Gesù e i rivoluzionari del suo tempo di Oscar Cullman
È il 1970, da poco si è concluso l’aggiornamento del Concilio Vaticano II e l’intero mondo intellettuale europeo rincorre i fenomeni politicamente rivoluzionari delle piazze, delle università e del mondo post-coloniale. Oscar Cullman, teologo protestante francese, pubblica una chiamata all’ordine. Gesù e i rivoluzionari del suo tempo, casa editrice Morcelliana indaga con perizia storica le interazioni di Gesù con i movimenti politici ed ideologici del suo mondo. Tra le righe dei Vangeli, con una certosina analisi esegetica, Cullman ricostruisce l’originalità politica del messaggio del Cristo quaranta anni prima che i Romani distruggano il tempio di Gerusalemme, ovvero prima che il sottobosco rivoluzionario del mondo giudaico divampi in fiamme travolgenti.
La storia
La Palestina di Gesù era in subbuglio. L’occupazione romana era pesante, e le autorità collaborazioniste di Erode e dei sacerdoti si trovavano in una posizione moralmente difficile. Nella popolazione cresce un desiderio di rivoluzione politica e religiosa, violenta, definita come movimento Zelota e dei Sicari. Il problema dello zelotismo compare costantemente nei Vangeli, ne compongono il contesto sociologico. Cosa pensava Cristo degli zeloti? Era lui stesso uno di loro, e li reclutava? O era piuttosto un connivente con l’autorità romana? A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio… Questo motto ha posto le fondamenta di secoli di pensiero politico cristiano, e apre di certo una voragine interpretativa sull’argomento in questione.
I contemporanei di Cullman amavano definire Gesù come un rivoluzionario, applicando categorie a loro contemporanee in un mondo troppo diverso e lontano. La conclusione cui giunge Cullman nel suo saggio è una terza strada, capace di incorporare la complessità della realtà storica e religiosa. Da Gesù e i rivoluzionari del suo tempo emerge un Gesù pragmatico, anti-conformista e realmente sacrificatosi per il suo messaggio – una risorsa tanto per il XX che per il XXI secolo.
L’autore
Oscar Cullman è un esploratore delle terre di mezzo. Cerca di cucire assieme idee e culture che, generalmente, si possono considerare opposte ed in conflitto. È difatti dedito all’esegesi biblica, un esercizio di difficilissimo equilibrismo: lavorare filologicamente e storicamente sull’Antico e Nuovo Testamento, quindi analizzare il testo e il suo messaggio secondo criteri scientifici e materiali, essendo però un teologo credente, quindi ritenendo sacro il Testo e la dimensione spazio-temporale del Cristianesimo come unica e veridica. Gesù e i rivoluzionari del suo tempo ha una visione ben precisa in merito. Storicizzare gli eventi e la vita di Cristo avrebbe l’effetto non di relativizzarle, ma anzi di chiarire i fatti e quindi renderli attuali. “Il risultato storico deve creare per noi la base che sola potrà metterci in grado di porre in termini corretti il problema, da affrontare ulteriormente, di capire in che modo, nel rispetto dello spirito del Cristo, i fatti e le parole del Vangelo potrebbero essere resi fecondi per il nostro tempo, anche se noi non attendiamo la fine del mondo in un immediato futuro.
”Questa citazione fa sorgere il dubbio che Cullman interpreti la testimonianza di Gesù come quella di un maestro o filosofo, e non come Dio stesso. A sua volta la citazione ci dona la risposta: la chiave sta nel il pensiero escatologico. La convinzione che la vita dovesse essere costruita seguendo la prospettiva di una vicina fine del mondo, e di una vita dopo la morte spiritualmente superiore a quella terrena, era diffusissimo nel mondo intellettuale del Mediterraneo Orientale antico. Cullman dedicò una parte sostanziale del suo lavoro a definire l’escatologia cristiana, donandole tanto concretezza storica quanto forza teleologica e ideale. A 44 anni dall’ultima edizione italiana, la proposta di Morcelliana si inserisce nell’attualissimo dibattito che vuole ritrovare un posto al sacro nella nostra cultura – partendo dai nostri stessi strumenti critici.
Articolo a cura di Alessandro Iurato