Escursionismo e overtourism: intervista a Manuela Canaveras

Il tema del cambiamento climatico e della sostenibilità sta diventando sempre più diffuso e rilevante. In tale contesto, l’incidenza della riduzione delle precipitazioni sta causando gravi disagi, specialmente nelle regioni meridionali e insulari del nostro Paese. Questo clima anomalo colpisce anche il Nord, che non è esente da eventi meteorologici estremi come piogge brevi e intense, che comportano rischi di alluvioni. Inoltre, si registra un aumento della temperatura media, con conseguenze significative soprattutto nelle aree montane, dove la scarsità di neve sta influenzando le attività economiche locali.

Queste trasformazioni climatiche stanno portando a una ridefinizione delle dinamiche turistiche, con implicazioni positive e negative. Se da un lato la riduzione della neve può rendere le montagne più accessibili a un pubblico più ampio, dall’altro si verificano rischi per la sostenibilità ambientale e per la sicurezza delle persone. Infatti, la crescente affluenza turistica, da un lato può compensare parzialmente le perdite legate al turismo invernale, ma dall’altro comporta rischi come l’overtourism, che compromette l’esperienza turistica e la qualità della vita delle comunità locali, o montagne intese sempre più come immensi parchi giochi e non come ambienti delicati da rispettare e proteggere, e spesso affrontate da turisti in scarpe da ginnastica, senza un abbigliamento adeguato.
A tal proposito, per comprendere meglio la situazione, abbiamo provato a chiedere direttamente a chi, del turismo montano ne ha fatto una professione. Nello specifico, abbiamo chiesto a Manuela Canaveras che, dopo tanti viaggi in bicicletta raccontati dettagliatamente sulle pagine del suo blog Cyclinginlove, ha deciso di diventare Guida Ambientale Escursionistica e, “zaino in spalla”, di accompagnare gli appassionati su e giù per le stupende vette del Friuli Venezia Giulia.

Ciao Manuela, parlaci un po’ di te e del tuo lavoro.
Ciao! Mi chiamo Manuela, classe 1991: da sempre appassionata di attività all’aria aperta e montagne, il percorso che ho affrontato per cominciare a trasformare le mie passioni in un lavoro è stato lungo e a tratti complicato, ma sempre stimolante. Il mio percorso di formazione mi ha portato a diventare prima psicologa: ho studiato in due città, Roma e Padova, senza legarmi a nessuna delle due. La prima vera svolta è arrivata nel 2019, anno in cui ho trovato lavoro in Friuli Venezia-Giulia e mi sono trasferita a Pordenone. A quell’epoca ancora non lo sapevo, ma il trasferimento sarebbe stato determinante per cominciare, finalmente, a vivere le mie passioni e iniziare il percorso di formazione per diventare guida ambientale escursionistica. Ad oggi, ho due lavori: dal lunedì al venerdì organizzo corsi per un grande ente formativo del FVG e nel fine settimana accompagno in natura le persone che si affidano alla mia guida.

Come si diventa guida, quali sono i requisiti?
Poiché riscontro tanta disinformazione in merito, colgo la domanda per spiegare brevemente a quali tipologie di guide possiamo rivolgerci quando siamo alla ricerca di un professionista che ci accompagni in natura. Parto dalla qualifica più difficile da conseguire, quella di guida alpina (GA). La GA accompagna i suoi clienti in arrampicate su roccia e su ghiaccio, escursioni scialpinistiche e canyoning. Di conseguenza, è autorizzato a utilizzare tutta una serie di attrezzature che alle altre guide sono interdette (ramponi, piccozze, corde, sci).
Premetto che, prima di iniziare il corso, l’aspirante GA deve essere già in grado di svolgere le attività sportive citate. C’è poi l’accompagnatore di media montagna (AMM). L’AMM, invece, accompagna i clienti in montagna, ma senza utilizzare tecniche e materiali alpinistici o frequentare ambienti innevati. La guida ambientale escursionistica (GAE) accompagna a piedi in ambienti naturali (anche innevati), sia assistendo a livello tecnico gli accompagnati, sia praticando attività di didattica, educazione ambientale e divulgazione degli aspetti naturali e antropologici dei territori attraversati. La differenza tra un AMM e una GAE è molto sottile e crea, purtroppo, accese discussioni tra i professionisti del settore. Da definizione, l’AMM fa prevalere l’aspetto atletico/sportivo di un trekking mentre una GAE quello divulgativo/educativo. Inoltre, un AMM accompagna prevalentemente o esclusivamente in ambito montano mentre la GAE opera in molteplici ambienti naturali (montagne, colline, pianura, mare).

Per tutte le tipologie di professionisti citati esistono specifici corsi di formazione, di durata variabile, che prevedono sia ore di teoria che di pratica. Specifico, infine, che gli aspiranti GA e AMM devono sostenere e superare una serie di prove teoriche e fisiche per accedere ai corsi, mentre una GAE accede a pagamento al corso di formazione. I requisiti per diventare una guida ambientale escursionistica sono i seguenti: avere la maggiore età; essere cittadino italiano o di altro Stato U.E. oppure di essere cittadino di altro stato extra comunitario, purché residente ufficialmente e stabilmente in Italia da almeno cinque anni; avere conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado; avere le condizioni psico-fisiche e di salute idonee allo svolgimento della professione.
Quali sono le categorie di persone che accompagni nelle tue uscite?
In quasi un anno e mezzo di attività mi è capitato di accompagnare in natura un target molto variegato di persone. Non ho ancora identificato il mio cliente tipo perché collaborando con due tour operator difficilmente accompagno sempre le stesse persone. Ho avuto adolescenti così come over 60 ma tendenzialmente ho individuato due tipologie di clientela: c’è chi si affida ad una guida animato dalla curiosità di approfondire le caratteristiche naturali dell’ambiente dell’’escursione e chi, invece, non è interessato all’aspetto divulgativo del trekking. Queste persone, non essendo in grado di pianificare in autonomia l’escursione, pagano il professionista per farsi accompagnare in sicurezza. In mezzo a questi due estremi? Mille sfumature di esigenze che una brava guida deve saper cogliere e alle quali deve saper adattare l’escursione. Non a caso, ritengo che oltre alla preparazione fisica e culturale, una brava GAE deve mettere nello zaino anche un’abbondante dose di flessibilità.

Cosa noti nel loro rapporto con la montagna e soprattutto con i limiti e i sacrifici che la montagna chiede?
È spiacevole da constatare, ma in quasi tutte le escursioni noto spesso una mancanza di consapevolezza dei rischi e dei pericoli che l’attività in montagna (così come in qualsiasi altro ambiente naturale) implica. Dalla mancanza di equipaggiamento adeguato (nonostante le raccomandazioni che noi guide diamo con abbondante anticipo!) alla sopravvalutazione delle proprie capacità fisiche (che spinge le persone ad iscriversi a trekking superiori alla propria portata). Proprio per questi motivi, nonostante io ci tenga molto a stabilire un clima rilassato in escursione, dedico molto spazio alla divulgazione delle basilari regole che bisogna conoscere per pianificare e svolgere un’escursione in sicurezza. Richiamando il discorso sulla flessibilità, se un cliente va in affanno, mostra insicurezza nell’affrontare un passaggio o manifesta qualsiasi altro tipo di problema, sta a noi guide gestire la situazione nel migliore dei modi sia per il singolo che per il gruppo. A questo scopo, a mio parere, il corso non basta: occorre, di base, mantenere la calma e trasmettere sicurezza e queste non sono cose che si imparano se non vi si è portati di carattere.
Passiamo ora alla montagna: come sta cambiando?
Sia da assidua frequentatrice di montagne, bivacchi e rifugi che da guida ambientale escursionistica, non posso fare a meno di riflettere sul grande cambiamento che ha interessato la montagna dal COVID in poi. Dopo lunghi mesi trascorsi al chiuso, si è verificata una vera e propria esplosione di persone che frequentano la montagna. Di per sé questa non è una cosa negativa, anzi: molte destinazioni dell’arco alpino vivono di turismo montano. Il lato negativo di questo cambiamento, a mio parere, è l’aumento delle presenze in zone che già prima erano congestionate (cito a scopo esemplificativo la zona delle Tre Cime di Lavaredo, i passi dolomitici del Gruppo del Sella o la conca ampezzana). Un importante contributo che noi guide possiamo dare è proporre itinerari meno gettonati: esistono centinaia di percorsi poco battuti e altrettanti spettacolari che non hanno nulla da invidiare ai soliti scenari con cui i media e i social ci bombardano.

E il rapporto con le comunità locali?
In riferimento a quelle del FVG (che cito perché conosco e frequento) ho sempre riscontrato molta ospitalità anche se a volte questa è celata da un velo di iniziale diffidenza e chiusura verso chi viene da fuori. Esplorando la regione ho notato che questo velo ha differenti spessori: ad esempio è più sottile nelle zone della regione che confinano con il Veneto ed è molto più spesso in Carnia, area caratterizzata da valli e montagne che per decenni sono rimaste isolate e autosufficienti. In questi territori è importante entrare in punta di piedi e non avere fretta: portare rispetto e avere pazienza, alla lunga, pagano.
Prima hai detto che molte destinazioni dell’arco alpino vivono da sempre di turismo. Questo comporta un supporto da Enti del Terzo Settore o Istituzioni per agevolare questo turismo?
Per adesso non ho ancora avuto modo di collaborare con enti turistici regionali per la promozione delle mie proposte quindi non sarei in grado di fornire una panoramica adeguata su questo aspetto. Quello che sicuramente noto da fuori è molta frammentazione: singoli o gruppi di guide, iscritte alla stessa o a diverse associazioni di settore, lavorano per conto proprio cercando i clienti in autonomia. Questo può generare confusione soprattutto per i turisti o per i clienti occasionali che non hanno una guida di riferimento e soprattutto non hanno un luogo (virtuale o reale) dove consultare il programma delle escursioni a cui è possibile partecipare durante il proprio soggiorno. Questa lacuna sarebbe facilmente risolvibile con un sito web che ospiti l’elenco delle guide attive in regione con le relative proposte escursionistiche ed eventuali punti di appoggio convenzionati per i pernottamenti.

L’Italia è un Paese ricco di offerte turistiche. Tu come lo vedi il turismo montano? Quali prospettive e quali limiti?
A mio avviso, il turismo montano presenta tante potenzialità per i professionisti dell’accompagnamento in natura che sono consapevoli della delicatezza e delle particolarità degli ambienti in cui operano. L’ambiente è infatti in continuo mutamento: ne sono un esempio gli ultimi inverni che stiamo vivendo, che sono sempre più miti e durante i quali la quota neve è sempre più alta. I cambiamenti climatici richiedono a noi guide flessibilità e preparazione: flessibilità perchè le escursioni che magari un tempo vendevamo come “ciaspolate” non sono più tali. Preparazione perchè occorre proporre alla clientela nuovi itinerari che siano sempre sicuri, anche in ambienti dove il clima cambia velocemente oppure, in inverno, dove non si puó fare affidamento su un solido manto nevoso.

Una brava guida deve accompagnare in ambiente ma anche educare all’ambiente: è importante far capire ai propri clienti che, per quel giorno, in natura siamo ospiti. Aggiungo, a questo proposito, che un altro argomento di cui amo parlare in escursione è il tema del disturbo in natura: mi piace far riflettere i miei accompagnati sul fatto che ogni attività umana in ambiente naturale arreca disturbo e altera l’ambiente, dall’impronta dei nostri scarponi ai rumori e agli odori che lasciamo camminando. Personalmente educo a lasciare un impatto minimo, organizzando ad esempio trekking lontani dalle zone che so essere frequentate da animali selvaggi o popolate da flora a rischio. I limiti dobbiamo imporli noi guide affinché, in natura, l’uomo non si senta padrone di ciò che lo circonda come invece tende a fare in contesti antropizzati.