La Svizzera è felice e sa di esserlo

Esiste la storia e la narrazione della storia. Una riflessione che descrive appieno il nuovo libro di Maurizio Binaghi “La Svizzera è un paese neutrale (e felice)”, Editori Laterza, presentato ieri presso l’Ambasciata Svizzera a Roma. Con la mediazione dell’Ambasciatore di Svizzera in Italia Roberto Balzaretti, l’autore ha portato in sala la ricchezza di un Paese che “non è mai nato, ma è stato costruito” da un discorso nazionale che si è strutturato secolo dopo secolo.
Dal milleduecento ai giorni nostri, l’incontro ha ripercorso il mito della fondazione, il mito della separazione dei cantoni e soprattutto il mito dietro al segreto che lo rende un Paese così felice. Di fatto la Svizzera e gli svizzeri sono felici e sanno di esserlo. Il motivo? Aver scelto la neutralità non come scopo o disposizione costituzionale, ma aver fatto della neutralità una massima di politica estera e una aspetto identitario che vale in guerra quanto in tempo di pace.
Non avere partito è far parte per tutti
Come è possibile che si parli ancora di neutralità quando di fatto la guerra non esiste? E soprattutto quanto è attuale il dover prendere un partito ora che il discorso politico europeo si pregna di parole come “ombrello nucleare” e “riarmo”. La Svizzera risponde così: senza guerre non esiste neutralità. Si è neutrali finché esiste la guerra nel mondo. Questo ci insegna che il tentativo del diritto umanitario internazionale di abolire la guerra come modalità di risoluzione dei conflitti non funziona più.
“Siamo come il sano che va a visitare il malato. Dobbiamo sentirci in colpa del fatto di essere sani. Un modo per partecipare alla storia anche da neutrali” e sintomo di una postura rinnovata del Paese. Un valore intrinseco all’essere svizzeri che passa per la messa in discussione, ora che la guerra nucleare c’è e fa la sua comparsa nelle dinamiche mondiali, di una politica di sicurezza che adesso si orienta più verso l’apertura politica a collaborazione con enti più grandi. Idea probabilmente impensabile a livello strutturale per la Svizzera, ma necessaria per la trasformazione dell’interesse nazionale in interesse generale che la guerra non si istauri affatto.
Siate più come gli Svizzeri verrebbe da dire: scettici ad appartenere al Vecchio Continente, essendo comunque così tanto europei. Maurizio Binaghi descrive un Paese che non ha vinto e non ha perso nei due grandi conflitti mondiali, che non ha un esercito, ma è un esercito e che soprattutto ha giovato dell’essere rimasto neutrale e da cui ancora deriva la sua forza nazionale.
Maurizio Binaghi
Nato nel 1972, Maurizio Binaghi ha studiato Storia moderna e contemporanea all’Università di Friburgo (Svizzera). Dopo la laurea, ottenuta nel 1997, ha svolto l’attività di assistente presso la cattedra di storia contemporanea della stessa università. I suoi studi si concentrano sulla storia dell’Età contemporanea, sulla storia svizzera e sul tema del diritto d’asilo tra Otto e Novecento.
Ha svolto il ruolo di docente di Didattica della storia al Dipartimento Formazione e Apprendimento della SUPSI e attualmente insegna Storia e Civica al Liceo Cantonale di Lugano 1. Dal mese di settembre 2015 è anche esperto per l’insegnamento della storia nelle Scuole dell’obbligo del Canton Ticino.
E’ presidente dell’Associazione ticinese degli insegnanti di storia e redattore esterno del Dizionario Storico della Svizzera e del Dizionario biografico degli anarchici italiani. Collabora salturiamente con la RSI Radiotelevisione svizzera di lingua italiana e con alcuni giornali ticinesi.