolto né per una ricerca interiore di crescita, consapevolezza e benessere. L’uomo diventa una macchina, un ingranaggio che non deve mai smettere di funzionare. Un numero a cui vendere una serie di prodotti e servizi, fino al completo annullamento dell’individuo.
In questo panorama, non stupisce l’incessante ricerca di una via di fuga. L’elemento principale, prezioso quanto l’acqua e l’aria, è il tempo. In quanto esseri umani siamo costantemente privati del nostro tempo, fin dalla nascita. E mentre quando si è piccoli non si vede l’ora di crescere, di far parte di quel mondo in cui possiamo dire la nostra ed essere totalmente padroni delle nostre scelte, da adulti rimpiangiamo. Vorremmo tornare ad essere sempre allegri, spensierati, e soprattutto con molto tempo a disposizione.
Quando si è bambini si è slegati dalla pressione legata alla competizione, allo status sociale ed economico, ai drammi emotivi e alle tante malattie che il passare del tempo si porta con sé. Si diventa sempre più sconfitti, frustrati, spesso rassegnati. In questa società, volutamente tossica per una possibile evoluzione psichica e spirituale, chi è veramente ricco non è colui che possiede grandi proprietà e corposi conti in banca. E’ ricco colui che può usufruire del suo tempo con ampio margine di manovra e libertà. Un esempio da seguire, spesso anche in questo caso, condito di falsi miti e credenze.
La realtà è che in quanto esseri umani, siamo fatti di sfumature. Abbiamo bisogno di una molteplicità di stimoli ed interessi in totale disequilibrio con ciò che ci offre la società. E quando ci ritroviamo a lavorare dodici ore al giorno, il momento in cui torniamo a casa e ci rilassiamo, diventa il più prezioso momento della nostra vita. In quel pochissimo frangente di tempo, dovremmo sintetizzare tutte quelle sfumature che non riusciremmo a colmare neanche con ore e ore di libertà. E finiamo per leggere o guardare cose veloci, senza pretese di insegnamento o indottrinamento culturale.
Vogliamo leggerezza e la ricerchiamo in tutto ciò che ci circonda. Nel cinema, nel teatro, negli eventi musicali, nella letteratura. Più siamo sprovvisti di tempo e meno avremo il desiderio, la curiosità e la forza di approcciare a mondi culturalmente più complessi, che possano arricchirci e portarci verso quella ricerca di benessere dentro ognuno di noi. Perché una maggiore conoscenza del mondo, porta ad una maggiore elasticità mentale, e a domande sempre più complesse e pericolose, in grado di scardinare i principi dentro i quali viviamo.
Questo è il punto focale di ogni prodotto e servizio pensato appositamente per non farci pensare. Tenere inibito il cervello, è forse tra le droghe più forti in circolazioni. La leggerezza è mascherata, si presenta a noi sotto falsa forma, in modo che non possiamo comprendere. E’ difficile individuare, talvolta, la linea di demarcazione tra svago e indottrinamento spazzatura. Prendiamo ad esempio una commedia d’amore, o un film d’azione, il loro unico scopo è intrattenere e far divertire il pubblico. Un obiettivo nobile, al cui interno vivono una grande fetta di creatività e personalità artistiche, per vendere emozioni. Eppure, concettualmente parlando, non è diverso dal vedere un reality con l’unico scopo di passare il proprio tempo.
Parliamo però di due prodotti completamente diversi. Seppur il fine è lo stesso, ovvero riempire il poco tempo a disposizione con qualcosa di leggero, ancora una volta la “sfumatura” demarca una rilevante distinzione. Il primo prodotto, seppur leggero, nutre l’anima, il secondo lo ingabbia. Il primo è funzionale ad un nostro benessere, il secondo a tenerci vittime del sistema, intossicando la nostra mente. Questa distinzione nella macro area della leggerezza, è in ogni ambito e prodotto che ci viene offerto, e può passare per qualsiasi media. Lo stesso cinema, può avere l’una o l’altra funzione.
La soluzione non è netta né univoca, ma esclusivamente dentro di noi. Cercare di usare quanto più possibile il tempo che abbiamo a nostra disposizione, per trovare il benessere di cui abbiamo bisogno, in ciò che sentiamo più affine. Non solo nelle piccole cose in quanto tali, ma nella scelta delle piccole cose. La leggerezza è qualcosa di molto soggettivo e non pensare può essere utile come no. L’importante è trovare il nostro equilibrio e forse, quell’orizzonte, potrebbe essere più vicino di quanto pensiamo.