Le canzoni più belle (e insolite) dell’Eurovision
Una storia lunga sessantasei anni
Una lunga storia per l’Eurovision, che dal suo debutto nel 1956 non ha (quasi) mai perso l’occasione di mettere in risalto i talenti più o meno noti della scena continentale. Fatta eccezione per la pausa coatta del 2020 a causa dell’avvento della pandemia, che ne ha reso impossibile l’organizzazione, il song contest più celebre dell’Europa sta diventanto sempre di più un appuntamento attesissimo.
A circa un mese di distanza dalla prossima edizione torinese, quale migliore occasione per fare un tuffo nel passato musicale delle passate e recenti perle e disastri sonori che il festival ha sfornato nei suoi lunghi decenni di vita?
Dall’Italia con amore
L’elenco non può prescindere dal nostro mito nazionale, Domenico Modugno, che nel 1958 incanta la scena della kermesse con il suo successo planetario Nel blu dipinto di blu, ben più conosciuto per il suo ritornello “Volare, oh oh”; seguito, poco più di un decennio dopo, dalla delicata ma coriacea voce di Gigliola Cinquetti la quale, dopo il trionfo sanremese, si aggiudica di diritto un posto d’onore all’Eurovision con Non ho l’età, vincendo l’edizione del 1964.
Persino Toto Cutugno, all’apice della sua carriera tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, fu chiamato a rappresentare l’Italia e l’Europa interna con Insieme, una sorta di We are the world in salsa nazionale.
Trent’anni dopo, nel 1997, il fenomeno dei Jalisse, ancora oggi attuale per le recentissime polemiche sulla mancata, e per loro ingiusta, esclusione da Sanremo e dal panorama musicale italiano, con il suo imprescindibile tormentone Fiumi di parole travolgeva, quasi come un fiume in piena, la scena dell’Eurovision.
Negli ultimi decenni, con l’avvento degli anni Duemila, la scena musicale italiana ha subito sostanziali modifiche, pilotando anche il destino dell’appuntamento annuale europeo. Dal trio dei “tenorini” de Il Volo, la triade pop-lirica che nel 2015 ha incantato il pubblico internazionale con Grande Amore. Nel 2019, invece, è il potente Mahmood che con l’hip hop “melodico” di Soldi ruba prima la scena sanremese, poi quella di Tel Aviv. Ci riproverà anche quest’anno, a Torino, in compagnia di Blanco (e dell’autotune).
L’anno successivo, nel 2020, torna invece il pop di Diodato che con Fai rumore conquista il cuore del pubblico, nazionale e non; chiudono i Maneskin che stravolgono la scena interplanetaria con Zitti e buoni, sbaragliando ogni timido tentativo di concorrenza.
Uno sguardo alla scena internazionale
Anche la scena non italiana ha regalato grandi emozioni al corso della storia dell’Eurovision, ad eccezione del Portogallo, fanalino di coda con un record, ben poco entusiasmante, di vittorie collezionate. Le prime celebrità conosciute al grande pubblico, gli Abba, nel 1974 si presentavano sul palco con Waterloo, destinata a diventare un’autentica pietra miliare, ancora oggi universalmente apprezzata.
Nel 1988 l’internazionale Céline Dion, forte delle sue molteplici origini e cittadinanze, si presentava come inedita rappresentante della Svizzera, vincendo il contest con il brano Ne partez paz sans moi; ieri come oggi, anche Achille Lauro per l’edizione 2022 prende la cittadinanza sanmarinese per una notte e concorre così come nuovo, quanto improbabile, ambasciatore dello stato autonomo.
Dopo decenni di silenzio, nel 2014 l’Austria ha sconcertato e sorpreso il panorama musicale, e soprattutto sociale, dell’Eurovision, grazie al fenomeno Conchita Wurst, di cui effettivamente si ricorda più il volto che la canzone (Rise like a Phoenix).
Non resta che attendere ancora qualche settimana per scoprire quali novità ci riserverà l’edizione 2022.