Taiwan, l’isola al centro dello scacchiere mondiale
Il lavoro di Gabellini era di quelli complicati: rendere tangibile una storia frastagliata, ricca di difficoltà, quella di Taiwan. L’isola al centro dello scacchiere non solo asiatico ma anche mondiale ha una storia affascinante, composta da una quantità di sfaccettature e simboli che anche solo sforzandosi di ricordarne qualcuno si farebbe un torto agli altri caduti nel dimenticatoio della memoria. E allora Gabellini, con maestria, riesce a districarsi entro queste trame complicate, portando il lettore alla comprensione della genesi delle nuove tensioni nell’area del Pacifico. Per utilizzare le parole di Fabio Massimo Parenti – che ha prefato il libro – si analizza un problema complesso come quello taiwanese arrivando a destinazione (i giorni nostri) partendo da molto lontano.
Ci sono cenni giurisprudenziali che non stonano e la ricerca è di qualità. Importante che due anni fa sempre Gabellini ci abbia dato modo di riflettere sull’egemonia statunitense con il suo saggio “Dottrina Monroe” che ha non pochi collegamenti, anche indiretti, con questo altro focus sull’isola più importante del Pacifico.
Si tratta di un vero e proprio affaire Taiwan, che ci permette di riflettere sull’ascesa della Repubblica cinese nella sua interezza e di interrogarsi se abbia senso preoccuparci di questo gigante in ascesa.
Il quinto capitolo è il più accurato in questo: il pivot asiatico dà modo di avere una visione quanto più a 360 gradi sulla questione, portando sulla scena anche l’esempio diverso di Hong Kong. Con un occhio sempre attento verso il conflitto ucraino-russo, la critica di Gabellini al Vecchio mondo occidentale è chiara, rea di assurgersi a paladina della giustizia, non riesce a gestire in modo consapevole i conflitti (di ogni genere) che si instaurano giusto poco fuori le porte di casa.
Un libro da avere nello scaffale, che ci tornerà ancora molto più utile per il futuro. Quello prossimo.