Il rock non è morto e c’è chi è messo peggio di noi, parola di Doug Aldrich

Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Doug Aldrich chitarrista dei The Dead Daisies in occasione dell’imminente uscita del loro quarto album “Burn it down” atteso per il 6 aprile.
I The Dead Daisies sono un gruppo hard and heavy formatosi nel 2012 intorno al chitarrista David Lowy che dopo alcuni cambi di formazione ha riunito una manciata di musicisti con grande esperienza nelle acque del rock ’n roll avendole in precedenza navigate in gruppi sostanziosi come Mötley Crüe, The Scream, Thin Lizzy e infine Dio e Whitesnake nel caso di Doug, chitarrista stimato a livello internazionale e uomo di genuina simpatia. “Burn it Down” arriva dopo “Make some Noise” e il live album “Live and Louder”, si ispira alle sonorità degli anni ’70 con pennellate più delicate e qualche rock ballad.
Doug ci parla con entusiasmo del lavoro dietro al disco ben riuscito grazie all’affiatamento della band e a David che quando è necessario fa rientrare tutti nei ranghi!
C’è ancora posto oggi per il genere hard and heavy oppure ormai raduna solo i nostalgici?
Direi che ha un posto eccome! Riunisce sempre tanti nostalgici ma appassiona anche altrettanti giovani e giovanissimi. Non potrebbe essere altrimenti! I miei bambini per esempio vanno matti per Mötley Crüe, Guns ’N Roses, Dead Daisies. Mia figlia ha due anni e quando ascolta “Rise Up” (uno dei due singoli che anticipa il nuovo disco) salta come un grillo! È un genere perfetto per esprimersi e sciogliere le tensioni. Logico, non è il mainstream, quello lo fanno Lady Gaga e Bruno Mars che tra l’altro mi piace tantissimo, ma vedo che ai nostri concerti arrivano tanti ragazzi e ragazze giovani che si appassionano al genere anche nel 2018.
È vero che hai una grande collezione di chitarre? Tra le più invidiate ci sono le tue Gibson Les Paul.
Si a casa ormai non ci stanno più! Penso sia arrivato il momento di darne via alcune per fare spazio ai libri di scuola dei bambini ! (ride)
Chi citeresti tra gli artisti che hanno avuto una forte influenza su di te?
Ho iniziato a suonare da piccolo appassionandomi a Jeff Beck, direi che da lui a Mariah Carey tutta la musica mi ha influenzato. Però per tecnica, stile e composizione Jimmy Page ricopre un posto speciale tra i tantissimi artisti che ora potrei citarti.
La scena musicale italiana risente molto del fenomeno talent show, che cosa ne pensi?
È molto dura e qui negli Stati Uniti siamo messi quasi peggio di voi tra talent show e reality sulle casalinghe di Beverly Hills che guarda mia moglie! Una volta almeno avevamo MTV, oggi non c’è più neanche quello quindi la musica che entra a contatto con il grande pubblico lo fa in formato talent. Ma in giro c’è ancora tanta voglia di suonare, bisogna solo assicurarsi la sopravvivenza della cultura rock così importante per la nostra storia. Non chiedo troppo, basterebbe anche un solo canale che trasmettesse le grandi band del passato per dare la possibilità a tutti di incuriosirsi e di conoscere cosa c’era prima dei talent show. Nell’attesa il mio consiglio è di supportare le band che suonano dal vivo, non importa grandi o piccole che siano. Andate ai Festival! In Europa ce ne sono un sacco che ti danno l’opportunità di conoscere anche dieci gruppi diversi in un solo giorno!
A proposito di concerti, The Dead Daisies saranno il 9 maggio al Live Music Club a Trezzo sull’Adda.
Sì, assicuratevi di esserci per un po’ di buon vino italiano e rock ’n roll kick-ass!