L’inestimabile “Triade capitolina” nell’ex convento dei frati di Guidonia-Montecelio

Un sorprendente Museo “open air”, accoccolato fra terra e cielo dentro le mura di un ex Convento. E’ il Museo Archeologico “Rodolfo Lanciani” sul Monte Albano, appendice paesaggistica del paese di Montecelio, accorpato nel 1937 in gemellaggio amministrativo a Guidonia, la città dell’aria.
Prima dell’unità d’Italia si chiamava Monticelli, quel borgo della terra cornicolana a due passi da Tivoli, che sorge appunto su due piccoli monti accostati l’uno all’altro, assai simili al dorso di un cammello. Su uno l’abitato del paese, sull’altro, denominato Monte Albano, l’ex Convento dei Frati Minori. Ed è qui che un tempo, durante la Settimana Santa, ci si inerpicava in processione per quel sentiero assai ripido e acciottolato, che pungeva sotto i piedi e che portava in cima a volute sempre più strette, soffermandosi per le rituali litanie ad ogni stazione della Via Crucis, posta man mano sul muro di clausura del Convento.
Oggi, la strada è asfaltata e sulla cima ci si arriva anche motorizzati se proprio non si vuol fare… penitenza. Una volta su, nell’ampio piazzale che circonda la Chiesa, l’aria cristallina allarga il respiro affannato dalle polvere sottili, facendosi complice di quell’urgenza di restituire all’uomo il suo spazio vitale in un ecosistema altamente compromesso. Lassù, si ritonifica il corpo e lo spirito, quando lo sguardo libero dal cemento può volare intorno a 360° abbracciando l’ampia vallata, punteggiata in un pittorico skyline dai cocuzzoli dei paesi limitrofi.
Quel bellissimo Complesso Monumentale di S. Michele Arcangelo oggi ha un altro volto. Costruito nel ‘700 in un minimale neobarocco confacente allo spirito francescano, attorno ad una iniziale chiesuola regalata ai Frati Minori Osservanti dal cittadino monticellese Marco Valenti, è rimasto a lungo fatiscente nell’incuria dei tempi seguiti al dopoguerra. Solo verso la fine del ’70 si è posta mano ad iniziali e necessarie opere di restauro per recuperare quanto danneggiato dalle bombe del periodo bellico. Fino ad oggi, quando più ferventi iniziative culturali al passo coi tempi e l’accresciuto interesse verso i valori del territorio, hanno fatto diventare il Complesso un intimo e significativo polo culturale della regione, custode di tesori archeologici appartenenti al vasto territorio attorno e oltre l’antica Tibur (1215 a.C.).
Infatti, l’ex Convento ha subito dal 2012 una radicale trasformazione, articolandosi tra il Museo Archeologico dedicato a Rodolfo Lanciani, archeologo, ingegnere e topografo nativo di Montecelio, e la ricca Biblioteca dotata di 5354 volumi.
Il piccolo Museo, ben curato nel suo lindore di atmosfera e silenzio francescani, si articola intorno al Chiostro con al centro il pozzo degli antichi Frati Minori e custodisce molti interessanti reperti provenienti dai territori dell’Etruria e dell’antico Lazio. Va detto che le visite al Museo vengono seguite ad opera di giovani studenti volontari del luogo e che il sito è stato dotato di telecamere di sorveglianza per i tesori in esso contenuti.
La Triade Capitolina dell’Inviolata
Fiore all’occhiello del Museo è la Triade Capitolina, di valore inestimabile. Rappresenta Giove, Giunone e Minerva, cari a quel culto tipicamene romano volto ad identificare la grandezza di Roma anche dal punto di vista religioso. E’ l’unica Triade quasi integrale ritrovata a Guidonia nel 1994 al Parco dell’Inviolata, dove ora sorge una discarica. Dopo il ritrovamento, la Triade subì alterne vicende. Fu infatti trafugata, poi in seguito recuperata dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri e conservata nel Museo Archeologico di Palestrina. La Triade è stata poi ricollocata nella sua legittima sede di Guidonia-Montecelio.
Il gruppo scultoreo, in marmo lunense, rappresenta le tre divinità sedute su un unico trono. Giove, al centro, con lo scettro nella sinistra ed un fascio di fulmini nella mano destra; alla sua sinistra Giunone velata, con diadema, scettro nella sinistra e ‘patera’ nella destra; alla sua destra Minerva con elmo corinzio, il braccio destro, mancante, che doveva essere sollevato per sostenere l’elmo. Tre piccole Vittorie alate incoronano le divinità, Giove con una corona di quercia, Giunone di petali di rosa, Minerva di alloro. Ai loro piedi gli animali della tradizione sacra: l’aquila, il pavone e la civetta. L’opera dovrebbe risalire all’età tardo-antonina ( 188 – 217 d.C.), epoca dell’ imperatore romano Caracalla (Marcus Aurelius Antoninus).
La Dott.ssa Maria Luisa Bruto, ora Conservatrice del Museo, archeologa esperta in topografia antica , nonché ex direttrice di musei dell’area laziale ed attiva collaboratrice dei Beni Culturali per progetti di scavi e ricerche anche a livello europeo, è stata invitata dall’Art Forum Wurth di Capena il 7 novembre scorso per una conferenza sul Museo Rodolfo Lanciani, allo scopo di divulgare le offerte culturali del territorio sabino.
L’Art Forum, che sorge in seno al Centro Logistico Wurth sulla Via Tiberina, è ben noto ai romani per le sue Mostre annuali di arte contemporanea europea. Da tempo, nell’ottica di un’illuminata filosofia aziendale, sta promuovendo numerosi eventi ed iniziative rivolte soprattutto ad indirizzare le nuove generazioni, fin dalla più giovane età, verso l’amore per la cultura umanistica e la conoscenza storica del proprio territorio.
Il Palazzo Baronale di Montecelio
Tra i motivi di richiamo in questo paese tiburtino, sembra doveroso soffermarci sul Palazzo Baronale di Montecelio. Indicato dai cartelli stradali come luogo di interesse storico, sorge all’entrata di Montecelio, sulla Piazza centrale davanti alla Chiesa di S. Giovanni Evangelista. Quel palazzotto, dalla facciata disadorna e assai rustica, in realtà rappresenta uno spaccato assai significativo del nostro patrimonio culturale.
Infatti fu Federico Cesi II, duca di Acquasparta e fondatore della gloriosa Accademia dei Lincei, a farlo costruire nel ‘600 eleggendolo a propria residenza, ove, dalle ampie arcate sul retro del palazzo, si erge il profilo del Monte Gennaro. E’ su quel monte, situato nel Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili, ricco di piante rare, che Federico Cesi, appassionato naturalista, compiva frequenti incursioni per i suoi studi botanici. Il nobile scienziato, noto come ‘Federico il Linceo’, non a caso aveva prescelto la ‘lince’ sullo stemma dell’Accademia. Quest’animale, infatti, dotato di straordinario acume visivo, sottolinea il profondo spirito di osservazione e di indagine con il quale i componenti dell’Accademia si dedicavano e si dedicano tuttora alle loro ricerche.
Dopo la morte di Federico nel 1630, il palazzo fu venduto ai Borghese, di cui resta lo stemma sul portale d’ingresso. Solo all’interno, sugli architravi delle porte del piano nobile, compariva la scritta di appartenenza a “Princ. Fed.Caesius March.II”. Per alterne vicende dopo il 1950, alcuni di quegli architravi sono stati trafugati.
Va specificato che il Palazzo Baronale, anch’esso colpito dagli eventi bellici, dopo un lungo abbandono fu sottoposto ad un importante restauro nel 1950 da parte di un privato nativo di Montecelio, il quale lo riportò all’antico splendore, conservando e valorizzando l’interno con ricchi arredi originali del ‘700. Il restauro viene attestato da una pubblicazione di capillare indagine storica sulla famiglia Cesi, scritta nel 1951 da Don Celestino Piccolini, scomparso intorno al ’60, archeologo e studioso, vanto di Montecelio.
In seguito, però, passato di proprietà, il Palazzo di tale rilevanza storica ha perduto la sua originarietà a scopi immobiliari. Infatti, è stata del tutto snaturata l’integrità della sua primitiva struttura interna con tramezzature che l’hanno suddivisa in appartamenti privati. Federico Zeri, uno dei più significativi critici d’arte italiani, ebbe ad esprimere il suo più profondo rammarico di fronte a tale operazione, che ne rende inaccessibile l’ingresso al potenziale turista.
Ora, la consapevolezza delle nuove generazioni locali si sta adoperando per la conservazione di quei piccoli siti culturali, come il Museo Lanciani, nel mirino dei tagli alla cultura. Spesso la miopia nella scelta delle priorità fa dimenticare che la cultura è il volano principale per la tanto invocata crescita del Paese, in quanto, proprio mantenendo viva la nostra memoria storica, si avverte l’urgenza di creare le premesse vincolanti per un futuro diverso, e migliore. “ Il progresso altro non è che il farsi storia delle utopie” ( Oscar Wilde ).
di Angela Grazia Arcuri
Roma, 11 novembre 2014.
Penelope, archeologia e dintorni
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Museo Archeologico Rodolfo Lanciani di Guidonia-Montecelio
Complesso Monumentale S. Michele Arcangelo – Monte Albano
Tel. 0774. 511053
Orario invernale: da mart. a ven. 10.00-17.00
sab. e dom.: 9.00-17.00