Piano Mattei. A che punto siamo?
Negli ultimi giorni il governo Meloni è entrato nel vivo dell’attuazione del Piano Mattei, per il quale, si evince dalla relazione inviata alle Camere, lo sforzo finanziario dell’Italia ammonterebbe a oltre 600 milioni di euro, da destinare ai primi progetti da realizzare per l’Africa. Il Piano Mattei è una strategia di politica energetica e diplomatica proposta dal governo italiano negli ultimi anni per migliorare e rafforzare le relazioni economiche e strategiche con i paesi del Mediterraneo e dell’Africa. Prende il nome da Enrico Mattei, storico presidente dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi).
Il Summit Italia-Africa di gennaio 2024 aveva sancito l’ufficializzazione delle direttrici di intervento su cui si regge il Piano – istruzione e formazione; salute; agricoltura; acqua ed energia – e l’annuncio dei primi progetti pilota in nove Paesi chiave – Algeria, Costa d’Avorio, Egitto, Etiopia, Kenya, Marocco, Mozambico, Repubblica del Congo e Tunisia – con la promessa di espanderli ad altri Stati africani secondo una logica incrementale. Il piano mira a promuovere partenariati equi e a creare opportunità economiche e sociali nei paesi partner, contribuendo anche alla stabilità regionale. Il documento sottolinea l’importanza di investimenti mirati e approcci integrati per massimizzare i benefici condivisi.
Tra le 22 schede di progetti, c’è lo sviluppo del “Corridoio di Lobito”, la nuova connessione ferroviaria tra l’Angola e la regione mineraria del rame in Zambia, ma anche il progetto in Kenya per l’ampliamento della produzione di olio vegetale per biocarburanti avanzati, il cui esecutore è Eni Kenya in partenariato con il Ministero dell’Agricoltura locale: è finanziato con 71 milioni dal Fondo italiano per il clima, amplificando un finanziamento di 128 milioni dell’International Finance Corporation (Banca Mondiale), per un pacchetto complessivo di circa 200 milioni.
Il FIC è destinato a finanziare progetti volti a contrastare il cambiamento climatico, con un focus equamente ripartito tra la dimensione della mitigazione e quella dell’adattamento; come confermato da Meloni in sede COP28, esso sarà destinato per il 70% proprio al continente africano. Date le ampie finalità del Piano Mattei e la mancanza di chiarezza sui criteri di scelta dei progetti finanziati dal FIC, vi è timore che queste risorse possano essere deviate verso iniziative che non contribuiscono direttamente alla riduzione delle emissioni di gas serra o all’adattamento ai cambiamenti climatici.
La creazione di “valore aggiunto” per le popolazioni africane, eretta a criterio generale di intervento del Piano, dovrebbe portare al superamento di un modello relazionale basato sul dualismo tra chi detiene le risorse (i Paesi africani) e chi, come l’Italia e altri Paesi europei, ha sinora sostanzialmente mirato ad appropriarsene, e detiene i fondi e tecnologiche per trasformarle. Ad oggi, tuttavia, sembrano esserci poche certezze riguardo all’effettiva creazione di valore aggiunto per le comunità locali di alcuni progetti coinvolti nel Piano, tra cui l’iniziativa portata avanti da Eni in Kenya per espandere la produzione e la lavorazione di biocarburanti avanzati. Un progetto il cui ruolo rispetto alla decarbonizzazione e agli impatti socioeconomici sull’economia locale e popolazione keniota ha sollevato numerosi dubbi.
A tal proposito, la trasparenza e la rendicontazione periodica saranno elementi fondamentali per garantire la credibilità e l’efficacia del Piano. Un monitoraggio continuo è cruciale non solo per valutare l’impatto dei progetti finanziati, ma anche per assicurarsi che le risorse vengano utilizzate in modo ottimale e in linea con gli obiettivi dichiarati del Piano. La trasparenza può aiutare a chiarire il processo decisionale alla base della selezione dei progetti, fornendo un quadro chiaro su come e perché determinate iniziative siano state privilegiate rispetto ad altre. In secondo luogo, offre un mezzo per valutare l’efficacia dei progetti in termini di impatti economici, sociali e ambientali, sia per i Paesi africani sia per l’Italia. Non da ultimo, la trasparenza nella gestione dei fondi pubblici è essenziale per prevenire possibili conflitti di interesse e garantire che i finanziamenti siano destinati a progetti che rispettino rigorosi criteri di sostenibilità e inclusività.