I grandi gruppi imprenditoriali: la Gianni Agnelli SAPA

Costa Azzurra, fine anni cinquanta, un elicottero scende a pochi metri dall’acqua di fronte ad uno dei beach club più esclusivi della riviera monegasca. Il portellone si apre e un giovane torinese si tuffa in mare prima di raggiungere il locale a nuoto, dove una folla di corteggiatrici lo attende.
È Gianni Agnelli, classe 1921, che si gode la gioventù mentre il professore Vittorio Valletta gestisce la Fiat a seguito della morte del nonno ed in attesa che l’“Avvocato” sia pronto ad assumerne la presidenza. Ciò avverrà solo nel 1966, quando l’ormai ultraottantenne Valletta lo propone come nuovo Presidente e suo sostituto, riconsegnando il timone dell’impresa alla famiglia Agnelli.
Di lì a poco i tempi d’oro si trasformeranno in tempi duri, quando quello stesso elicottero sarà utilizzato solo dopo le prime sei o sette ore di lavoro, per fare una breve “pausa” sulle piste del Sestriere prima di tornare negli uffici di Torino. Già nella prima metà degli anni settanta, Gianni Agnelli dovette infatti affrontare la prima grande crisi della Fiat, la più grande dopo la Prima guerra mondiale. Non si fece tuttavia trovare impreparato.
Anzi, sfruttò l’occasione in modo sapiente per riorganizzare completamente l’assetto societario. Trasformò la Fiat S.p.A. da azienda industriale a holding. Sotto di essa tante sub-holding, una per ogni settore produttivo, alle quali saranno poi sottoposte le rispettive società operative. Il processo durò più di cinque anni e diede vita a quello che ancora oggi è parte dell’assetto organizzativo della Fiat: secondo molti la vera grande eredità lasciata da Gianni Agnelli e che fu poi emulata da numerosi imprenditori passati alla storia del nostro Paese.

Questa nuova organizzazione determinò un enorme efficientamento nella gestione quotidiana del gruppo Agnelli, composto da numerosissime società e molteplici linee di business, spesso con esigenze diverse e contrastanti.
Tramite questo schema di holding e sub-holding, l’Avvocato garantì inoltre al suo gruppo una notevole razionalizzazione sul piano sia fiscale che finanziario. Non è un caso, infatti, che proprio durante questo periodo si avvicina al presidente di Mediobanca Enrico Cuccia, noto faccendiere, ai tempi più noto a Wall-Street che in Italia, il quale lo aiuterà in numerose operazioni finanziarie oltreché nei rapporti politici.
Ma anche questo non basterà a superare la crisi e così l’Avvocato, nel 1976, dovette cedere quasi il 10% della Fiat alla libica LAFICO, banca controllata direttamente da Gheddafi. Questa scelta fu duramente criticata dai media e dai governi occidentali, anche se il socio libico aveva un ruolo di mero investitore e nessun controllo sulla gestione amministrativa, anche grazie all’assetto societario costituito negli anni precedenti.
Tuttavia, dieci anni dopo, quando la tensione tra Stati Uniti e Libia arrivò al culmine e i fornitori americani furono costretti a interrompere i rapporti con la Fiat, le quote cedute dovettero essere riacquistate da una delle holding “casseforti di famiglia”.
Anche questa operazione fu progettata con l’aiuto di Enrico Cuccia e vide coinvolte sia Mediobanca che la Deutsche Bank. L’anno successivo, nel 1987, Gianni Agnelli decide di blindare ulteriormente il controllo della Fiat da parte della famiglia, costituendo la Società in accomandita per azioni Giovanni Agnelli e mettendola a capo della costellazione di holding e sub-holding architettata negli anni precedenti.

Si delinea così lo schema di quello che ancora oggi rappresenta uno dei più grandi gruppi industriali del nostro Paese. In definitiva, tralasciando i vari cambi di residenza fiscale, le IPO, le acquisizioni e le fusioni con altri grandi gruppi intervenute negli anni, il gruppo così composto, sfruttando lo strumento della holding, ancora oggi riesce a godere di innumerevoli vantaggi sotto ogni punto di vista.
In questo modo, in pratica, i numerosi membri della famiglia Agnelli partecipano, sia direttamente come persone fisiche, sia indirettamente attraverso altre società (come nelcaso degli eredi dell’Avvocato che partecipano attraverso una società semplice), alla Giovanni Agnelli società in accomandita per azioni, la quale a sua volta detiene partecipazione nelle varie holding del gruppo – Exor, Stellantis, Ferrati, Juventus FC, The Economist e così via.
Ognuna di queste sub-holding, a sua volta, detiene numerose società operative, tutte con un ruolo ben preciso e che insieme coprono le diverse linee di business in cui il gruppo opera.
Così facendo, senza considerare gli aspetti fiscali e finanziari e calarci in discorsi troppo tecnici, da un punto di vista strettamente organizzativo, ancora oggi il gruppo nel suo insieme, grazie a quell’architettura disegnata più trenta anni fa, riesce a sfruttare le necessarie economie di scala richieste dai settori in cui opera senza tuttavia rinunciare alla flessibilità della piccola impresa.