Una primizia della casa editrice “il Palindromo”
La casa editrice palermitana il Palindromo aggiunge una nuova corda al proprio arco, e la collana I tre sedili deserti vanta tra le sue primizie il capolavoro gallese, onirico quanto icastico, di Arthur Machen (pseudonimo di Arthur Llewelyn Jones, 1863-1947), La collina dei sogni.
Pubblicato nel 1907, ma forse non giustamente valorizzato quanto i suoi insigni “avversari” letterari del calibro di Allan Poe, Mary Shelley, Robert Louis Stevenson, La collina dei sogni vide la luce nella sua prima edizione italiana nella metà degli anni Ottanta (per una casa editrice trentina), per poi, nel 2017, trovare uno spazio lusinghiero nella collezione letteraria de il Palindromo, in una minimalista ed accurata riedizione integrale.
La traduzione sempre fresca e modernissima, mai sbiadita, di Claudio De Nardi, che contiene e trattiene tutta l’intensità e la complessità della narrazione, è arricchita nella recente edizione da una pertinente prefazione di Gianfranco de Turris; nonché da alcuni interessanti, quanto importanti, lacerti dello stesso Machen (tra cui l’introduzione alla prima edizione americana), e una densa nota bibliografica dell’autore gallese, di nuovo curata dal traduttore originale.
Arthur Machen, “un grand génie inconnu”
Colpisce, soprattutto nella prefazione di de Turris, un’appropriata, quanto elegante, referenza meta-letteraria ad un altro capolavoro, letterario e filosofico, del duo francese Louis Pauwels e Jacques Bergier, Le matin des magiciens (la cui prima edizione è datata 1960, qui citata nella versione originale del 2019 edita da folio, ndr). Nel terzo paragrafo della seconda parte del volume, “Pourquoi nous allons citer un texte de Machen” (“Perché menzioniamo un testo di Machen”), la risposta è presto data: perché Machen è “un grand génie inconnu”. Si lascia ai lettori appassionati la possibilità di entrare in contatto, prima che nei capolavori, nella vita di quest’uomo definito “curioso” (curieux), che i due autori francesi preconizzano quasi come un veggente, intriso di premonizioni fumanti che riconducono a coincidenze magiche e nefaste, di cui i suoi romanzi diventano una prova tangibile e inconfutabile. Nato in un minuscolo villaggio gallese, comincia la sua carriera di scrittore come ogni scrittore di ogni tempo: squattrinato, privo di privilegi, con uno sconfinato e disperato sentimento di disincarnazione totale dalla società, in particolare da quella londinese che sente come ostile. La scrittura diventa dunque per Machen necessario materiale di evasione nel fantastico, e contemporaneamente perfetto specchio e personificazione della parte più recondita, sotterranea e misteriosa della collettività. Senza evitare la modernità e l’umano, Machen vi si infiltra sinuosamente, scovando in ogni oggetto, in ogni personalità, l’occulto, il messaggio, l’enigma recondito.
Eroe romantico, anti-eroe moderno
A differenza dell’eroe romantico puškiniano Evgenij Onegin, Lucian Taylor, protagonista de La collina dei sogni, potrebbe quasi definirsi un anti-eroe, o un eroe estremamente attuale, se non, addirittura, l’alter-ego dello stesso Machen. Colto, letterato, intellettuale e dandy, Lucian soffoca nella morsa inconsistente della vita in un piccolo paese del Galles. Si rifugia, anche lui, nella scrittura delirante, che lo porta a conoscere e creare un mondo onirico e fantastico, nel quale vive avventure selvagge. Tanto da far pensare, mutatis mutandis, al capolavoro letterario di un altro eccellente inglese William Morris, News from Nowhere, nel quale tuttavia il riferimento al passato è uno stratagemma per ripensare alternativamente il presente. Di entrambi, e soprattutto di Machen, si apprezza la componente descrittiva, che rimanda alle più visionarie allucinazioni pittoriche di Arnold Böcklin e di Johann Heinrich Füssli. Basti, a titolo esemplificativo, la prima breve e incisiva frase dell’incipit: “C’era un riverbero infuocato nel cielo, come se si fossero spalancate le porte di una gigantesca fornace”.
La profondità delle descrizioni dettagliate non ha nulla del vezzoso e vacuo vocabolario tipico della letteratura anglofona contemporanea; in Machen ogni parola, ogni oggetto è dinamico, assume una vita e una vitalità proprie, si anima nella mente e nelle visioni di Lucian Taylor, fino a diventare una parte imprescindibile della sua vita disincarnata, nonché un pretesto per affrontare le grandi sfide e i valori dell’esistenza. Escluso dagli uomini ma nell’umanità, Lucian si sposta a Londra, dove il suo vagabondare e il suo fantasticare raggiungeranno il parossismo, sommergendo ogni suo tentativo di riconnessione al reale.
La collina dei sogni ha, al contrario del suo tormentato personaggio, il taumaturgico potere di risuscitare nell’uomo emozioni e saperi negletti o dimenticati, invitando anche il lettore meno accorto ad una sintomatica esperienza di trasporto emotivo.