Storia dell’Eurovision, un albo tutto al femminile
Eurovision, un albo al femminile
In attesa della prossima ed imminente festival internazionale Eurovision Song Contest (di cui abbiamo parlato in alcuni articoli precedenti, che si possono leggere qui e qui, ndr), ci siamo addentrati nell’albo delle storiche edizioni “al rosa”, ossia che hanno visto trionfare donne sul palco. Impresa non facilissima, visto che nei sessantasei anni – e, ad onor di precisione, sessantacinque edizioni – dalla nascita del Festival, le artiste, cantanti e interpreti che hanno ottenuto il massimo riconoscimento possono quasi contarsi sulle dita di due mani, confermando statisticamente una prevalenza di vittorie maschili.
A cominciare da Elisabeth Andreassen, detta Bettan, dalla duplice cittadinanza svedese e norvegese, che ha alternativamente partecipato a quattro edizioni tra la metà degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta, vincendo quella del 1985 con il duo femminile Bobbysocks e la canzone La det swinge.
La sfortuna di San Marino
Rappresentante per moltissimi anni (soprattutto i Duemila) della piccola Repubblica di San Marino, quest’anno scalzata dal fenomeno Achille Lauro, la cantante pop Valentina Monetta ha, per quasi ogni edizione, detenuto gli onori della cronaca per qualche “scandalo”: squalificata nel 2012 per la presentazione del brano Facebook oh oh, marchio depositato, recupera il posto in gara solo dopo un’autocensura e il cambiamento del titolo in The Social Network Song, evitando così una potenziale denuncia per lesione della proprietà intellettuale.
Tuttavia, nessuna delle partecipazioni della Monetta sembra aver colpito positivamente il pubblico, tanto che il suo passaggio all’Eurovision rimane, ancora oggi, una sorta di flebile scia.
La fortuna della Francia
Più fortunata, e sicuramente dotata, la giovanissima artista francese Barbara Pravi (Barbara Pievic, classe 1993): autrice, compositrice e interprete, paroliera anche per Florent Pagny, nonché femminista convinta e militante, trionfa comunque nel 2021 con un secondo posto dietro gli inarrestabili Maneskin. La sua Voilà permette alla Francia di ricollocarsi sul podio dell’Eurovision dopo molti anni di deludenti sconfitte.
La sua connazionale France Gall (scomparsa nel 2018) era riuscita ad ottenere la medaglia d’oro al festival europeo con la canzone Pupée de cire, poupée de son, scritta dall’immenso Serge Gainsbourg.
A soli diciassette anni, la giovane età della Gall faceva concorrenza alla nostra cadetta Gigliola Cinquetti che qualche anno prima, nel 1964, si presentava sul palco danese di Copenaghen con Non ho l’età, anche lei alla tenera età di diciassettte anni. Anche lei ottenne il primo posto; più matura, nel 1974, proseguiva la sua seconda partecipazione europea con Si, ottenendo però solo un secondo posto, classificandosi dietro gli Abba e la loro invincibile hit Waterloo.
Precoce anche la partecipazione di Céline Dion, che nel 1988, a soli vent’anni, vestiva i panni di ambasciatrice della Svizzera con un indimenticabile tailleur bianco, e lanciando la sua inarrestabile carriera canora con un primo posto, interpretando un’ormai dimenticata Ne partez pas sans moi.
Maruv, artista ucraina
Maruv, giovanissima stella ucraina (classe 1991), chiude, purtroppo tristemente, questa parziale classifica tutta al femminile con una esclusione politica di sconcertante attualità. Conosciuta ed apprezzata dal pubblico locale (e non solo) per le sue molteplici qualità musicali ed artistiche, dalla marcata ed inconfondibile poetica estetica e dai travolgenti ritmi danzanti, non ha potuto partecipare all’edizione 2019, per le crescenti tensioni tra Kiev e Mosca.