Il tramonto poco impattante della DDR visto con gli occhi di un ragazzo

Eravamo come fratelli di Daniel Schulz e edito da Bee Edizioni risponde a una serie di domande: da dove vengono questa brutalità? Questo odio? E questa rabbia? Da dove, invece, questo fuggire, nascondersi, dissimulare? Il romanzo del giornalista investigativo tedesco è importante perché inquadra decenni dopo la caduta del comunismo e la riunificazione tedesca delle tematiche fondanti per non perdere la bussola democratica del nostro tempo. Schulz è profondamente sincero, di assoluta autenticità. Descrive e dipinge un ritratto delle origini della xenofobia e dellʼestremismo di destra senza mai citarle direttamente ma analizzando gli episodi fattuali rispetto all’asettico catalogo storico e cronologico che avrebbe asciugato troppo il racconto e lo avrebbe declinato sicuramente in modo più freddo e distaccato.
Schulz sembra parlare di sé, con una prima persona che non si svela mai del tutto e una prosa dal ritmo importante. Le quasi trecento pagine, infatti, non pesano, soprattutto perché intervallate da capitoli brevi e d’impatto. Ad ogni modo, le criticità sono presenti: una mancata narrazione che facesse più attenzione ai particolari, una non sempre troppo chiara e lineare presentazione dei personaggi, alcuni di questi eccessivamente macchiettistici in un panorama che invece pecca di realismo e attualità. Il colosso Ddr sembra un universo altro, appartenente ad un mondo che fu o, peggio, inventato. Più che delle criticità, potremmo parlare di brevi ma importanti paletti narrativi che non aiutano l’intera fruizione del lavoro che, comunque – e si nota – raggiunge in alcune parti una emotività crescente non da sottovalutare.
La conclusione del racconto non lascia quel tuffo al cuore che forse voleva fornire, con delle buone intuizioni e intenzioni ma svolte in maniera elementare. La descrizione del personaggio-cardine che scaturisce dal libro risulta quindi pressapochista, non analizzando il centro dell’origine del problema. La vita di questo ragazzo, che non si ritrova più in una dimensione senza tempo pseudo-socialista, è fine a se stessa e non riesce a far ragionare il fruitore del libro sull’estrema crisi di identità che sta vivendo tutt’oggi una nazione come quella tedesca che, dalla dipartita del sistema a blocchi, era la più veloce locomotiva d’Europa.