Ermal Meta a Sanremo con “Odio le favole”: perchè “C’è sempre una stronza di mezzo”

Il Festival di Sanremo si avvicina, abbiamo conosciuto quasi tutta la categoria delle Nuove Proposte, ci manca solo lui: Ermal Meta. Lo intervisto mentre sta montando dei mobili nel suo studio di registrazione di Milano. Ecco cosa ci ha raccontato tra viti, trapani e martelli.
“Odio le favole” è la canzone che porterai al Festival: chi è quella persona che ti manca ma lei non lo sa e a cui tu manchi ma tu non lo sai? Forse un amore in impossibile?
Si, è un amore impossibile a causa di una stronza.
Ah ma allora c’è una stronza di mezzo!
Ma ti pare? C’è sempre una stronza di mezzo! È una canzone che parla del tempo che guarisce le cose, la donna è una metafora per esprimere le tempeste di oggi che domani si trasformano in venti leggeri. Parla di una storia d’amore che ci sembrava qualcosa di incredibile ma quel che di incredibile c’era era tutto nella tua testa.
Di solito come scrivi le tue canzoni? Vai alla scrivania e spremi le meningi?
Le canzoni sono come la vita, è qualcosa che ti capita mentre stai facendo un’altra cosa. Stai pensando a tutt’altro e improvvisamente ti viene in mente qualcosa e la scrivi.
Oltre ad essere cantante e musicista porti avanti una prolifica attività di autore. Hai scritto canzoni per Patty Pravo, Francesco Renga, Francesco Sarcina, Emma Marrone, Marco Mengoni, Francesca Michielin e molti altri; come ti senti quando ascolti le tue parole cantante da qualcun altro?
Mi fa molto piacere. È una bellissima sensazione dar voce agli altri. I cantanti per cui ho scritto sono tutti amici, ci si incontra, ci si parla e poi si crea quell’humus interessante dal quale poi nascono le cose.
Fino al 2013 sei stato voce del gruppo indie rock La Fame di Camilla con cui hai partecipato anche a Sanremo 2010. Ha senso oggi parlare di musica indipendente?
Per me la musica è soltanto musica. Tutti quelli che vogliono incasellarla all’interno di generi e definizioni solo quelli che in un certo senso vogliono stuprarla. Per me la musica si divide tra musica bella e musica orribile. Oltre alla creatività ad un certo punto è una questione di oggettività: la musica è fatta di suoni che devo essere gradevoli quindi devi stare attendo a come li produci. Non sei indie se suoni male, se hai la chitarra scordata e quando canti nessuno ti capisce! Non sto dicendo che tutti gli indie italiani sono così, anzi ci sono fior fior di artisti che a me piacciono moltissimo come Dente, gli Afterhours, i Tre allegri ragazzi morti. Il problema sta nella confusione sulla parola Indie mista ad una certa mancanza di cultura musicale. La musica è come il mare: non ci sono strade, puoi andare dove vuoi senza sbagliare direzione, ma ovunque tu vada devi andarci con coscienza e soprattutto devi farlo bene!
Come sei cambiato rispetto a Sanremo 2010? Ti senti più cresciuto artisticamente?
Figurati, mi sento cambiato rispetto a ieri! Sono certamente più consapevole, non sono sicuro sul cresciuto! Tendo ad essere molto istintivo, non faccio le cose perché devo farle e questa cosa mi fa vivere a pieni polmoni la parola libertà in particolare la libertà creativa. Citando Chocolat, seguo il vento del nord!
Il 12 Febbraio uscirà il tuo album “Umano”, cosa ci hai messo di umano dentro?
Intanto c’è una canzone che si chiama “Umano”! Nell’album di umano c’è tutto, molte mie esperienze ed emozioni provate in questi anni. C’è cantautorato, elettronica, quartetti d’archi e fiati. Non ho paura di mischiare o di andare fuori genere. A me dei generi non me ne frega nulla, l’unico genere a me comprensibile è il genere umano.
Il disco è in crisi, oggi la gente ascolta tutto in formato digitale, cosa ne pensi?
Sono figlio degli anni 90! I CD per me vanno comprati. Non potrei fare altrimenti, per me sono dei veri e propri feticci, non posso concepire l’assenza. Bisogna avere anche Spotify e Youtube, ma questi non dovrebbero sostituire il formato fisico.
Viviamo un periodo storico di grandi migrazioni, tu sei arrivato in Italia dall’Albania quando eri piccolo quindi anche tu a tua volta sei stato migrante. Cosa diresti a quelle persone che hanno paura del diverso per timore di perdere la propria identità?
Chi ha paura del diverso ha paura di sé stesso. Tutto il mondo si fonda sui movimenti. Il movimento tiene in vita persino i pianeti. Persino la terra ferma ha emigrato quando la Pangea si è separata! Non si può pensare ad una vita statica, ad un sangue che non si rinnovi e soprattutto non bisogna usare le parole sbagliate come tolleranza. Tollerare è non accettare di buon grado, è una parola propagandistica da regime e io il regime l’ho visto. Non credo nemmeno nella parola integrazione ma credo nella parola rispetto e amore. Il rispetto porta alla conoscenza e la conoscenza porta all’amore. La tolleranza porta ad un’esplosione totale.
A Sanremo gareggi nella categoria Giovani, non ti senti un po’ navigato per questa categoria?
A me la categoria giovani non da alcun problema, anzi! Gli artisti non dovrebbero mai smettere di presentarsi come nuove proposte. È solo uscendo dalla comfort zone che escono le figate.
Se non fossi Ermal Meta musicista, cosa faresti?
Avrei fatto l’interprete. Lo sai che sono stato ad un passo dal lavorare per la Comunità Europea a Bruxelles?
Le donne della tua vita?
Le donne della mia vita sono Madre Teresa di Calcutta e assolutamente, irrimediabilmente mia madre che è tra l’altro una violinista di raro talento.
Allora, sei pronto o c’è un po’ di strizzetta?
Mi sento una strizzetta che non ti fai un’idea! Non si è mai abbastanza navigati per certi mari. Se ami veramente quella cosa, puoi essere anche abituato a farla ma non puoi smettere di avere la strizza! Se no la gente smetterebbe di fare l’amore!