“Ora basta!”. Un esempio di democrazia

Fin dalla sua nascita nell’Atene del V secolo l’idea di democrazia ha dovuto fare i conti con la critica che la vedeva come una oligarchia mascherata, un modo dei potenti di contendersi il favore del popolo disinteressandosi dei programmi. Il costituzionalista Zagrebelsky ci racconta di come già nell’Atene di quell’epoca Pericle e Cimone, nel contendersi i favori del popolo, offrissero soldi e cariche pubbliche ai cittadini. Erano coscienti di questo pericolo, facendo un grande salto cronologico, anche i padri fondatori degli Stati Uniti d’America. In particolare il quarto presidente, James Madison, nel decimo saggio del Federalista metteva in guardia il popolo dall’influenza nociva che le fazioni, gruppi di persone mosse da un interesse privato, potevano avere nel processo democratico. Sulla stessa scia, per citare un autore italiano, Gaetano Mosca nel 1884 scrive Teorica dei governi e governo parlamentare, notando come il governo del parlamento non agisse per il bene del popolo ma seguisse gli interessi delle lobby. Ai giorni nostri tale critica è diventata un campo di ricerca chiamato, tra gli esperti del settore, approccio realista alla democrazia. In effetti, da cittadini, spesso abbiamo l’impressione che nella società dello spettacolo il momento delle elezioni sia diventato una battaglia mediatica per il voto, più che un confronto argomentativo tra programmi diversi. Ma la situazione non è così tragica. L’approccio realista tralascia alcuni contenuti significativi della democrazia, in particolare le possibilità della democrazia ‘dal basso’. Tale approccio alla democrazia considera le possibilità reali delle idee degli individui di potere intervenire nel dibattito e nei meccanismi politici. Per difendere questo approccio tuttavia, non produrrò una argomentazione tradizionale bensì vi mostrerò un esempio di come, ai nostri giorni, essa sia qualcosa in più che un’idea.
Il fatto al quale mi riferisco riguarda il mondo dell’università italiana. Cercando di riassumere senza perdere i punti principali, si può dire che, in seguito a dei cambiamenti introdotti dal governo come il ‘Decreto autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica’ (Decreto Ava), il sistema universitario è stato gravato dall’aggiunta di infinite norme e procedure sempre più complesse. Ciò, insieme ad altre questioni, ha provocato la reazione di alcuni professori dell’università di Roma Tor Vergata. Essi, con un appello intitolato “Ora Basta!”, hanno proposto un ripensamento generale della generale ipertrofia burocratica portata dai recenti cambiamenti, in particolare la semplificazione del decreto Ava . All’appello, a cui hanno fatto seguito numerosi articoli e proposte, hanno aderito oltre al consiglio del corso di laurea triennale in filosofia di Roma Tor Vergata, i presidenti di corsi di studi di numerosi atenei (Parma, Padova, Pavia, Siena ecc…), la Conferenza delle Facoltà e Scuole di Medicina e Chirurgia e quaranta accademici dei Lincei. Il CUN (Consiglio Universitario Nazionale) e la Crui (Conferenza dei Rettori delle Università italiane), inoltre, si sono espressi per semplificare AVA. C’è stata poi un’interrogazione parlamentare su AVA a firma Nicoletti, Galli, Ghizzoni e la cosa ha destato l’attenzione e l’interesse dell’attuale ministro dell’istruzione Giannini. Insomma, per non dilungarci troppo, questa iniziativa ‘dal basso’ ha conquistato l’attenzione delle istituzioni.
A questo punto potrebbe essere mossa un’obiezione: l’appello “Ora Basta!” non rappresenta un esempio valido di democrazia ‘dal basso’, perché il tutto parte da professori universitari che ricoprono già un ruolo rilevante nella questione. Benché non priva di fondamento, non ritengo che questa obiezione invalidi il mio esempio. In primo luogo, i soggetti protagonisti di questa iniziativa hanno chiesto il contributo e l’attenzione di chiunque volesse contribuire (non solo agenti ‘istituzionali’ ma anche studenti, persone esterne). In secondo luogo, il mio obiettivo di mostrare come la democrazia, intesa come ‘processo democratico’, possa svilupparsi concretamente è avallato dalle numerose adesioni a questo appello. Esse sono un segnale molto forte di come dalle idee possa nascere un forte coinvolgimento e di come, da questo coinvolgimento, possa iniziare un cambiamento reale. In terzo luogo, l’uso di canali non solo ‘istituzionali’ come ad esempio i siti internet, da molti ritenuti il futuro della democrazia partecipativa, sottolineano il carattere popolare (non mi si fraintenda su questo aggettivo) di questo appello.
Questo articolo, come spero sia emerso, non vuole in alcun modo produrre un giudizio in merito alla questione riportata. Il contenuto dell’appello è importante e merita di essere approfondito, a prescindere dal giudizio che se ne trarrà in conclusione. Ma ancora più significativo sarà il suo futuro, la sua capacità di influenzare un cambiamento reale, in un verso o nell’altro. In tal caso, i fautori di un approccio ‘realista’ alla democrazia avranno un esempio in più con il quale fare i conti.
Paolo Santori
17 giugno 2014