TUNISIA: quando Habib Bourghiba ne fece un Paese laico

Avenue Habib Bourghiba è quel largo e lungo viale dove pulsa il cuore politico ed economico di Tunisi, dove l’incessante teoria di alberi spicca nel bianco lindore dei palazzi a ricordare il tipico modello di città afro- mediterranea.
Sorprende l’imponente Cathédrale Saint-Vincent-de-Paul all’inizio del viale. La chiesa ( consacrata nel 1897) testimonia, nel suo mix di stili architettonici che mediano il gusto europeo con quello middle-orientale , l’influenza cattolica del protettorato francese in Tunisia durato 75 anni ( 1881- 1956 ). Ma, dietro al viale, la Grande Moschea dell’Ulivo avverte della presenza di Allah. E’ quell’ “Allah hu-akbar ” il leit-motiv, la cantilena , il mantra che ti accompagna lungo i vicoli nascosti della Medina, che s’inerpica sui muri bianchi delle ville periferiche grondanti di bouganville, facendo da intermezzo alle sure (i versetti del Corano). E’ l’ora della preghiera, che gli stretti osservanti recitano cinque volte al giorno rivolti verso la Mecca e le ginocchia inchiodate sul piccolo tappeto chiamato proprio “di preghiera” .
L’aura religiosa si scontra con la secolarità quando poi ti immergi in quel viale Bourghiba, che parla occidentale nelle lucide vetrate dei negozi, negli eleganti cafè dove il tradizionale the alla menta viene alternato al drink alcolico o a un bicchiere di vino rosso di produzione tunisina. E la gente locale si mescola ai turisti nella pausa oziosa a tavolino o nel rito deambulatorio dello “struscio”, dove le giovani e combattive donne tunisine non hanno niente da invidiare alle europee.
Sono immagini emotive, restate intatte da quando, durante gli anni ’70 e oltre, avemmo modo di soggiornare a più riprese in questa terra soleggiata ed apprezzare la naturale generosità di questa gente, la loro familiare accoglienza, le frequentazioni con gli amici venuti dalla Francia o dal Belgio, la visione sulla spiaggia di Hammamet del regista Giuseppe Patroni Griffi durante una sua passeggiata solitaria. Allora, interessati soltanto dall’esotico e distratti sui problemi politici come la maggior parte dei giovani di quell’epoca, la Tunisia ci apparve un’ isola felice, oggi invece in preda ad accentuati fondamentalismi dopo la fine di Bourghiba.
Ed è sempre in questo viale a lui intitolato che si misura il termometro del Paese quando, negli ormai frequenti periodi di agitazioni politiche, si trasforma in un’omologa Piazza Tienanmen di Pechino o nella Piazza della Repubblica a Parigi oppure nella londinese Trafalgar Square o, ancora, nelle più intime piazze romane di S. Giovanni e Piazza del Popolo, per citare quei luoghi a noi più noti dove si sventola la bandiera dei diritti.

In questo particolare momento storico in cui le frange estremiste e distruttrici mussulmane hanno colpito la Francia, mettendo in pericolo il mondo intero, ci sembra opportuno ricordare un personaggio illuminato che i giovani e la maggior parte della gente non conosce, che in anni ormai andati volle imprimere una svolta alla Tunisia rendendola con le sue riforme un Paese mussulmano moderato, grazie alla sua permanenza in Francia in anni giovanili.
E’ indubbio che il protettorato francese abbia lasciato in quel Paese la sua bell’impronta di “finesse”, palpabile nell’aria e nei modi della gente, che coi turisti si esprime di preferenza in quella lingua francese simile al gorgoglio di un ruscello, ma anche in inglese o in spagnolo e tedesco, subendo l’influenza del continuo flusso turistico che è loro pane quotidiano.
Ma chi era e che fece Bourghiba? Andiamo per sintesi. Di nascita berbera (1901 o 1903), si laureò in diritto politico alla Sorbonne di Parigi, esercitando in Francia la professione forense. Ebbe due matrimoni e due divorzi, con una francese e una tunisina. Da giornalista oltre che politico, fondò a Tunisi il giornale laico L’Action Tunisienne. Fu prima esponente del Partito Dustur (trad. partito della costituzione) scisso poi in Neo-Dustur di più precisa ispirazione indipendentista. Già verso il 1938 erano iniziati i primi e violenti moti di indipendenza , dei quali Bourghiba si fece portabandiera.
Fu nel 1956 che infine la Francia ritirò il suo protettorato in Tunisia, nella linea pacifista voluta “ a tappe “ proprio da Bourghiba che in questo processo si mise sotto la guida della Francia . Nel 1957 venne proclamato Presidente della Repubblica Tunisina. Quindi, nel 1959, venne adottata la prima Costituzione repubblicana che confermò la natura laica dello Stato.
Le riforme
Grazie al CSP ( Code du Statut Personnel ), Bourghiba sostituì il divorzio al ripudio previsto dal Corano, proclamò la necessità di un’età minima e del reciproco consenso al matrimonio, abolì la poligamia, abolì i doveri di obbedienza della sposa, legalizzò l’aborto con norme che superavano quelle contemplate dalla Francia, vietò l’uso del “velo” alle ragazze nelle scuole, fu riconosciuto alla donna il diritto di voto. La donna veniva così a conquistare la sua autonomia, la sua identità e dignità umana.
Venne inoltre ridimensionato il potere dei capi religiosi, pur restando l’Islam religione di Stato. Anche nel settore giudiziario, venne posta fine all’influenza dei religiosi nella magistratura. Nelle azioni di governo, seppe dare la priorità alla salute e all’istruzione del popolo, abolendo il doppio regime tra scuola coranica e scuola di tipo occidentale. In politica estera, già 20 anni prima di Sadat, seguì la linea di avvicinamento ad Israele proponendo all’ONU la creazione di una federazione tra gli Stati arabi e lo Stato d’Israele.
Il declino di Bourghiba e della Tunisia
Gli ultimi anni di Bourghiba, morto nel 2000 alla soglia dei cento anni di vita, videro la lucidità dell’uomo cedere all’assalto della vecchiaia, portandolo a dei passi indietro verso la primitiva apertura nei confronti di Israele ed a quegli accordi di Camp David. Tunisi divenne sede della Lega Araba e poi dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Deposto nel 1987 per “senilità”, finì i suoi giorni a Monastir, suo luogo di nascita, con tutti i rispetti dovuti al suo rango.
Gli succedette come Presidente nel 1989 il suo primo Ministro Zine El-Abidine Ben Ali il quale, pur affermando di voler ereditare la linea democratica di Bourghiba, si rivelò insensibile verso le istanze sociali negando anche la libertà di stampa e di espressione. Fu un decennio di forte insoddisfazione popolare contro il suo regime, la corruzione, i clientelismi, la diffusa disoccupazione e il rincaro dei beni alimentari di prima necessità. Decennio culminato in quella primavera araba, la rivoluzione dei gelsomini che a fine 2010-11 si allargò a macchia d’olio sulle coste mediterranee, già terre fertili di rivolta contro gli autoritarismi. Il 14-1-2011 Ben Ali fu costretto alla fuga.
Ed è storia di oggi, una storia che vede in Tunisia un continuo alternarsi di uomini e vicende anche sanguinose, ma dove resta inserita la storia personale di un uomo, Habib Bourghiba, capace di regalare a quel suo popolo una parentesi di rinnovamento radicale, antesignano di principi libertari tra gli altri paesi arabi dell’area mediterranea.
Angela Grazia Arcuri
Roma, 21 gennaio 2015