Un buco nero di massa intermedia intercettato dal satellite Hubble

La controversa discussione sui buchi neri di massa intermedia raccoglie una nuova attestazione della loro esistenza con l’ultima scoperta del telescopio spaziale della NASA Hubble. La massa del buco in questione equivale ad almeno 50000 volte quella del nostro Sole, e si situa in un ammasso stellare molto denso, all’interno di un’altra galassia a circa 740 milioni di anni luce. Lo studio completo è stato pubblicato su Astrophysical Journal Letters.
La ricerca sui buchi neri intermedi
Nell’indagine e nella conoscenza dei buchi neri, di solito divisi tra quelli supermassicci (fino a miliardi di volte più del nostro sole) e quelli di massa solare (dovuti al collassamento di una stella su sé stessa), si sostiene e si è verificata l’esistenza di numerose altre tipologie presenti nell’Universo; tra questi, i buchi neri di massa intermedia (Imbh) rappresentano elementi di difficilissima comprensione, e non sono molti quelli che possiedono le caratteristiche adeguate per essere inclusi in questa categoria. Si collocano in una zona intermedia: minori dei buchi neri supermassicci, presenti nei nuclei delle grandi galassie, e maggiori rispetto ai buchi neri di massa stellare. Possiedono tipicamente una forza gravitazionale insufficiente ad inglobare con continuità la materia circostante, non divenendo mai enormi: tale è la ragione per cui sono più difficili da individuare.
Come accade in tutti i casi concernenti i buchi neri, la loro ricerca procede per esclusione, dal momento che la loro manifestazione fenomenica non comprende l’emissione di luce, ma paiono invisibili. L’ipotesi sulla loro formazione verte sulla costituzione dentro nubi stellari dense. L’individuazione di un buco nero di queste dimensioni avviene normalmente con l’osservazione del divoramento di una stella che vi transita vicino. Dacheng Lin (Università del New Hampshire), a capo del team della ricerca su questo buco nero, ha spiegato come il telescopio spaziale Hubble sia stato funzionale nella prosecuzione delle osservazioni X condotte da Chandra della Nasa e dalla missione Xmm-Newton dell’Esa.
Le ricerche attuali, tra cui quelle sostenute dai proficui risultati del progetto Virgo e LIGO e dalla loro scoperta di 20 buchi neri di massa stellare, si focalizzano sull’analisi delle onde gravitazionali presenti nell’Universo e generate dalla fusione dei buchi neri. D’altra parte, gli IMBH supporteranno sempre di più la ricostruzione e la conoscenza dell’evoluzione dei grandi buchi neri nel tempo; Natalie Webb, dell’Università di Tolosa, spiega che «studiare l’origine e l’evoluzione dei buchi neri di massa intermedia fornirà finalmente una risposta su come sono nati i buchi neri supermassicci, che troviamo nei centri delle galassie massicce».
La scoperta di un buco nero ai confini di un’altra galassia
Attraverso le osservazioni ai raggi X derivanti dalla distruzione di una stella, quindi dalla forza di gravità presente, è stato possibile, per il team di ricerca, osservare la produzione totale di energia di questo buco nero e quantificare la massa del buco nero. Nel 2006 satelliti ad alta energia hanno captato un importante bagliore a raggi X; rimaneva oscuro se si trattasse dell’interno della nostra galassia. La riconduzione è stata associata ad una stella disintegrata a seguito dell’avvicinamento ad un oggetto con grande forza gravitazionale, compatto: un buco nero. Ma la sorgente 3Xmm J215022.4-055108 a raggi X non era situata al centro di una galassia (luogo dei tradizionali grandi buchi neri): da ciò l’ipotesi che si trattasse di un buco nero di massa intermedia. Dopo aver escluso che la sorgente di radiazione X potesse essere individuata in altra origine (come una stella di neutroni della nostra galassia). Il telescopio Hubble, direzionato verso la sorgente X, è stato in grado di restituire la posizione esatta del buco nero: si tratta di un ammasso stellare — forse il residuo di una galassia nana, di massa inferiore — ora situato ai confini di un’altra galassia che ha inglobato la precedente.
La ricerca procede alla scoperta di uno dei misteri più oscuri dell’Universo, ed è probabile che nei prossimi anni verranno rilevati sempre più IMBH, anche grazie all’incredibile progresso ottico degli strumenti disponibili.