Rita Levi Montalcini spiegò nei “due cervelli” la causa di tante deflagrazioni sociali

Non possiamo non pensare a quella piccola grande donna, quando ci chiediamo perché ogni giorno, ogni ora, si consumano tanti di quei delitti, tante efferatezze contro la persona e, oggi come ieri, contro il genere umano. Siamo usciti “fuori di testa”, è il commento istintivo sulla bocca di tutti, in questo momento particolarmente critico dell’esistenza umana. E la voce popolare non si discosta poi tanto dalle ragioni scientifiche.
Rita Levi Montalcini ha cercato per trent’anni una risposta a certi comportamenti dell’uomo studiandone il cervello, proprio la sua “testa”. E da donna caparbia qual’era, riuscì a scoprire negli anni ’50 una “proteina”, un segnale decisivo nello sviluppo del sistema nervoso dei vertebrati. Fu quel “Nerve Grouth Factor” o “Fattore di Crescita Nervoso”, che le valse nel 1986 il Premio Nobel per la medicina insieme allo statunitense Stanley Cohen.
Con le sue ricerche sulle fibre nervose del cervello, la scienziata ci ha indicato la via maestra per comprendere e migliorare l’uomo, offrendoci la prima pietra per ulteriori studi volti al “controllo” di quella nostra componente emotiva che è causa di tante deflagrazioni sociali. “Riuscire a controllare quella parte del cervello sarebbe un grande traguardo dell’umanità “, sosteneva la Montalcini.
I due cervelli
Sembra curioso ai profani, ma di cervelli ne abbiamo ben due. Noi non ce ne accorgiamo, ma ci stiamo coccolando ancora il primo, quello più vecchio, il “cervello arcaico” che, da tre milioni di anni fa ad oggi, non si è mai evoluto: un cervello di piccole dimensioni ma di una forza straordinaria, tale da rappresentare il “deus ex machina” di tutte le nostre emozioni. Il cervello più giovane, quello “cognitivo”, sviluppatosi col linguaggio e la cultura, si trova nella neo-corteccia. La Montalcini era convinta che tutte le grandi tragedie dell’umanità si sono consumate per il dominio della componente emotiva rispetto a quella cognitiva.
I giovani di oggi – ci disse – si illudono di essere pensanti, ma il cervello arcaico, maligno, maschera la propria azione dietro il linguaggio e la comunicazione , mimando quella del cervello cognitivo.
“Il cervello arcaico ha salvato l’australopiteco, ma porterà l’homo sapiens all’estinzione”, un pensiero della Montalcini divenuto un aforisma dal sapore futurologico.
La ricerca in Italia
La Montalcini credeva fermamente che il progresso di un Paese è la continua capacità di indagine e di ricerca. Nel 2002 attuò questo suo forte desiderio con la fondazione dell’E.B.R.I. (European Brain Research Institute), con sede in Roma, ente senza scopo di lucro, libero dalle logiche che regolano gran parte delle ricerche in Italia, il quale si avvale di ottimi ricercatori, promuovendo soprattutto il rientro di quei “cervelli” fuggiti all’estero dal nostro Paese privo di occasioni nel settore della ricerca.
In realtà, la scoperta del Premio Nobel continua ad essere oggetto di studi e ricerche per la cura della SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e dell’ alzheimer, nonché applicata per la cura di malattie rare dell’occhio come la cheratite neurotrofica, patologia attualmente non curabile, ma che la potenziale efficacia delle molecole di rhNGF trova nella ricerca presso certi istituti italiani una speranza di ragionevole recupero.
Il Governo ha firmato nel luglio scorso un Contratto di sviluppo nazionale a sostegno di 24 progetti strategici di investimento, con stanziamenti piuttosto significativi a favore di quegli istituti farmaceutici come la Dompè e la Sanofi Aventis in Abruzzo, ritenuti importanti poli di ricerca e sviluppo sociale su quel territorio.
Elogio dell’imperfezione
L’importanza della ricerca occupò la vita intera della Montalcini, come si evince da alcuni passaggi della sua tesina autobiografica “Elogio dell’imperfezione”.
E’ certo che – era il suo pensiero – i totalitarismi, le dittature, i fondamentalismi hanno sempre fatto appello alle pulsioni arcaiche dell’uomo, strumentalizzandole. E’ il cervello della neo-corteccia che deve prendere il comando su quello arcaico per controllare la fase emotiva e primitiva del comportamento. L’unico vero antidoto a tutto ciò è la cultura, la conoscenza.
E ribadiva quel concetto di libertà a lei tanto caro, laddove “ Non si può mettere un lucchetto al cervello dell’uomo”, con la pregiudiziale “Se poi le ricerche di uno scienziato vengono mal utilizzate da interesse politici, egli non può saperlo a priori”.
Angela Grazia Arcuri
26 agosto 2014