Andarsene? Sparire? Staccare la spina? Non possibile!

C’è una via di fuga dal mondo? Si può rimanere, per un tempo breve o lungo, assenti dal consorzio umano? È possibile oggi emulare gli eremiti che nelle epoche passate s’isolavano per pregare, pensare o semplicemente godere della propria esclusiva compagnia? Difficile. Anzi impossibile. Intanto perché il mondo si è sovraffollato e poi perché sparire non ci è legalmente concesso. Solo un certificato di morte ci autorizza all’esclusione sociale. Chiudere il gas e sparire è rischioso e molto complicato. Se non si fornisce alla polizia un domicilio, si viene arrestati per vagabondaggio. Se non ti va di dare spiegazione al coniuge, ai figli, ai parenti, ed esci di casa e non torni più, finisci subito su Chi l’ha visto.
Non per nulla, un diffuso mensile consigliava a chi voleva far sparire ogni traccia di sé, di programmare con almeno un anno di anticipo l’uscita di scena, cominciando per tempo a concludere le relazioni sentimentali, annullare le carte di credito, chiudere il conto in banca, cancellarsi dai social, vendere l’auto, la casa, non rinnovare l’abbonamento alla palestra, la licenza di pesca, e via dicendo. Inutile cercare di restituire il codice fiscale, non è permesso finché non ci si trasformi in un compianto defunto e neppure è consentito dichiarare nei documenti alla voce professione: “eremita” perché non rientra negli elenchi.
Ma supponiamo che, nonostante il boicottaggio istituzionale, l’aspirante anacoreta riesca a scappare, dove potrebbe andare a nascondersi? Innalzare una tenda vicino a un ruscello, in riva al mare, in un bosco, ficcarci un fornelletto e un sacco a pelo, godere dei suoni melodiosi della natura, annusare l’erba umida all’alba, lasciarsi ipnotizzare da un infuocato tramonto, ecco quello che cerca, cose semplici perdute nel caos cittadino. Ma se ci prova, arrivano gli agenti e lo multano per campeggio abusivo.
L’individuo stufo della sua rintracciabilità, paga e si sposta nella foresta equatoriale dove si costruisce una capanna ma è comunque un abuso edilizio, qualcuno arriverebbe a multarlo anche lì. Chissà se vale anche per un igloo di ghiaccio sull’Antartide. Potrebbe allora girovagare per mare, starsene in una barchetta, pescare e bere la pioggia, cercando di mantenersi in acque internazionali, se gli va buca da eremita, potrebbe andargli meglio da naufrago fintantoché non arriva la guardia costiera a rimorchiarlo e rinchiuderlo in un centro per immigrati clandestini.
A questo punto, l’ultima spiaggia potrebbe essere l’isola deserta, quella sperduta in qualche oceano, non segnalata neppure nelle mappe. Nell’atollo disabitato, il Robinson Crusoe del terzo millennio troverà la pace dei sensi, l’armonia mentale, la quiete del cuore e vivrà in sacrosanta beatitudine senza scadenze, tasse da pagare, anniversari da ricordare, burle politiche da ascoltare, regole da rispettare.
Lo farà finché non arriverà la solita rompiscatole di troupe televisiva che lo spierà, lo filmerà, lo rapirà, lo scaraventerà in uno studio televisivo dove un pubblico giubilante applaudirà alla sua infelicità per aver vinto “L’isola dei non famosi”.